Dal lavoro nei campi alla trasformazione della semola in ciascun formato di pasta, nel Pastificio Agricolo Mancini tutti i passaggi sono collegati tra loro. In questo stabilimento sulle colline fermane, nel cuore delle Marche, la sostenibilità è una cosa seria. E riguarda tanto la natura quanto l’uomo. Tutto si tiene insieme: l’avvicendamento delle colture con grano duro e leguminose, per nutrire il terreno e renderlo più fertile; e il giusto pagamento del raccolto, ben superiore ai prezzi al ribasso delle comuni filiere.
Tutta la pasta prodotta arriva solo dai campi coltivati che circondano il pastificio: è questo che lo rende un «pastificio agricolo». E la sostenibilità delle colture, con uso altamente selettivo dell’input chimico ed esclusivamente in caso di reale necessità, si estende a catena sulla sostenibilità del lavoro di chi coltiva queste terre.
Dalla costa marchigiana ai Monti Sibillini, il marchio Mancini coltiva attualmente 810 ettari di terreno a grano duro. Il 60 per cento è composto da campi di proprietà o presi in affitto. Il restante 40 per cento è gestito invece attraverso una innovativa “rete di imprese”, in cui i titolari dei terreni si impegnano a coltivare il grano duro secondo i processi e principi di lavorazione della Buona Pratica Agricola Mancini, a fronte di un prezzo di acquisto che può arrivare anche a un anche a un più 25-35 per cento rispetto al mercato.
Formalmente si chiama “Rete di Impresa Mancini Pastificio Agricolo”, creata nel 2023 dall’azienda: ogni impresa mantiene la sua identità fiscale pur essendo nella rete, ma il collegamento al progetto si evince da una semplice visura della Camera di Commercio. Nella pratica, si mettono in comune i valori e i requisiti seguiti per produrre il grano Mancini, rispettando le varietà da seminare, le operazioni colturali e le rotazioni da seguire.
«A prescindere dal “titolo di possesso”, tutti i “retisti” concorrono al più alto livello qualitativo possibile del grano duro coltivato aderendo in toto alle scelte agronomiche della “Buona Pratica Agricola Mancini”, godendo pertanto di riconoscimenti equi e costanti in caso di valorizzazione ambientali e agro-ecologiche», spiegano Lorenzo Settimi e Paolo Mucci, rispettivamente marketing manager e agronomo del Pastificio. «La gestione agronomica del grano duro non viene appaltata, ma resta totalmente nella mani di Mancini».
Un’organizzazione diversa dalla comune logica di filiera, che prevede il semplice acquisto del grano, di solito a prezzi stracciati che mettono in difficoltà i produttori. Per chi fa parte della rete, il prezzo di acquisto del grano prevede quotazioni certe e più favorevoli del 25-35 per cento in più rispetto al prezzo minimo del mercato. Non solo. Tutto quello che gli agricoltori fanno in campagna viene pagato. È prevista quindi una copertura economica del mancato reddito dell’annata agraria nel caso in cui si siano coltivate leguminose anziché grano duro. Ma anche una remunerazione aggiuntiva in caso di operazioni (investimenti non produttivi) come la pulizia e realizzazione di fossi acquai e la sistemazione di solchi di scolo dell’acqua.
Il contratto non prevede scadenza, a meno che non si decida per lo scioglimento. L’unico dato che varia di anno in anno è il numero di ettari coinvolti nella coltivazione per ciascun «retista». E nuove richieste da parte degli agricoltori interessati a entrare nella rete arrivano ogni giorno.
«Il nostro contratto di rete è attualmente nella sua versione beta per la nostra gestione amministrativa, nato nel contesto del raccolto Mancini del 2023, cioè il grano duro che stiamo consumando ora come Pasta Mancini fino al nuovo raccolto del prossimo luglio», spiega Lorenzo Settimi. «Miglioramenti e una strutturazione più dettagliata arriveranno col tempo. L’obiettivo per i prossimi cinque anni è di sviluppare ancora la rete».