Andrà a finire che tutta la gigantesca macchina politico-mediatica-economica-ideologica che da mesi è in moto verso il fatale voto di giugno girerà tutto sommato a vuoto, nel senso che dalle elezioni Europee non scaturirà quel terremoto che alcuni, un po’ scarsi di vedute, prevedevano. I sondaggi e l’analisi politica da tempo dicono questo: i popolari e i socialisti resteranno i due primi gruppi. La maggioranza che esprimerà il/la presidente dell’Unione europea dovrebbe dunque essere la stessa di cinque anni fa, la famosa “maggioranza Ursula”.
Come spiega chiaramente Claudio Tito, giornalista di Repubblica, nel suo libro “Nazione Europa”, «la/il presidente della Commissione ha bisogno di almeno 361 voti per farsi eleggere, una quota irraggiungibile senza l’apporto di popolari e socialisti». E dunque in base a questo riferimento bisogna sgombrare il campo da una chiacchiera: «Non esiste una possibilità pratica che nasca una maggioranza di popolari e Ecr, i Conservatori, di cui fa parte Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni», scrive Tito.
Certo, negli ultimi mesi è avanzato in Europa lo spettro della destra nella duplice veste: quella appunto dei Conservatori guidata da Giorgia Meloni (Ecr) e quella estrema (Identità e democrazia) di cui fa parte Matteo Salvini insieme alla tedesca AfD e Marine Le Pen. Ma l’ultima rilevazione mensile condotta da Europe Elect segnala che per la prima volta dopo vari mesi calano sia Ecr che estrema destra.
Tengono bene dunque i partiti di più sicura affidabilità, quelli più insediati nelle società, i partiti più “adulti”. E noi pensiamo, come già abbiamo scritto, che ciò sia la conseguenza di questo clima difficile, incerto, impaurito (i famosi “venti di guerra”) che spingono le vele delle navi più sicure anziché quelle di battelli improvvisati e rischiosi. Ma ecco nel dettaglio i risultati della rilevazione. Il gruppo più numeroso in assoluto continua a essere il Partito popolare europeo (Ppe) di centrodestra, che ha guadagnato tre seggi raggiungendo centottantaquattro, il suo valore più alto da gennaio 2021. Segue l’Alleanza progressista di socialisti e democratici (S&D) di centrosinistra che ha perso cinque seggi arrivando a centotrentacinque, il livello più basso dall’ottobre 2022. Renew Europe (Re), il gruppo centrista-liberale guidato politicamente da Emmanuel Macron, ha guadagnato cinque seggi nella proiezione per arrivare ad averne ottantasette, diventando di nuovo il terzo gruppo più grande. Insieme, i tre partiti, che formano una coalizione informale al Parlamento europeo, hanno ora quattrocentosei seggi su settecentocinque, dunque una comoda maggioranza assoluta con cinque seggi in più rispetto al mese scorso.
Ed ecco che succede a destra. Identità e Democrazia (Id) è scesa di dieci seggi, quindi a ottantadue, perdendo gran parte dei guadagni degli ultimi sei mesi. Il partito conservatore ha ottantuno seggi, due in meno rispetto al mese scorso. Infine, a sinistra, si prevede che i Verdi/Alleanza libera europea (G/Ale) otterranno cinquantadue seggi, tre in più rispetto al mese scorso, mentre il Gue/Ngl (Sinistra) dovrebbe ottenere quarantasette seggi, due in più rispetto a febbraio.
Malgrado il calo dei socialisti, reggono bene popolari e macroniani. Ma c’è un forte contrasto proprio tra queste due famiglie sulla indicazione del nome del/la presidente, visto che il presidente francese (e una parte del Ppe) non la vede di buon occhio. Si vedrà se spunterà qualche soluzione diversa anche considerando la poltrona di presidente del Consiglio Europeo.
Il dato più interessante, se confermato, è però quello del calo della destra, cioè dell’antieuropeismo e del sovranismo: e questa è la premessa perché l’Europa non entri nel tunnel del declino, che sarebbe un declino irreversibile, mentre s’avanza l’ombra di Donald Trump nel quadro del nuovo disordine mondiale. Non tutto è perduto.