Dalla newsletter settimanale di Greenkiesta (ci si iscrive qui) – Sei italiano o italiana? Hai tra i diciotto e i trent’anni? Vivi in una grande città? Allora è probabile che tu abbia votato uno dei tre partiti oggettivamente più ambiziosi sul clima e l’ambiente, ossia il Partito democratico (Pd), l’Alleanza Verdi e Sinistra (Avs) e il Movimento 5 Stelle (M5s). I primi due, gli unici in Italia ad aver guadagnato voti in termini assoluti rispetto alle elezioni politiche del 2022, sono seduti al tavolo dei vincitori: alle europee di quest’anno il Pd ha ottenuto il 24,1 per cento (18,9 per cento nel 2022) e Avs il 6,8 per cento (3,6 per cento nel 2022). I 5 Stelle, al dieci per cento, hanno perso più di cinque punti percentuali e circa due milioni di voti, confermando il loro crollo inesorabile.
Giovani e città, dicevamo. Avs ha superato il dieci per cento a Roma, Milano, Torino, Napoli e Bologna; il Pd è arrivato primo a Milano, Napoli, Torino, Bologna, Genova e Firenze. Il partito di Elly Schelin, stando alle elaborazioni di Opinio Italia per la Rai, è il partito più votato nella fascia di età 18-34 (21,5 per cento), prima di Fratelli d’Italia (venti), Movimento 5 Stelle (quattordici) e Alleanza Verdi e Sinistra (dodici). Restringendo il campo, Pd, M5s e Avs (rispettivamente al diciotto, diciassette e sedici per cento) sono stati i partiti preferiti degli under 30.
In più, il 40,3 per cento (!) dei circa diciannovemila studenti fuorisede al voto ha dato fiducia all’Alleanza Verdi e Sinistra, con Pd (25,47 per cento) e Azione (10,21 per cento) rispettivamente al secondo e terzo posto. Guardando invece i flussi elettorali, frutto di un’elaborazione di YouTrend per SkyTG24, il cinque per cento di chi ha votato il Pd alle politiche del 2022 ha scelto Avs alle europee dello scorso fine settimana, mentre il dieci per cento degli elettori di Avs nel 2022 ha votato il partito di Elly Schlein l’8 e 9 giugno 2024.
In Italia, le scelte degli under 30 e degli universitari fuorisede confermano una dinamica allarmante: solo ai giovani importa davvero dell’emergenza climatica, perché rientrano nella generazione che più di tutte verrà travolta dal riscaldamento globale di origine antropica. C’è tanto senso d’urgenza nel patto tra le nuove generazioni e la lista di Bonelli e Fratoianni, ma spiegare l’exploit di Avs solo con la questione climatica sarebbe riduttivo.
Quel 6,8 per cento – quasi il doppio rispetto al risultato delle politiche del 2022 – è giustificato anche dall’effetto-Salis, la cui candidatura è stata spesso etichettata come una mossa populista. Ma non è tutto. Ha sicuramente inciso il fatto che – soprattutto nelle battute finali della campagna elettorale – Avs abbia cavalcato l’onda del pacifismo, raccogliendo il voto dei pentastellati pentiti e degli ormai ex elettori del Pd contrari alla linea ufficiale del partito sulla guerra in Ucraina.
Inoltre, i giovani candidati ecologisti – in alcuni casi ben inseriti nel mondo dell’attivismo climatico – hanno colmato le lacune dei verdi “vecchia scuola” in termini di comunicazione, versatilità delle proposte ambientali, entusiasmo, capacità di unire giustizia climatica e giustizia sociale; sono più di centoquarantamila le preferenze totali ottenute dai candidati under 35 di Avs. Poi, come scrive Luciano Capone sul Foglio, i leader Fratoianni e Bonelli hanno saputo farsi da parte quando serviva, a differenza di Calenda e Renzi. Le altre candidature mediaticamente rilevanti, da Mimmo Lucano a Ignazio Marino, hanno fatto il resto.
Il successo di Avs, però, non nasconde il tonfo generale dei principali partiti ambientalisti europei. La crescita della lista di Bonelli e Fratoianni ha innescato un possibile allineamento dell’Italia – Europa Verde, senza Sinistra Italiana, alle europee del 2019 era scesa nettamente sotto la soglia di sbarramento – ad altri Paesi del continente in cui i politici ecologisti hanno voce in capitolo ormai da anni: «Nel 2019, il clima è stato al centro delle elezioni europee. Tutti i partiti politici hanno poi seguito l’esempio. Nel 2024, invece, parte della campagna elettorale è stata contro il clima», ha detto lo spitzenkandidat dei Verdi europei, Bas Eickhout, riferendosi implicitamente al Green deal. In Italia la guerra alle norme ambientali di Ursula von der Leyen non ha funzionato, ma in altri grandi Stati Ue i partiti green – che probabilmente hanno già raggiunto il loro picco di popolarità – appaiono ora più vulnerabili.
Colpa anche dell’inquietante svolta verso destra (estrema) da parte della Generazione Z. In Spagna, Vox (9,62 per cento, terzo partito) ha ottenuto la quota di voti più alta tra giovani e giovanissimi. In Germania, rispetto alle europee del 2019, Alternative für Deutschland (15,9 per cento) è cresciuto dell’undici per cento nella fascia 16-24 anni (anche se cinque anni fa i sedicenni e diciassettenni non potevano ancora votare), mentre i verdi tedeschi hanno preso il ventitré per cento di voti in meno da quella “fetta” di popolazione.
In Francia, dove il presidente Emmanuel Macron ha sciolto l’Assemblea Nazionale e indetto nuove elezioni legislative, Rassemblement National (31,4 per cento) del classe 1995 Jordan Bardella ha strappato un incredibile trentadue per cento nella fascia di età 18-34. Tra l’altro, per tentare di fermare l’avanzata del partito di Marine Le Pen, la sinistra francese si presenterà al voto compatta grazie all’accordo tra Verdi, Socialisti, La France Insoumise e Comunisti.
La virata a destra dei giovani europei si è anche tradotta in meno voti per i Verdi, che nella prossima legislatura controlleranno cinquantatré seggi: ventuno in meno rispetto agli ultimi cinque anni. In Germania, ad esempio, Verdi/Alleanza Libera Europea (nella coalizione semaforo del governo Scholz con liberali e socialdemocratici) è il gruppo politico ad aver perso più preferenze: 20,5 per cento nel 2019 e 11,9 per cento nel 2024. «Quello tedesco è stato un voto contro la coalizione, non contro i verdi», sostiene Eickhout. In realtà, però, il partito ambientalista tedesco ha ricevuto molte critiche per il suo sostegno al nucleare e l’aumento delle importazioni di Gnl dopo l’invasione russa dell’Ucraina.
Nei Paesi in cui sono al governo (Germania, Austria, Belgio, Irlanda, Lettonia, Lussemburgo e Repubblica Ceca), i verdi hanno perso terreno in modo allarmante. Dall’altra parte, però, gli ecologisti sono cresciuti – spesso timidamente – negli Stati in cui appaiono tradizionalmente deboli: Italia, Danimarca, Spagna, Slovenia, Croazia, Lettonia e Lituania. Ecco perché la crescita di Avs non è esattamente un’anomalia. Bene, invece, i risultati svedesi (13,8) e olandesi (21,6 per cento per la coalizione Verdi-Laburisti di Frans Timmermans, ex commissario Ue per il Clima).
Quindi, adesso, cosa succede? Secondo Bas Eickhout, intervistato da Reuters, «non ci sarà una marcia indietro sulle politiche climatiche, ma sarà più complicato far decollare nuove leggi di questo genere». Il tempo dell’ambizione pare già finito, ma il Pianeta non può permetterselo. Il Parlamento europeo continuerà a essere controllato dalla stessa maggioranza “mista” (il Ppe di centrodestra, i liberali di Renew e i Socialisti e Democratici di centrosinistra), che ha però una ventina di seggi in meno rispetto alla scorsa legislatura.
Per ottenere il tanto sperato bis alla Commissione Ue, Ursula von der Leyen (Ppe) potrebbe quindi aver bisogno dei consensi dei Verdi europei. Le trattative tra le parti, seppur complesse e delicate, sarebbero già cominciate. E la richiesta degli ecologisti è la seguente: non snaturare ulteriormente un Green deal già irriconoscibile rispetto alla sua versione iniziale. Ciò significa anche non cedere alle pressioni dell’agrifood. Preparate i popcorn.