Gamepad e cinepresaGli adattamenti cinematografici dei videogiochi hanno sempre successo (o quasi)

La nuova serie “Fallout” è solo l’ultimo esempio dell’età dell’oro che stanno vivendo le trasposizioni su grande schermo dei videogames. Il gradimento delle serie tv porta gli utenti anche a giocare al titolo videoludico

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Gli adattamenti dai videogiochi sono sempre di più e sono sempre più belli. Dopo l’uscita di “Fallout”, la serie, il numero di giocatori di “Fallout”, la serie di videogiochi, è aumentato. Durante il weekend del 12 aprile, “Fallout 4” ha toccato un picco di ottantatré mila giocatori contemporanei, molti più dei ventiquattro mila della settimana precedente, quando le puntate dello show ancora non erano disponibili su Prime Video. “Fallout 76” ha superato i trentanove mila players in simultanea, un nuovo massimo storico, mentre “Fallout 3” è passato da mille a seimila settecento utilizzatori. Alcune di queste cifre arrivano da SteamDB, che opera misurazioni sulla piattaforma Steam, utilizzata per la distribuzione e il supporto di videogiochi.

Nulla di nuovo sotto il sole. A partire da pochi giorni dopo l’uscita su Netflix dell’anime “Cyberpunk: Edgerunners”, il videogioco “Cyberpunk 2077” ha superato il milione di giocatori attivi in ciascuno dei sette giorni precedenti al 21 settembre 2022. La stessa cosa era successa con la serie, anche questa disponibile sulla piattaforma della enne rossa, “The Witcher”, corrispettivo sul piccolo schermo di un celebre videogioco a sua volta tratto da un romanzo. Secondo gli analisti di Circana, precedentemente conosciuta come The NPD Group, che si occupa di ricerche di mercato, nel dicembre 2019 le vendite delle edizioni fisiche di “The Witcher 3”, uscito nel 2015, sono aumentate del cinquecentocinquantaquattro per cento rispetto a un anno prima.

Non basta il nome di un titolo interattivo di successo per fare la fortuna di una serie o di un film. Altrettanto importante è la qualità dell’adattamento. Per misurarla, abbiamo a disposizione alcuni strumenti. Si tratta degli aggregatori dei giudizi di critica e pubblico, come Metacritic, OpenCritic o Rotten Tomatoes, che assegnano un numerino al gradimento di ciascuna di queste due categorie.

Non è una misurazione a prova di bomba (l’aneddoto di “Paddington 2” migliore di “Quarto Potere” su Rotten Tomatoes lo dimostra), tuttavia aiuta a farsi un’idea. Su Metacritic, le tre stagioni di “The Witcher” hanno accumulato un metascore, cioè una media dei giudizi, «generalmente favorevole»; “Edgerunners”, che è stato anche un fenomeno di TikTok con la hit “I Really Want to Stay at Your House” di Rosa Walton, ha ricevuto una «acclamazione universale» da parte degli spettatori; la serie di “Fallout” è attualmente al diciannovesimo posto tra le migliori di quest’anno.

Ricapitolando: un film o una serie beneficiano dalla fanbase preesistente di un franchise videoludico, ma anche i videogames vengono riscoperti grazie a un adattamento di successo, la qualità è un fattore. Quest’ultima sembra un’affermazione scontata, ma fino a poco fa non lo era. Il 2023 potrebbe essere considerato l’anno della consacrazione, per l’effetto combinato della prestige TV di “The Last of Us”, la serie di Hbo con ventiquattro candidature e otto vittorie agli Emmy awards, e delle sale piene per “Super Mario Bros. – Il film”, la terza opera di animazione di sempre per incassi. Al film di Mario, la critica ha rimproverato una scarsità di idee, ma in questo caso si trattava di una licenza così famosa che bastava giocare sul sicuro, magari spingendo il piede sull’acceleratore del comparto tecnico.

L’attuale età dell’oro è stata anticipata da una stagione deprimente per qualsiasi fan di cinema e videogiochi. Prima, la il voto medio degli adattamenti (tra questi “Street Fighter”, “Lara Croft: Tomb Raider”, “Resident Evil”, “Alone in the Dark” e “Doom”, un generico action movie con l’etichetta del videogioco appiccicata sopra) era del 20% su Rotten Tomatoes. Poi, da “Pokémon Detective Pikachu” del 2019, le percentuali hanno iniziato a salire.

Il futuro si annuncia entusiasmante per chi segue con interesse questo tipo di operazioni e davvero non si conta la quantità di trasposizioni messe in cantiere. Tra queste c’è “Borderlands”, che è stato anticipato da un caotico trailer. Nel cast c’è Cate Blanchett, una delle attrici preferite dagli autori. La casa di produzione e distribuzione indie A24 ha annunciato un “Death Stranding”, che si avvarrà del contributo del leggendario sviluppatore Hideo Kojima. Margot Robbie produrrà “The Sims”, un’altra licenza gigantesca, che a pensarci somiglia già un po’ a Barbie.

Ma come si ottiene un buon adattamento? Naturalmente non c’è una formula, ma delle regole forse sì. Le ha elencate Ben Lindbergh su The Ringer. Il giornalista ha parlato con Asad Qizilbash e Carter Swan, presidente e produttore senior di PlayStation Productions, che si occupano della riduzione del rischio di decisioni sbagliate durante la delicata fase di passaggio dal medium interattivo a quello cinematografico o televisivo.

Il primo suggerimento è prediligere un regista che sia anche cresciuto con il videogioco che si vuole adattare. Il secondo consiglio è promuovere la collaborazione tra i realizzatori del film e quelli del videogioco. In terzo luogo bisognerebbe preferire la destinazione più adatta, ad esempio la struttura episodica della televisione potrebbe essere l’ideale per trasferire le decine di ore di narrazione di un titolo tripla A. Infine, potrebbe essere una buona idea attingere da videogiochi ricchi di sfumature narrative, facendo attenzione a trovare la quadra tra pubblico completamente nuovo e appassionati, così che nessuno si senta alienato. Non è un caso: “The Last of Us” ha (anche) tutte queste cose.

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