Non è un Paese per giovaniL’Italia è ultima in Europa per numero di under 35 e di laureati

I dati del rapporto “Giovani 2024: bilancio di una generazione” sono preoccupanti, ma per la commissaria straordinaria dell’Agenzia Italiana per la gioventù Campanari si possono cogliere anche dei segnali positivi

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Quando sei ultima in Europa per presenza di under 35, la fuga di cervelli aumenta e non sei neanche adeguatamente rappresentato in Parlamento, allora vuol dire che davvero l’Italia non è un Paese per giovani. I dati dal Consiglio nazionale dei giovani e dall’Agenzia italiana per la gioventù nel nuovo rapporto Eures “Giovani 2024: Bilancio di una generazione” non sono rassicuranti: riduzione demografica, fuga di cervelli, precarietà lavorativa e disuguaglianza territoriale e di genere. Tuttavia non è tutto perduto. Il rapporto propone anche delle vie d’uscita per migliorare la situazione.

«I risultati emersi fanno emergere una realtà difficile, in cui i problemi che i giovani italiani vivono ormai da più di un decennio risultano certamente aggravati dalla pandemia, dalla guerra e dalle recenti crisi economiche – dichiara la commissaria straordinaria dell’Agenzia Italiana per la gioventù Federica Celestini Campanari – tuttavia, possiamo cogliere dei segnali positivi: l’attenzione per il tema della natalità e della famiglia, non scontati in una Nazione che sta vivendo quello che gli esperti chiamano “inverno demografico”; il ruolo determinante dei genitori – che restano il primo e più importante esempio nel percorso di crescita dei giovani italiani; il ruolo importante dei Programmi europei nella formazione e nella propensione alla partecipazione attiva; la fiducia nell’Unione Europea, legata forse anche alla stabilità trasmessa dalle istituzioni comunitarie; l’attenzione al tema della legalità».

Negli ultimi vent’anni, l’Italia ha perso oltre un quinto degli under 35 (-21,2 per cento) e il maggior calo si registra nella componente femminile (-22,8 per cento). Se si analizza la penisola nello specifico, si nota come il Sud si stia spopolando: negli ultimi venti anni, infatti, mentre il Nord ha visto diminuire i giovani del 16,9 per cento e le regioni del Centro del 18,9 per cento, al Sud il calo è stato del 27,3 per cento. Questi numeri fanno sì che l’Italia sia l’ultima nazione a far parte dell’Unione europea per la presenza di giovani. L’incidenza sulla popolazione totale della fascia 18-34 nel nostro Paese è del 17,4 per cento, due punti sotto la media comunitaria.

Anche dal punto di vista accademico la situazione non è delle più rosee. L’Italia è sotto la media europea di circa 13 punti per quanto riguarda l’incidenza dei laureati nella fascia 25-34 (29,2 per cento). Pochi laureati che spesso scelgono l’estero per continuare lavorare: se nel 2011 i cervelli in fuga erano circa 5 mila, nel 2021 sono stati quasi 18 mila (un aumento del 281 per cento).

Per i giovani che restano in Italia la situazione non migliora: il report ha evidenziato una forte disparità territoriale fra Sud e Nord, tutta a sfavore del primo, sia sulla disoccupazione giovanile sia sulla retribuzione media. Inoltre, sette ragazzi su dieci sono preoccupati dall’ingresso nel mondo del lavoro. Tra le paure più citate dal campione intervistato c’è trovare un lavoro sottopagato, instabile o restare disoccupato per molto tempo.

Il calo dei giovani ha avuto ripercussioni anche dal punto di vista politico e sociale. L’elettorato giovanile in vent’anni è passato dal 30,4 per cento nel 2002, al minimo storico del 21,9 per cento nel 2022. Più rilevante il dato sulla rappresentanza politica, il taglio dei parlamentari ha colpito quasi esclusivamente gli under 35, con un drastico calo dei giovani eletti, che tra il 2018 e il 2022 hanno subito un calo dell’80 per cento, passando da 133 a 27, che ha determinato un’influenza sempre minore dei più giovani. L’indagine realizzata mostra da parte dei giovani un forte senso di alienazione dalle istituzioni, percepite come inefficaci nel rispondere alle loro esigenze: per l’85 per cento il livello di attenzione politica nei loro confronti è inadeguato. La percezione cambia se si guarda all’Unione europea, che riceve una piena sufficienza (6/10) nell’indice di fiducia.

«Questi dati – si legge sul comunicato stampa – sottolineano l’urgenza di interventi politici e sociali mirati a migliorare le condizioni di vita e le prospettive dei giovani in Italia, attraverso la promozione di un mercato del lavoro più stabile e inclusivo, una maggiore valorizzazione delle competenze e un dialogo intergenerazionale rinnovato».

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