History tellingI podcast storici che aiutano i giovani a conoscere il Novecento

La maggior parte dei programmi scolastici si ferma alla Seconda guerra mondiale. Per sopperire a questa mancanza sempre più giovani si rivolgono ai nuovi mezzi d'informazione digitale

Cos’è successo il 12 dicembre 1969? Chi era Licio Gelli? Quale fenomeno politico ha scatenato l’arresto di Mario Chiesa? A tutte queste domande, la maggior parte dei ragazzi usciti dalla scuola superiore non saprebbe rispondere. «Ogni storia è Storia contemporanea» scriveva il filosofo Benedetto Croce. Tutti gli avvenimenti storici sono utili per capire il nostro presente, ma soprattutto quelli dalla seconda metà del Novecento in poi, perché hanno ripercussioni maggiori sull’attualità. Non conoscere gli ultimi settant’anni di storia italiana e mondiale rischia di non far comprendere alle nuove generazioni il perché di alcuni avvenimenti, con il rischio che certi eventi possano ripetersi senza che nessuno se ne accorga.

Per un’intera generazione di ragazzi sotto i trent’anni, che quel periodo storico non l’hanno vissuto in prima persona, è complicato ottenere a scuola le conoscenze necessarie per capire il mondo nel quale sono cresciuti i loro genitori e i loro nonni. Ma non è colpa dei professori o dei programmi: con solo due ore a settimana è difficile in cinque anni passare dal neolitico alla guerra in Afghanistan.

Secondo l’ultimo sondaggio di Skuola.net, il ventisei per cento dei maturandi ha parlato in classe degli avvenimenti più contemporanei, il ventisette per cento si è fermato agli anni Settanta (quindi senza parlare minimamente delle guerre di Mafia e di Tangentopoli) e ben il quarantasette per cento degli intervistati non è andato oltre la Seconda guerra mondiale.

In questa cornice di scarsa conoscenza della Storia si sono affacciati anche i nuovi prodotti di intrattenimento: i podcast. Nella classifica di Spotify, nelle prime posizioni sono sempre di più i contenuti audio d’informazione storica. Ma perché questo forte interesse per la storia da parte delle nuove generazioni? «Il tormentone che tutti conoscono “Noi abbiamo finito il programma alla Seconda Guerra Mondiale” è vero. Gli studenti lamentano questo e quando gli proponi cose più recenti rispondono con interesse», spiega a Linkiesta Paolo Colombo, docente di Storia contemporanea all’Università Cattolica di Milano e autore di podcast di successo come “8.46 – L’ora che cambiò la storia” (Chora Media) e “History telling” (Sole24Ore). «La maggior parte dei miei studenti si divide tra chi ama la Storia e chi no – dice Colombo – Chi non la ama è perché si è dimenticato quanto è divertente. Da bambini sapevano benissimo che la Storia era appassionante e non facevano altro che chiedere come era stato il passato prima che loro esistessero».

In sostanza, la Storia piace a tutti. Ma in un mondo sempre più interconnesso e con le centinaia di input che arrivano ogni giorno, chi crea podcast, anche se di informazione, deve cercare di renderli intrattenenti per il pubblico. La difficoltà è tutta qui: rendere “fruibile” un racconto di un’ora sul referendum del 2 giugno, sulla Loggia P2, sulla discesa in campo di Silvio Berlusconi. Questo è quello che ha provato a fare, con successo, Lorenzo Pregliasco, analista politico e co-autore del podcast di Spotify “Qui si fa l’Italia”. «Le storie che abbiamo raccontato – spiega Pregliasco a Linkiesta – sono molto forti. Sono vicende e personaggi dinamici in grado di interessare anche persone che hanno età, modi di pensare e abitudini culturali diverse come sono gli under 30 di oggi – spiega Pregliasco a Linkiesta –. La chiave è raccontare queste vicende, così forti e così dense, con un linguaggio contemporaneo. Bisogna cercare di far capire da un lato che queste storie, per quanto passate, ci riguardano. Dall’altro mancava una forma di racconto più attuale, più flessibile come quella del podcast».

I modi per rendere interessante un racconto storico sono molteplici: canzoni, film, serie tv, estratti audio originali, fumetti. L’importante è riuscire a dare alla narrazione storica alcuni spunti “pop”, in modo di intrecciare le informazioni storiche con alcuni ricordi che uno già possiede e magari non sapeva di avere. «Per tutto il pubblico, giovane e non, servono elementi che risveglino l’attenzione e facciano scattare dei meccanismi di memorizzazione che di solito non sono immediatamente consci – racconta Colombo – in un podcast su il John Fitzgerald Kennedy, in realtà il vero tema sono i miti statunitensi e Kennedy diventa un modo per raccontare il costruirsi di questi idoli. Il tutto è continuamente ritmato da riferimenti a pezzi di Bruce Springsteen che non hanno nessuna connessione diretta dal punto di vista cronologico, ma funzionano molto bene per evocare i temi e i contesti di cui si sta parlando».

Dare appeal alla Storia non è un mestiere facile. Bisogna studiare molto: interviste, libri, filmati, articoli dell’epoca. E poi soprattutto bisogna scrivere il canovaccio ricordandosi che si deve informare e intrattenere. Quindi avere una scrittura brillante senza tralasciare i fatti principali. Tutto questo lavoro richiede mesi di preparazione per una singola puntata.

Questo tipo di narrazione viene definita da Colombo un “History telling” e un perfetto esempio è l’audio storia “Sigonella 85” (Audible). Nell’immaginario collettivo, quella vicenda è associata alla foto dei carabinieri che circondano i marines americani e nel podcast si è cercato di ricreare la stessa tensione usando il sound design per enfatizzare i momenti più d’azione. «Sigonella ha tutte le caratteristiche di un thriller: colpi di scena, intuizioni geniali, suspense e tensione portata al limite… E anche il tema centrale è da thriller: fino a che punto ci si può spingere per restare fedeli ai propri principi di giustizia, ai propri ideali?». Così Matteo Liuzzi, uno degli autori del podcast, descrive a Linkiesta perché è così avvincente la vicenda. Ma la Storia da sola non riesce a essere interessante: «Occorre utilizzare una narrazione accattivante, che dia umanità agli eventi, in modo da far percepire all’ascoltatore il peso delle scelte intraprese dai protagonisti – dice a Linkiesta l’autore di Sigonella 85 Nova Lectio, pseudonimo di Simone Guida – Chi c’era, al tempo, probabilmente sa già cosa Sigonella abbia rappresentato. Chi non c’era, invece, deve quantomeno venire invogliato a informarsi».

I momenti del passato rischiano, appunto, come diceva Croce, di essere spesso letti con gli occhi del presente. E questo vale anche quando si fa in podcast: «Bisogna stare certamente attenti a non politicizzarli e attualizzarli – spiega Nova Lectio – Per alcuni, la crisi di Sigonella rappresenta l’ultima occasione in cui l’Italia non si è piegata agli Stati Uniti, dunque viene raccontata con orgoglio e nostalgia. Per altri, si tratta di un avvenimento sconosciuto, privo di qualsiasi rilevanza storica. La verità, come sempre, sta nel mezzo: Sigonella ha rappresentato un caso diplomatico enorme, che va però legato al contesto storico della fine della Guerra fredda».

I podcast d’informazione storica sono così famosi grazie ai tanti giovani interessati ed eventi del passato avvincenti. Ma se i ragazzi non studiano la Storia a scuola e colmano questa mancanza attraverso i podcast, non c’è il rischio che eventi importanti, ma noiosi, finiscano nel dimenticatoio? Secondo Colombo il problema esiste, ma può essere superato: «Fare lo storico vuol dire fare delle scelte, io continuo a ripetere: “Così tante Storie, così poca vita”. Poi c’è una differenza tra narratori e divulgatori, con tutto il rispetto per i secondi. Una buona divulgazione, intesa di livello alto, padroneggia il tema ostico e complesso, magari apparentemente noioso, e lo rende comprensibile».

Questa può essere una delle possibili soluzioni per non far perdere alla memoria collettiva avvenimenti importanti. L’altra possibilità è fidelizzare il pubblico, magari grazie a storie nazionalpopolari, e poi, una volta catturata la sua attenzione, iniziare a spostarsi su racconti meno famosi: «Per la prima stagione abbiamo scelto di partire dai momenti forse davvero più imprescindibili, come il referendum del 2 giugno, quello sul divorzio e sull’’aborto, le stragi di Mafia – afferma Pregliasco – Però già nella seconda stagione abbiamo potuto osare un po’’ di più perché il pubblico si fidava di noi e quindi abbiamo potuto proporre dei contenuti molto meno immediati, come la storia di Enrico Mattei».

Forse i podcast non salveranno la conoscenza storica, ma danno certamente un contributo in tal senso. Sempre più studenti usano i nuovi media per preparare le verifiche, gli esami o semplicemente per informarsi in autonomia andando oltre i limiti del sistema scolastico. «È necessario che ci siano contenuti di questo tipo, perché possono arrivare alle generazioni che sono abituate a questi linguaggi e che magari non vengono a sentire un convegno su “Compromesso storico” e quindi rimarrebbero fuori dalla consapevolezza di che cosa è stato. Ma possono ascoltare un podcast, scoprire che cosa significava e che impatto ha avuto sulla politica e sulla nostra società – dice Pregliasco –. Quindi ben venga se lo scoprono attraverso i podcast».

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