Per descrivere il suo “Ciclo dei Vinti”, Giovanni Verga utilizzò un’ostrica come esempio. La maggior parte dei suoi personaggi provava ad elevarsi culturalmente e a cambiare la propria condizione sociale, salvo poi fallire miseramente. Proprio come un’ostrica, per non incappare nelle difficoltà della vita e vivere un’esistenza serena e priva di preoccupazioni, si doveva rimanere ancorati al proprio scoglio e bisognava stare attenti alla corrente e alla marea per non essere trascinati via. Se un individuo avesse perso l’aggancio con il suo porto sicuro perché il desiderio di cambiamento sociale era troppo forte, allora le porte del fallimento si sarebbero spalancate.
Il 5 maggio si celebra la giornata internazionale delle ostriche. Questi molluschi hanno origini antichissime e hanno ancora oggi un grande impatto sulla salute dei nostri oceani.
Sono comparse sul nostro pianeta milioni di anni fa e i primi ad allevarle furono i cinesi. Ma anche in culture più vicine alla nostra, come quella greca e quella romana, le ostriche venivano consumante e apprezzate. Nell’antica Grecia il consumo era a livelli industriali, tant’è che i loro gusci venivano utilizzati anche per votare.
Dopo un periodo di accantonamento durante il Medioevo, tornarono in voga durante il Rinascimento, fino ad arrivare al periodo Napoleonico quando venne redatto un regolamento sulla pesca marittima costiera delle ostriche, iniziando così a salvaguardare la specie.
Esistono due tipi di ostriche al mondo: l’Ostrea edulis, che è diffusa in tutta Europa a bassa profondità agganciata agli scogli, e la Pacific Oyster, che è la più comune ed è originaria del Giappone. Esistono anche ostriche che riescono a produrre al loro interno delle perle, le cosiddette perlifere, ma si possono trovare solo nell’oceano Pacifico.
Anche le ostriche, come i vini, possono avere differenti proprietà organolettiche in base a dove sono state allevate, alla qualità dell’acqua e delle sue correnti. Per questo, per degustarle al meglio, è consigliato prima sorseggiare il liquido marino presente al loro interno e poi masticarle delicatamente per godere di tutte le sfumature di sapore in base al merroir del mollusco. Da accompagnare possibilmente con un buon vino metodo classico.
È strano pensare come la visione di Verga, così priva di ambizione, sia stata completamente sostituita da un’immagine seducente e di evasione: l’ostrica è da sempre considerata come il cibo afrodisiaco per eccellenza, perché al suo interno è contenuta un’alta percentuale di zinco.
Lo zinco favorisce la fertilità e l’aumento di testosterone e ormoni sia nell’uomo che nella donna, ma soprattutto favorisce il rilascio di serotonina, il tipo di ormone che ci rende felici.
Un altro stereotipo legato alle ostriche è la loro origine prettamente francese: è vero, in Europa, la maggiore produzione avviene proprio nel Paese transalpino, ma nel mondo i tre produttori principali sono Cina, Giappone e Corea.
Inoltre, quello francese, non rappresenta l’unico bacino d’allevamento europeo. Per esempio, tra i produttori mondiali l’Irlanda si mette in evidenza per tradizione, qualità e salute delle acque in cui vengono allevate. La zona prescelta è quella della Wild Atlantic Way, l’area della fascia costiera ad ovest del Paese, bagnata da un Atlantico particolarmente incontaminato, grazie all’attenzione che il governo irlandese pone sulla salvaguardia delle specie marine.
Questa condizione è fondamentale per la qualità dei molluschi e il pregio delle loro carni e fa sì che le ostriche irlandesi siano sempre più apprezzate in tutto il mondo. Alla pulizia delle acque si sommano, inoltre, certificazioni come EcoPact e Origin Green Ireland, iniziativa dell’agenzia governativa Bord Bia e del programma irlandese di sostenibilità alimentare e delle bevande, che consente di fissare e raggiungere obiettivi di sostenibilità misurabili, rispettosi dell’ambiente e altamente favorevoli per le comunità locali.
Proprio sul tema sostenibilità, inoltre, le ostriche offrono un impatto significativo per il nostro pianeta. Una recente ricerca del Trinity College di Dublino spiega come ogni anno due milioni di tonnellate all’anno di anidride carbonica vengano sottratte dagli allevamenti di ostriche in oltre quaranta Paesi. Hanno, quindi, un impatto sostenibile e rigenerante in alcuni ecosistemi, senza essere invasive.
Le ostriche rappresentano quindi un concentrato di sapori e storia, ma anche e soprattutto innovazione: in un futuro dove siamo sempre alla ricerca di nuovi fonti proteiche sostenibili possono rappresentare un’alternativa valida e di grande aiuto per i nostri oceani.