«Abbiamo bisogno di un’Unione europea che sia adatta al mondo di oggi e di domani. Quello che proporrò nel mio report è un cambiamento radicale: questo è ciò di cui abbiamo bisogno». Dritto al punto senza giri di parole. Così Mario Draghi ha parlato del futuro dell’Unione Europea a La Hulpe durante la conferenza di alto livello sul pilastro europeo dei diritti sociali organizzata dalla presidenza di turno Ue del Belgio.
L’ex presidente del Consiglio italiano era stato incaricato a settembre dalla presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen di preparare un rapporto, che verrà presentato a luglio, sul futuro della competitività del continente.
Oggi Draghi, per la prima volta, ha parlato di «cambiamento radicale» e ha invocato una coesione politica, oggi in crisi, da parte dei ventisette Stati per fronteggiare il futuro: «Ripristinare la nostra competitività non è qualcosa che possiamo ottenere da soli o gareggiando a vicenda. Ci impone di agire come Unione europea in un modo che non abbiamo mai fatto prima». In seguito Draghi ha anche sottolineato che «data l’urgenza delle sfide che affrontiamo, non abbiamo il lusso di ritardare le risposte fino alla prossima modifica dei Trattati».
Su questo punto, uno dei problemi sottolineati dall’ex numero uno della Bce è stato quello della competitività interna. Finora l’Unione europea si è focalizzata sui temi sbagliati, «vedendo in noi stessi i nostri concorrenti, anche in settori, come la difesa e l’energia, nei quali abbiamo profondi interessi comuni». Questo atteggiamento funzionava nel mondo prima del 2020, ma adesso, secondo Draghi, è insufficiente davanti a potenze come gli Stati Uniti e la Cina. Per questo motivo serve ripristinare la competitività dell’Unione europea: «I nostri rivali ci stanno precedendo perché possono agire come un unico Paese, con un’unica strategia, e allinearvi tutti gli strumenti e le politiche necessarie. Se vogliamo eguagliarli, avremo bisogno di un rinnovato partenariato tra gli Stati membri, una ridefinizione della nostra Unione che non sia meno ambiziosa di quella che fecero i padri fondatori settant’anni fa con la creazione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio».
La soluzione proposta da Draghi per assicurare coerenza tra i diversi strumenti politici è stata la creazione (prima della prossima modifica dei Trattati) di un nuovo strumento strategico per il coordinamento delle politiche economiche, anche se non è vincolante: «Se arriviamo alla conclusione che non è fattibile, in alcuni casi specifici dovremmo essere pronti a considerare di andare avanti con un sottogruppo di Stati». Ha però precisato che «come regola l’Ue è chiamata ad agire insieme».
Anche l’industria europea è stata criticata da Draghi in quanto «non si è mai avuta una strategia industriale comunitaria» perché si è confidato in un ordine internazionale. Ma adesso questo sistema sta cambiando e gli Stati più forti, come Cina e Stati Uniti, «non rispettano più le regole ed elaborano politiche per rafforzare la loro posizione». Ha poi aggiunto: «Ci manca una strategia su come proteggere le nostre industrie tradizionali dal terreno di gioco globale ineguale».
Competitività, coesione politica, industria. Ma anche spese per la difesa e clima sono stati tra gli argomenti trattati dall’ex presidente del consiglio italiano a La Hulpe: «Nel settore della difesa, la mancanza di un’economia di scala sta ostacolando lo sviluppo della capacità industriale europea». L’Unione dovrebbe, secondo Draghi, intensificare gli appalti congiunti e ridurre la dipendenza dal mercato delle armi internazionale. Per quanto riguarda il clima, Draghi ha semplicemente ricordato che il piano europeo è «ambizioso», ma bisogna «proteggere la nostra catena di approvvigionamento».