Profondo ovest dell’isola e ultimo lembo di terra siciliana prima del grande salto verso l’Africa, questo angolo di Sicilia sembra fatto apposta per chi non si aspetta nulla di consueto. Qui, la protagonista (quasi) assoluta è la natura spettacolare e, spesso, selvaggia delle oasi naturali e delle scogliere, delle grotte e delle lagune, delle montagne a picco sul mare e delle campagne affollate di vigneti. Concentrata in poche manciate di chilometri, questa Sicilia offre il suo tempo rallentato, la sua nicchia di provincia preziosa e non ancora assaltata dai grandi flussi e assicura scoperte varie e non eventuali: città fenicie, santuari greci, chiese barocche, chilometri di litorali e una matassa di itinerari da districare a piacimento.
Il territorio si srotola lungo la valle del fiume Belìce, tra le province di Trapani, Agrigento e Palermo: ed è qui che è nata la Rete Museale Belicina per raccontare la storia dei paesi della valle, una storia di arti antiche, di territori e di paesaggi, di modificazioni geologiche, di maestri del contemporaneo. E oggi la rete è pronta ad accogliere i visitatori che vogliono ammirare le bellezze artistiche e paesaggistiche di questa Sicilia strana ed ancestrale. Nasce così il progetto Ahlan bik (in arabo significa benvenuto) per valorizzare gli ambiti turistici e culturali del territorio e per raccontare la storia dei paesi belicini.
Sono cinque gli itinerari proposti ai viaggiatori di un Grand Tour 2.0 – uno archeologico, uno naturalistico, uno contemporaneo, uno antropologico, uno della memoria – pronti a dare una lettura continua della storia, dell’arte, della cultura materiale, dell’architettura e del paesaggio di Contessa Entellina, di Gibellina e Menfi, di Montevago e Partanna, di Poggioreale e Salaparuta, di Salemi e Santa Ninfa, di Sambuca di Sicilia e Santa Margherita di Belice, vale a dire le petites capitales della Rete. Il progetto, così, prevede un punto di accoglienza per i visitatori, con infopoint animato da volontari: «L’obiettivo – rivela Giuseppe Maiorana, presidente della Rete Museale Belicina – è sviluppare un’identità che caratterizzi la proposta attrattiva di infrastrutture e servizi, basata sulle specificità del patrimonio culturale collettivo grazie ad una progettazione integrata pubblico privato».
E allora l’offerta rivolata sia ai viaggiatori in visita nel Belìce che all’intera comunità, ha al centro i musei, le Riserve naturali e i luoghi della cultura da scoprire tramite pannelli informativi, un’applicazione, materiali interattivi e video di presentazione che raccontano in maniera sintetica e suggestiva il patrimonio di cultura, arte e natura della Valle del Belìce. «Il primo itinerario, quello antropologico – continua Maiorana – propone il Museo del Risorgimento di Salemi che documenta il ruolo di questo territorio nelle battaglie per l’Unità d’Italia con abiti e armi del periodo garibaldino. Ma in città c’è anche il nuovo Ecomuseo del Grano e del Pane che valorizza e promuove la memoria collettiva di una comunità legata alla tradizione dei pani rituali e dei grani antichi.
Dopo Salemi, ecco il Piccolo Museo Agroforestale di Monte Finestrelle, nel territorio di Gibellina, che racconta le tradizioni del Belìce attraverso oggetti d’uso e attrezzi legati alla cultura contadina. E se a Santa Ninfa il Museo dell’Emigrazione svolge il tema dell’esodo verso altri Paesi nella prima metà del secolo XIX, a Santa Margherita di Belìce il Museo del Gattopardo, allestito nei saloni del Palazzo Filangeri di Cutò, fa rivivere le vicende del Principe di Salina, attraverso il manoscritto del famoso testo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa».
L’itinerario archeologico, invece, parte dal Parco di Selinunte e delle Cave di Cusa, uno dei più importanti del Mediterraneo per la posizione, il perfetto inserimento nel paesaggio e l’imponenza dei suoi templi. E continua nella rocca di Entella e nella necropoli Pignatelli a Menfi, con testimonianze e reperti delle civiltà greca, della cultura Elima, di quella medievale. Non è tutto, perché esistono un Museo della Preistoria del Belìce a Partanna, un Museo Civico a Castelvetrano (che espone il famoso Efebo di Selinunte), l’Antiquarium di Entella nel Comune di Contessa Entellina e l’Antiquarium di Monte Adranone a Sambuca di Sicilia. Ultimo ma non per importanza il sito di Segesta, che, con la nuda maestosità del suo tempio, racconta un passato ricco, glorioso e funestato da guerre, conquiste, distruzioni.
L’itinerario contemporaneo inizia dai ruderi di Gibellina con la straordinaria campitura candida del Cretto di Burri, continua a Gibellina nuova con il Baglio Di Stefano, sede del Museo delle Trame Mediterranee, con il Museo Civico di Arte contemporanea, e prosegue verso Santa Ninfa, dove il Museo Nino Cordio conserva la collezione che il grande maestro ha donato alla città. Il percorso si conclude a Sambuca di Sicilia (siciliana sì, ma dal cuore arabo e imparentata con l’Alfama di Lisbona e l’Albaicín di Granada) con le opere tessili dell’artista francese Sylvie Clavel e quelle di Gianbecchina, che raccontano le tradizioni agricole e il paesaggio.
L’itinerario della memoria conduce i visitatori a Belìce, epiCentro della Memoria Viva, a Gibellina, che racconta delle lotte della gente di queste terre a partire dalla marcia condotta da Danilo Dolci nel 1967, attraverso i territori più depressi di questa parte dell’isola. L’ultimo degli itinerari previsti, quello Naturalistico, permette di visitare e conoscere le peculiarità geologiche e faunistiche del Belicino con una escursione nel tipico paesaggio dell’entroterra gessoso della Sicilia occidentale nelle riserve naturali di Grotta di Entella e Grotta di Santa Ninfa.
Luoghi, questi, in cui la valle si fa cogliere nella sua interezza fino a giungere alla riserva naturale della foce del fiume Belìce. Tra le diverse aree forestali da scoprire (tra Castelvetrano, Salemi, Santa Ninfa e Sambuca di Sicilia) c’è la riserva naturale di Monte Genuardo, e di particolare fascino è l’area dell’abbazia di Santa Maria del Bosco a ridosso di Sambuca di Sicilia. Un viaggio, questo, nel cuore della Sicilia occidentale, in luoghi che, spesso in silenzio, parlano al mondo.