Tutti pazzi per Tequila e Mezcal. Sì, ma la frenata dei consumi negli Stati Uniti sta creando non pochi problemi ai coltivatori messicani di agave, che stavano aumentando la produzione per soddisfare le richieste del boom e adesso vedono i prezzi della materia prima scendere dai trentadue pesos al kilo di un anno fa ai cinque pesos di questo febbraio. Nel frattempo i grandi brand aumentano i margini e lavorano sul posizionamento, ma i coltivatori ci perdono. Intanto nella zona di Oaxaca Velier rilancia un progetto che valorizza proprio i produttori artigianali e porta i loro volti in etichetta.
Coltivazioni troppo lente per il mercato
“Tequila sunset?”, titolava così un articolo di Madeleine Speed e Christine Murray sul Financial Times che lo scorso dicembre descriveva la dinamica in corso nel mondo dell’agave. Dopo il boom di domanda negli Stati Uniti, che grazie ai lockdown aveva portato i consumatori a orientarsi anche verso le etichette premium, in Messico si correva per ampliare le coltivazioni e far fronte alla richiesta di materia prima.
L’agave però non è una pianta che cresce dall’oggi al domani e gli impianti di varietà Azul – quella necessaria per la produzione di Tequila – impiegano almeno sei-sette anni per entrare in produzione. Tempistiche che restano distanti dalle fluttuazioni del mercato. Così, con gli impianti ancora in via di crescita, i produttori si sono trovati di fronte a un calo della richiesta. Gli acquisti da parte dei distillatori si sono fermati, finché la speculazione non ha giocato al ribasso e i prezzi della materia prima sono dovuti scendere.
Quando scrivevano, Speed e Murray registravano uno scivolone verso i dieci-quindici pesos al chilo, ma le ultime rilevazioni dell’International Wine and Spirits Research registravano già i cinque pesos al chilo lo scorso febbraio e non è finita qui. «Con un così alto numero di nuovi impianti realizzati tra il 2021 e il 2022, è ragionevolmente possibile che il prezzo non smetta di scendere fino al 2026», afferma Jose Luis Hermoso, direttore della ricerca di Iwsr per il Centro e Sud America.
L’importanza degli Stati Uniti
Perché tanta preoccupazione per gli Stati Uniti? Mentre il mercato italiano gioca un ruolo ancora modesto per l’export dei distillati di agave, gli Usa la fanno da padrone. Per farsi un’idea si può dare uno sguardo ai dati pubblicati dal Consejo Regulador de Tequila, l’organismo che, in maniera simile ai nostri consorzi vinicoli, riunisce i vari attori della filiera, dai produttori di agave fino a imbottigliatori e commercianti, vigilando sull’applicazione del disciplinare e difendendo la Denominación de Origen del Tequila.
Circa tre quarti delle esportazioni mondiali di Tequila sono destinati agli Stati Uniti e questo mercato si trova in contrazione. Nel 2023 ne sono stati acquistati circa diciassette milioni di litri in meno e, a giudicare dai dati del primo trimestre del 2024, il calo continua, siamo a 75,7 milioni contro i 76,7 dello scorso anno. Tradotto in bottiglie e in denaro, si tratta di una perdita considerevole.
Chi ci guadagna e chi ci perde
Logicamente, se scendono i prezzi delle materie prime, ci si aspetterebbe che scendano anche i prezzi del prodotto finale, ma l’economia è una scienza più umana che matematica. «Il calo del costo dell’agave dà ai brand la possibilità di migliorare i propri margini e incrementare la propria attività promozionale per costruirsi un miglior posizionamento sul mercato, ma organizzazioni così esperte e orientate al marketing saranno caute nel danneggiare il valore del proprio marchio con sconti a profusione», dice Adam Rogers, il direttore della ricerca di Iwsr per il Nord America. «Non prevediamo nessuna corsa al ribasso per i prezzi» dice. «Le etichette di fascia alta resteranno dominanti mentre i leader di mercato saranno determinati a preservare i propri margini».
Nel frattempo i produttori potrebbero decidere di ridurre la produzione di agave, concentrandosi su altre colture. Come evidenzia Iwsr non è la prima volta che questa situazione si verifica, si tratta di un ciclo che ricorre ogni dieci-quindici anni e l’ultima volta che i prezzi sono scesi è stato tra il 2007 e il 2010, quando hanno toccato i due pesos al chilo.
Single Palenque, i Palenqueros sulle etichette
In questo scenario, c’è un progetto che rema controcorrente per valorizzare proprio i piccoli produttori di agave e di distillato e lo firma l’azienda di importazione italiana Velier nello Stato di Oaxaca, nella zona di produzione del Mezcal. Palenque Spirits nasce da un’idea del presidente, Luca Gargano, che qui nel 2018 ha conosciuto sei produttori di distillati di agave e imbottigliato il frutto del loro lavoro in una serie chiamata Palenqueros, mettendo per la prima volta in etichetta i loro volti. La serie è tornata proprio quest’anno in una nuova edizione, con sei produttori coinvolti e una selezione di otto Pure Single Palenque, distillati da singole varietà di agave.
L’idea alla base di Palenque Spirits è proprio quella di valorizzare, tramite imbottigliamenti di alta qualità, i produttori artigianali di questo distillato, facendone così conoscere la storia e le ricette, spesso tramandate oralmente. Una tradizione con radici profonde nella cultura indigena di questi territori che, per la particolarità della materia prima da cui deriva, richiede tempistiche poco coniugabili con le logiche commerciali.