Con di fronte le coste dello Jutland danese da un lato e della costa occidentale svedese dall’altro, la città di Kristiansand, all’estremo sud della Norvegia, affacciata sul braccio di mare dello Skagerrak, è un punto d’incontro ideale tra i paesi scandinavi. Questa sua connotazione geografica si ritrova anche nell’arte e in ciascuna dei tre nuclei che costituiscono le collezioni del neonato Kunstsilo – che apre l’11 maggio –, un centro d’arte ospitato in un ex silo del grano risalente al 1935 e affacciato sul porto di Kristiansand.
Dei tre nuclei delle sue collezioni, il fiore all’occhiello è la Tangen Collection, consistente in una eccezionale raccolta di oltre cinquemila pezzi d’arte modernista – tra cui sculture, installazioni, dipinti, ceramiche e molto altro – appartenenti a trecento artisti di Danimarca, Svezia,Norvegia, Islanda e Finlandia e raccolti dal collezionista e finanziere Nicolai Tangen, nativo di Kristiansand, e donati nel 2015 alla sua città.
Completano le collezioni la Sørlandet Art Collection, che vanta circa millesettecento opere con un profilo perlopiù regionale, e la Christianssands Picture Gallery, forte di ottocentottantatrè dipinti di artisti nordici fra cui Edvard Munch e prima collezione d’arte di Kristiansand. Ma oltre a fungere da contenitore di tutte queste opere, Kunstsilo è anche aperto alla nuova arte digitale e ad altre discipline, tra cui spicca la musica e i concerti.
A testimoniare ancor più il respiro tout court nordico di Kunstsilo, è la mostra di apertura – prevista dall’11 Maggio all’autunno 2024 –, che con il titolo Passions of the North, è un affascinante viaggio attraverso l’arte nordica, guidato da giganti della cultura quali Thomas Hardy e Virginia Woolf. La mostra si avvale di settecento opere, distribuite in venticinque sale, ciascuna con una propria atmosfera e caratterizzate da colori pastello diversi.
L’architettura funzionalista del silo, sapientemente valorizzata nella sua essenzialità dal progetto di restauro firmato dagli spagnoli Mestres Wåge Arquitectes e MX_SI Architectural Studio, e il contatto con l’acqua del fiordo su cui affaccia, richiamano, seppur declinata in uno stile completamente diverso, la purezza delle forme di Salmon Eye, un’installazione galleggiante nell’Hardangerfjord, nella Norvegia Occidentale.
Luogo d’incontro tra arte, design e architettura, “l’occhio di salmone”, richiamato dalla forma ellissoidale della struttura, fa dell’acqua il suo elemento vitale. Quanto è solido e ben piantato Kunstsilo, nella sua fiera struttura portuale, tanto sembra etereo Salmon Eye, progettato da Kvorning Design, che emerge dall’acqua come una creatura marina. In realtà la grande installazione poggia su una piattaforma galleggiante, e per mezzo di novemilacinquecento squame d’acciaio inossidabile che ne ricoprono la superficie, risulta visibile da ben lontano. Nel suo forte simbolismo Salmon Eye ha il compito, nelle intenzioni di Sondre Eide, CEO di Eide Fjordbruk e co-ideatore dell’installazione, di diffondere la sensibilità sul tema dell’acquacoltura e in particolare della pesca dei salmoni, affinché siano portate avanti – obiettivo non da poco – senza impatto sull’ambiente e sul clima.
Ma la portata di Salmon Eye non è limitata all’aspetto esterno; al suo interno si cela, oltre allo spettacolare Restaurant Iris, uno spazio espositivo e una sala cinematografica, il tutto per introdurre i visitatori – al Salmon Eye si arriva con piccole imbarcazioni elettriche da Rosendal – al tema della pesca sostenibile. Così come Salmon Eye, a dispetto della sua mole alta quindici metri, si mimetizza nel paesaggio marino circostante, allo stesso modo sembra a proprio agio, seppur in un contesto naturale totalmente diverso – un bosco anziché il mare – The Plus, impianto di produzione della fabbrica norvegese di mobili Vestre, in centoventi ettari di verde.
Il progetto, realizzato dallo studio danese di architettura BIG, non è solo bello e interessante dal punto di vista architettonico, ma rivoluzionario sotto due aspetti: perché concepisce un grande impianto produttivo in un contesto verdissimo – il che può apparire antitetico –, ma soprattutto perché i quattro bracci che ne costituiscono la struttura intersecandosi a croce, hanno parte della superficie delle facciate trasparente dall’esterno.
Così il processo produttivo non è nascosto, come normalmente accade per le fabbriche, per paura di svelare i segreti aziendali. Nel caso di The Plus, i visitatori possono assistere alle varie fasi della produzione e sono liberi di circolare nel parco esterno e perfino campeggiarvi. I muri ideali innalzati da uno stabilimento industriale chiuso verso l’esterno, si abbattono. Dinanzi a tale filosofia che ha ispirato il progetto, anche le pratiche di sostenibilità portate avanti da The Plus, come il cinquanta per cento in meno di emissioni di gas serra rispetto a uno stabilimento tradizionale, pannelli fotovoltaici sul tetto, i materiali adottati per la costruzione e l’utilizzo dell’acqua piovana, pur importanti, passano quasi in secondo piano.