Oltre le differenzeC’è ancora spazio per una politica riformista, europeista e atlantista, nonostante tutto

Gli elettorati di Azione e Italia Viva non sono incompatibili, anzi sono sovrapponibili in tante cose. Per questo le elezioni sono una gigantesca occasione persa per fare da argine ai neonazisti tedeschi o ai sovranisti ungheresi in Europa

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Un milione e mezzo di voti. Un milione e mezzo di persone che hanno creduto ancora – dopo il grande successo del “Terzo Polo” e la successiva, cocente delusione – in uno spazio politico pragmatico, riformista, europeista, atlantista, solidale e attento alla crescita. Persone che non avranno tuttavia voce in Europa, a causa di un’incomprensibile e pervicace volontà di non superare le differenze, organizzare le forze e riconoscere il dovuto rispetto agli elettori. Elettori che sono usciti di casa e hanno votato per le liste di Stati Uniti d’Europa e Azione: un gesto prezioso, non scontato, lo ha fatto solo meno della metà degli aventi diritto, il cui valore è stato azzerato per ragioni incomprensibili, che di politico – o soltanto di razionale – non hanno nulla.

Non ha nulla di razionale, per esempio, l’affermazione per cui gli elettorati di Azione e Italia Viva sarebbero tra loro “incompatibili”. Gli elettorati dei nostri due partiti sono in realtà un solo elettorato, lo stesso elettorato, e non credo si tratti solo di una mia opinione. È un elettorato frustrato, questo sì, da una classe dirigente che gli ha promesso un percorso politico affascinante e sensato – lontano dai sovranisti e dai populismi di ogni parte – e che invece li ha bombardati quotidianamente con liti, discussioni, improperi e ripicche fino all’affondamento del naviglio su cui lo avevano imbarcato. Sarebbe bastata la decisione improvvisa di far saltare il “Terzo polo” a farci perdere definitivamente consenso. E invece abbiamo comunque portato a casa più del sette per cento dei voti: più di Avs, che è descritta come una delle forze trionfatrici delle europee.

Ma quei voti non manderanno a Bruxelles una pattuglia di liberali a fare da argine ai neonazisti tedeschi o ai sovranisti ungheresi. No: con i voti di Azione e SUE sono stati eletti in Italia almeno due deputati di Identità e Democrazia, il gruppo di Marine Le Pen e – fino a pochi giorni fa – di AfD. È un pezzo di Italia che sarà dunque afono in Europa, ma che esiste e rappresenta una parte importante del Paese: nel ’22 il terzo polo ebbe indubbio successo tra i giovani, gli imprenditori, nell’Italia più aperta al cambiamento, all’innovazione tecnologica e sociale, al merito.

Qualcuno dice che siamo tornati al bipolarismo, forse. Certo è che un partito che tenga ferma la barra su enormi questioni quali il federalismo europeo, la difesa dell’Ucraina e la collocazione atlantica, la lotta all’antisemitismo, il garantismo e la difesa dei diritti dei cittadini, la concorrenza e la crescita resta indispensabile. Un partito, un movimento plurale ma unito, un’organizzazione politica che metta davanti a tutto la creazione di un’alternativa al governo delle destre e che sia capace di discutere questa prospettiva con le altre forze di opposizione da una posizione autonoma e non subordinata.

Bisogna ripartire da qui, chiamando a raccolta non solo dirigenti, militanti ed elettori di Azione e di Italia Viva, ma di tutti quei mondi che non solo nella politica ma nella cultura e nell’università, nelle imprese, nel terzo settore, ha guardato e guarda a noi con interesse e con speranza. Matteo Renzi ha già annunciato un nuovo congresso. Io credo sia stata una mossa lungimirante e responsabile, come lo era stata la sua disponibilità a un’alleanza nel 2022 con Calenda e nel 2024 con Bonino. E credo anche che questo percorso costituente debba incarnarsi anche in una nuova leadership del Terzo polo.

In Italia e in Europa si fanno strada forze di destra e populiste, che fanno appello alla paura del domani, alla paura del diverso da sé, alla paura di un nemico. L’unica possibile diga è data dalla forza dell’Italia che alla paura contrappone la fiducia nell’umanità, nella sua capacità di progredire, di costruire – pur tra tutte le difficoltà del caso – un orizzonte di prosperità e di pace. Quell’Italia, a queste elezioni, è stata colpevolmente ridotta al silenzio. Incontriamoci subito, mettiamoci a lavorare per restituirle immediatamente la voce.

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