Le elezioni parlamentari e presidenziali, svoltesi in Macedonia del Nord l’8 maggio, si sono concluse con la netta vittoria della coalizione capeggiata dalla destra nazionalista dell’Organizzazione rivoluzionaria interna macedone – Partito democratico per l’unità nazionale macedone (Vmro-Dpmne). La coalizione conservatrice ha ottenuto il 44,4 per cento dei voti e ben cinquantotto seggi sui centoventi del Parlamento nazionale mentre alle presidenziali la candidata Gordana Siljanovska ha battuto, con il 65,1 per cento dei voti, il capo di Stato uscente Stevo Pendarovski.
L’Unione socialdemocratica della Macedonia (Sdsm), che appoggiava il primo ministro uscente Talat Xhaferi e di cui è membro Pendarovski, si è fermata poco sotto il sedici per cento dei voti e ha conseguito diciotto seggi, uno in meno dell’alleanza di partiti albanesi denominata Fronte europeo. Un’altra coalizione albanese, Vlen, si è aggiudicata tredici seggi mentre sei a testa sono andati alla Sinistra e ai nazionalisti progressisti di Per la nostra Macedonia. L’Sdsm, che si è alternato al potere con il Vmro-Dpmne per buona parte degli ultimi trent’anni, ha conseguito il peggior risultato elettorale della sua storia e il leader Dimitar Kovacevski ha dichiarato, come riportato da Balkan Insight, che «il risultato di oggi è deludente» e che «i Socialdemocratici hanno rimediato una forte batosta».
In Macedonia del Nord i partiti espressi dalla minoranza albanese, che rappresenta un quarto della popolazione del Paese, sono l’ago della bilancia che determina la formazione dell’esecutivo post-voto. Il Vmro-Dpmne, che ha sfiorato la maggioranza assoluta ma avrà comunque bisogno di alleati, ha chiarito di non volersi alleare con il Fronte europeo e di puntare sul Vlen che, però, non ha scoperto le proprie carte. Hristijan Micksoski, leader dei nazionalisti, ha usato un tono sempre più aggressivo verso il Fronte europeo e questo atteggiamento ha suscitato timore per i precari equilibri interetnici della Macedonia del Nord. Il Paese ha sfiorato la guerra civile nel 2001 e solamente l’intervento dell’Occidente ha impedito alla situazione di degenerare. La promessa di una futura adesione all’Unione europea e all’Alleanza atlantica si è, però, concretizzata solo parzialmente e questa lentezza ha avuto un effetto avvilente sulla popolazione.
La Macedonia del Nord ha potuto aderire alla Nato, nel 2020, solamente dopo aver risolto una controversia di lunga durata con la vicina Grecia. Atene ha preteso, per rinunciare al proprio veto, che Skopje cambiasse la denominazione dello Stato per evitare ogni pretesa irredentistica sulla regione greca della Macedonia. Mickoski ha criticato l’accordo raggiunto con la Grecia e non è escluso che il nuovo esecutivo possa mettere in discussione oppure ripudiare l’intesa. L’adesione all’Unione europea appare, invece, ancora lontana. Skopje ha ottenuto lo status di candidato nel 2005 ma sono stati fatti pochi passi in avanti a causa del voto della Grecia e di quello della Bulgaria. Sofia, come ricordato dal portale del German Marshall Fund, vuole che Skopje voti un emendamento costituzionale che includa la minoranza bulgara tra le popolazioni fondatrici della Macedonia del Nord. L’emendamento è stato messo ai voti dal Parlamento macedone lo scorso anno ma non ha ottenuto i due terzi dei voti necessari a causa dell’opposizione dei nazionalisti.
Il Vmro-Dpmne è fermamente contrario al provvedimento e ha reso noto che la Bulgaria potrebbe comunque imporre nuovi requisiti a Skopje. Il partito conservatore intende rinegoziare le condizioni di accesso all’Unione europea, che includono il varo dell’emendamento e propone di risolvere la controversia separatamente. Il problema è che Bruxelles si è schierata dalla parte di Sofia e ritiene che la mancata inclusione dei bulgari sia discriminatoria. La vittoria elettorale della destra rischia così di allontanare le prospettive europee di Skopje e di portare a un peggioramento delle relazioni diplomatiche con Atene e Sofia. La controversia con la Bulgaria va, comunque, inquadrata in un contesto più ampio di rapporti bilaterali difficili e segnati dalle molte rivendicazioni che Sofia ha maturato nei confronti della nazione macedone. Il Vmro-Dpmne, che basa il suo programma politico sul nazionalismo, è destinato a entrare in rotta di collisione con le pretese (a volte invadenti) dei vicini territoriali.
La fiducia nell’Unione europea da parte dei cittadini macedoni ha risentito della complessità del processo di adesione e, pur restando alta, è passata dall’ottantacinque-novanta per cento del 2005 all’attuale sessantacinque per cento. La presenza di nuovi ostacoli, unita allo scetticismo mostrato da alcuni Stati membri nei confronti dell’allargamento dell’Unione, può provocare un ulteriore diminuzione di questa percentuale e giocare a vantaggio dei rivali strategici di Bruxelles. La Russia, che nei Balcani Occidentali può contare sull’amicizia della Serbia e della Repubblica Srpska in Bosnia Erzegovina, ha tutto l’interesse ad inserirsi nel contesto macedone per trarne il massimo vantaggio possibile e indebolire le posizioni comunitarie. Il possibile scoppio di tensioni in Macedonia del Nord può influire negativamente anche sul vicino Kosovo, dove la maggioranza della popolazione è albanese e che rappresenta un punto di riferimento per la minoranza di Skopje.
La complessità del quadro geopolitico regionale non deve far sottovalutare una questione importante. La popolazione macedone punta all’adesione all’Unione europea anche per provare a risolvere i problemi interni del Paese, dalla corruzione alla fuga dei cervelli passando per la qualità della vita. Il rallentamento della crescita economica del Paese per il terzo anno consecutivo e un rallentamento della riduzione del tasso di povertà, come riportato dalla Banca Mondiale, non sono segnali incoraggianti per una nazione che deve recuperare un gap importante con il resto d’Europa. Tra gli altri problemi c’è il significativo tasso d’inquinamento che, nella stagione invernale, rende irrespirabile l’aria nella capitale Skopje e che impatta significativamente sulla qualità della vita dei suoi abitanti.
Il miglioramento di prospettive in cui sperano i cittadini macedoni dovrà essere tenuto nella giusta considerazione da parte di Bruxelles perché l’euroscetticismo, che ha preso piede in molte parti d’Europa, non si è ancora consolidato in Macedonia del Nord.