Un successo di pubblico, con oltre diecimila ostriche assaggiate dai visitatori, e un obiettivo raggiunto, creare un appuntamento fisso, il primo in Italia, con l’ostricoltura, un settore che da qualche anno segna un’espansione costante sia per l’offerta sia per la domanda.
L’Italian Oyster Fest, che per tre giorni agli inizi di ottobre ha avuto negli spazi di Calata Paita, a La Spezia, recentemente rinnovati e restituiti alla città, la capitale italiana dell’ostricoltura, è nato dalla collaborazione della Cooperativa dei Mitilicoltori Spezzini con gli altri produttori italiani di ostriche da seme provenienti da Sardegna, Puglia, Veneto ed Emilia-Romagna e ha segnato, secondo gli organizzatori, un punto di svolta.
«Una tonnellata di prodotto consumato, otto aziende presenti, inclusa una francese» elenca il direttore dell’azienda speciale della Camera di Commercio Riviere di Liguria, Ilario Agata «sono cifre che ne fanno un appuntamento significativo e che confermano l’importanza di lavorare insieme, condividere le esperienze e tracciare un percorso collettivo in rappresentanza di una unicità tutta italiana. Che ha enormi potenzialità di sviluppo se consideriamo che la produzione di ostriche francese si assesta alle ottantamila tonnellate annue e quella italiana è stimata sulle cinquecento tonnellate annue, di cui solo centottanta sono produzioni da seme, garanzia di un prodotto unico fortemente connotato dal terroir marino in cui sono allevate. Da qui le nostre varietà: l’ostrica rosa di Scardovari, la verde del Golfo dei Poeti, coltivata nell’area fin dall’Ottocento, la bianca del Gargano, quella d’oro e quella nera di Goro».
La prossima edizione dell’appuntamento è già fissata per maggio e nel frattempo, dice Mattia Rossi, presidente di Legacoop Liguria, «occorre aprire a chi abbiamo incontrato lungo la strada e migliorare per sviluppare il settore e le imprese coinvolte, cooperative e non, coinvolgendo tutte le realtà associative e produttive che aderiscono alla nostra visione: unicità e prelibatezza delle produzioni, attenzione all’ambiente e alla sostenibilità, accessibilità in termini di gusto e prezzo».
Tra i pregiudizi da combattere quello che vede nelle ostriche un prodotto elitario, esotico e di lusso. In realtà, dicono i produttori, costano meno di telline e cannolicchi e quelle italiane, anche se in genere più piccole, non hanno nulla a che invidiare a quelle francesi per gusto e polposità.
Del resto l’Italia è il secondo mercato in Europa per il consumo di ostriche, dopo la Francia, con una crescita costante nell’allevamento. Se infatti nel decennio tra il 2011 e il 2020, la produzione dell’Unione Europea è rimasta quasi stabile (97.092 le tonnellate prodotte nel 2011 contro le 97.887 nel 2020), in Italia si è più che quintuplicata, passando dalle 42 tonnellate del 2011 alle 226 di due anni fa. Cifre ancora lontane dal mercato globale che nel 2020 ha registrato una produzione totale di circa 6,4 milioni di tonnellate di ostriche con la Cina come maggior produttore al mondo (ottantacinque per cento), seguita dalla Corea del Sud (cinque per cento), dagli Stati Uniti (tre per cento) dal Giappone e dall’Unione Europea (entrambi due per cento). Il novantotto per cento del totale di ostriche prodotte proviene dall’acquacoltura che nel decennio di riferimento ha fatto registrare un aumento della produzione del quarantatré per cento.
«Abbiamo sessanta allevatori di ostriche su ottantasei mitilicoltori – conclude Paolo Varrella, presidente della cooperativa dei mitilicoltori spezzini – e solo il seme del mollusco viene importato dalla Francia, per lo più dalla costa atlantica. I francesi hanno industrializzato la produzione mentre noi lavoriamo ancora a mano e dobbiamo spingere su ricerca e tecnologia, come per esempio lavorare con materiali innovativi. Siamo ottimisti perché c’è una buona richiesta di mercato e un’ottima qualità del prodotto, anche se è difficile entrare nei bacini di grande distribuzione dove i competitor d’Oltralpe sono inseriti da sempre. L’ostrica spezzina, per esempio, è considerata perfetta per l’aperitivo».
E c’è, anche, da combattere un pregiudizio: secondo un sondaggio di Federcoopesca-Confcooperative, l’ottantacinque per cento degli italiani pensa che l’ostrica sia un prodotto esclusivamente di importazione proveniente dalla Francia. Mentre da qualche anno avviene anche il contrario e il prodotto italiano sta iniziando a essere richiesto proprio in Francia, dove qualche anno fa un herpes fece strage soprattutto delle produzioni giovanili.
Infine, una richiesta diretta al governo: abbassare l’Iva dall’attuale ventidue al cinque per cento, come per le telline, dato che le ostriche non sono più un prodotto di importazione e vengono allevate in Italia.