Maniere fortiChe leva ha usato la Casa Bianca per convincere Netanyahu ad aprire il cancello

Israele ha aperto il varco di Erez per la prima volta dagli attacchi del 7 ottobre e autorizzato il porto di Ashdod ad agevolare gli aiuti umanitari a Gaza. Decisone che arriva dopo un duro avvertimento dell’amministrazione Biden, maturato a causa di crescenti pressioni

L’attraversamento di Erez - Unsplash

Sta accadendo più di qualcosa di storico in queste ore nel conflitto israelo-palestinese. Il gabinetto di sicurezza di Tel Aviv ha deliberato nella notte la riapertura del valico di Erez tra Israele e il nord della Striscia di Gaza. Un varco bloccato dal giorno degli attacchi di Hamas del 7 ottobre scorso. Lo ha detto un funzionario israeliano alla Cnn, dichiarando esplicitamente che l’obiettivo della riapertura è consentire il transito degli aiuti umanitari a Gaza. Il governo di Netanyahu ha inoltre approvato l’utilizzo del porto israeliano di Ashdod per agevolare la consegna degli aiuti.

Dopo svariati tentativi falliti che avevano frustrato l’amministrazione Biden nell’intento di convincere Netanyahu ad aprire spiragli di tregua, nella serata del 4 aprile sono partiti veri e propri avvertimenti. Gli alti funzionari statunitensi hanno espressamente comunicato che la condotta di Israele nei confronti di Gaza ha fatto esaurire la pazienza di Joe Biden. Sul piatto la crisi umanitaria generata dagli incessanti attacchi dell’esercito e dall’isolamento della popolazione civile. Secco l’avvertimento: in mancanza di segnali concreti gli Stati Uniti sono pronti a una brusca virata nella politica tenuta fino a oggi.   

È vero che queste sono anche ore di paura e attesa angosciosa per le minacce di attacchi missilistici iraniani, ma su questo Israele sta approntando i propri poderosi scudi difensivi e più che l’Iran pare sia contato ciò che è accaduto Al Senato e alla Casa Bianca. Dove gli alleati più stretti del presidente Biden hanno chiaramente fatto intendere che il sostegno allo stato ebraico potrebbe non essere più scontato nel caso in cui Netanyahu dovesse portare avanti il progetto di invadere Rafah. Sul tema si è espresso perfino l’ex presidente Donald Trump che ha reso pubblica la sua convinzione che Israele stia perdendo la battaglia delle pubbliche relazioni e che debba porre fine al conflitto.

Una doccia più fredda del solito per Israele e per le sue aspettative nei confronti della politica americana, sulla quale ha pesato il “danno collaterale” israeliano, fatale per i sette operatori umanitari di World Central Kitchen, tra cui un americano. L’episodio ha innervosito gran parte dei politici di tutti gli schieramenti e segnato un brusco e inedito cambio di rotta nell’approccio verso un alleato con il quale l’America ha sempre cercato sintonia e allineamento.

Secondo gli analisti, all’interno della cerchia del presidente negli ultimi giorni non si è discusso di altro se non del modo migliore per gestire le relazioni con il governo israeliano, che stavano diventando critiche, soprattutto dopo l’attacco di lunedì all’ambasciata iraniana in Siria.

Tra gli assistenti della Casa Bianca sarebbero poi cresciuti in modo significativo i malumori, soprattutto all’esterno dello staff presidenziale ristretto, con continue discussioni su come gli Stati Uniti dovrebbero fare sentire il proprio disappunto per gli attacchi alle organizzazioni umanitarie come quello agli attivisti di World Central Kitchen.

Si tratterebbe di qualcosa di più di chiacchiere e opinioni. Tant’è che il cambiamento di strategia è stato repentino. Dalla posizione attendista del portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale John Kirby che aveva dichiarato di attendere un rapporto israeliano sull’attacco, si è passati in poche ore a termini perentori con lo stesso Kirby durissimo nel ribadire che gli Stati Uniti avrebbero concesso a Israele solo poche ore per modificare la condotta bellica e che, in assenza di cambiamenti reali, sarebbe cambiato radicalmente l’atteggiamento degli Stati Uniti.

E così in queste ore Israele ha aperto il valico di Erez, fondamentale per gli aiuti umanitari a Gaza che è ormai stretta nella morsa della carestia. Le pressioni su Biden in questo senso sono sempre state forti anche prima della morte degli operatori di World Central Kitchen.

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