Il Green deal dell’Unione europea stabilisce che le emissioni di gas serra derivanti dai trasporti devono essere ridotte del novanta per cento – rispetto ai livelli del 1990 – entro il 2050. Tuttavia, i progressi nella decarbonizzazione di questo settore – ancora troppo dipendente dalla gomma – si stanno rivelando più lenti rispetto ad altri ambiti. Nel 2022, per rendere l’idea, le emissioni del trasporto in Europa corrispondevano al ventinove per cento del totale, quasi il doppio della quota del 1990. Nonostante il traffico aereo e quello marittimo siano responsabili di meno del quattro per cento del totale delle emissioni di gas serra dell’Unione europea, negli ultimi tre decenni l’unico settore a registrare un incremento del proprio impatto climatico è stato quello dei trasporti (+33,5 per cento tra il 1990 e il 2019).
Secondo i dati del Parlamento europeo il trasporto su strada è responsabile del settantadue per cento delle emissioni totali dei trasporti, mentre quelli marittimi e dell’aviazione si attestano rispettivamente al quattordici e al tredici per cento. I treni, che in Europa sono alimentati principalmente da energia elettrica, sono i mezzi più sostenibili, non solo in termini ambientali: nel 2018, secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, hanno contribuito solo allo 0,4 per cento delle emissioni totali di tutta l’Unione europea. In parallelo alla vasta espansione delle rotte aeree negli ultimi decenni, però, i collegamenti terrestri sono stati lenti ad aprirsi e svilupparsi, nonostante gli sforzi di Bruxelles.
L’impatto della Rete transeuropea dei trasporti
Il pacchetto Fit for 55, che consiste in una serie di norme volte a conseguire l’obiettivo di ridurre le emissioni di almeno il cinquantacinque per cento entro il 2030, comprende diversi progetti chiave per contribuire alla decarbonizzazione del trasporto stradale, aereo e marittimo. Una delle iniziative più ambiziose dell’Ue è la cosiddetta rete TEN-T (Trans european network transport), una ragnatela transeuropea di strade e linee ferroviarie destinata a collegare i principali snodi del continente.
Va detto, però, che questo piano riguarda soprattutto l’ammodernamento della rete di trasporto di lunga percorrenza e di quella internazionale. L’obiettivo generale, ma non vincolante, della Commissione europea è quello di raddoppiare il traffico ferroviario ad alta velocità entro il 2030, per poi triplicarlo entro il 2050, garantendo che i treni che circolano sulla rete TEN-T viaggino a una velocità minima di centosessanta chilometri orari.
Secondo Silvia Maffii, managing director della società di consulenza specializzata in trasporti TRT, «il miglioramento delle reti TEN-T contribuisce solo marginalmente al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, ma questo risultato non può essere decontestualizzato perché di fatto le politiche di decarbonizzazione e quelle di realizzazione delle reti TEN-T sono interdipendenti, e le une presuppongono le altre». Maffii è tra le maggiori esperte del settore a livello europeo, essendo stata coinvolta dalla Commissione Ue nello studio di analisi a supporto della revisione delle linee guida per le TEN-T nel dicembre del 2021, con il compito di adeguarla ai nuovi – e più ambiziosi – standard ambientali.
Lo studio a cui ha contribuito la dottoressa Maffii riguarda gli impatti stimati dello sviluppo della rete a partire dalla situazione del 2020, in cui una buona parte della rete TEN-T era già stata completata. Nel report, fa sapere Maffii a Linkiesta, «lo scenario di riferimento rispetto al quale vengono calcolati gli impatti del miglioramento della rete TEN-T prevede già di aver centrato gli obiettivi del Green deal e del Fit for 55, e per tanto mostra che entro il 2050 si avrebbe una riduzione dell’ottantotto per cento delle emissioni. Dal 2020 al 2050 la diminuzione sarebbe pari al novantuno per cento». Per quanto riguarda i sistemi di alimentazione della rete, Maffii ha spiegato che «la rete ferroviaria TEN-T è quasi tutta già elettrificata. Per quanto riguarda l’utilizzo dell’idrogeno ci sono sicuramente sperimentazioni in corso, ma non c’è in questo – come in altri casi – una scelta a favore di una specifica tecnologia».
Come si sta muovendo l’Ue per potenziare le ferrovie
Nel 2016, l’Unione Europea ha adottato nuove regole per potenziare i servizi ferroviari transfrontalieri, favorendo la concorrenza tra aziende private e ferrovie statali. Queste modifiche hanno incoraggiato alcuni operatori a espandersi in nuovi mercati dopo l’entrata in vigore nel 2019. Bruxelles ha anche promosso la riduzione della burocrazia per gli operatori e ha reso obbligatorie le gare d’appalto per i contratti di servizio pubblico, nel tentativo di liberalizzare ulteriormente il settore. Inoltre, i trasporti hanno ricevuto la maggior parte dei 723 miliardi di euro del Dispositivo per la ripresa e la resilienza, con le ferrovie che costituiscono la maggior parte dei progetti nei 25,8 miliardi di euro previsti per i trasporti dal Meccanismo per collegare l’Europa dell’Ue.
Tuttavia, secondo quanto riportato dal Financial Times, le nuove infrastrutture ferroviarie sono molto costose, spesso soggette a ritardi nei lavori e hanno ritorni sugli investimenti visibili nel lunghissimo periodo. Questo le rende meno attrattive per la finanza privata e difficili da giustificare per gli Stati, soprattutto quando le finanze pubbliche sono già sotto stress. Circa un anno fa, la Banca europea per gli investimenti (Bei) ha concesso prestiti e controgaranzie per sostenere l’ammodernamento della linea ferroviaria tra Palermo e Catania in Sicilia, definendo l’accordo una «prima operazione» che avrebbe dovuto sbloccare ulteriori finanziamenti da parte delle banche commerciali. Tuttavia, il valore del pacchetto – pari a 3,4 miliardi di euro per soli centosettantotto chilometri di un percorso regionale – mostra quanto possano essere complesse e onerose le sfide che deve affrontare il settore.
Nonostante ciò, l’Unione europea vuole proseguire nei suoi intenti, coadiuvata dagli studi che ne confermano la fattibilità. Secondo l’analisi d’impatto della TEN-T visionata integralmente da Linkiesta – firmata da Maffii e da una serie di centri di ricerca terzi –, completare la rete di trasporto principale entro il 2030 richiederà una enorme somma di denaro, stimata intorno ai cinquecento miliardi di euro. Se si vuole includere anche la rete nella sua parte più ampia, ciò potrebbe richiedere fino a mille miliardi di euro entro il 2050.
Questi investimenti non riguardano solo la costruzione di nuove strade e ferrovie, ma anche la riduzione delle emissioni e l’adozione di tecnologie digitali per rendere il sistema più efficiente. Gli impatti economici delle opzioni politiche valutate evidenziano un moderato aumento del Pil (tra l’1,7 e il 2,3 per cento) e significativi benefici occupazionali. In particolare, si osserva un notevole moltiplicatore economico degli investimenti: per ogni euro investito nelle ferrovie vengono “guadagnati” 8,7 euro di Pil, con un impatto complessivo sulla domanda di trasporto passeggeri che varia dal -0,5 per cento al 0,4 per cento per i trasporti su strada, mentre per il trasporto ferroviario passeggeri è l’opposto: +3,5 per cento. Un quadro simile è registrato per il trasporto merci.
Estendere le linee guida della TEN-T comporterà però anche costi amministrativi aggiuntivi, spiegano nel report. Per esempio, l’Unione europea dovrebbe spendere circa 1,4 milioni di euro all’anno nei prossimi dieci anni in costi operativi e di gestione necessari per implementare efficacemente le politiche proposte, che vanno oltre gli investimenti diretti nelle infrastrutture o nelle iniziative di trasporto.
Anche gli stakeholder dovrebbero affrontare costi aggiuntivi, sebbene alcune semplificazioni possano aiutare a ridurre la spesa. C’è poi un’altra enorme sfida da affrontare, come ricordano i firmatari dello studio sopra citato: il cambiamento climatico. «Eventi estremi come ondate di calore, piogge torrenziali e nevicate pesanti potrebbero mettere sotto pressione la rete di trasporto. È quindi essenziale aggiornare la nostra comprensione degli impatti del cambiamento climatico sulla rete e adottare misure preventive».