L’immagine più commovente della cerimonia che ieri ha ricordato l’ottantesimo anniversario dallo sbarco in Normandia è senza dubbio quella dell’incontro tra il veterano sulla sedia a rotelle e il presidente ucraino. In un video che ha fatto il giro dei social network, il reduce fa per baciare la mano a Volodymyr Zelensky, che a quel punto si inginocchia e lo abbraccia. «Sei il salvatore del popolo», gli dice il novantanovenne Melvin Hurwitz, di Frederick, nel Maryland, echeggiando inconsapevolmente il titolo della serie televisiva che aveva dato la popolarità all’attore Zelensky prima del salto in politica («Servitore del popolo»). «Mi fai venire le lacrime agli occhi», sussurra. «No, no, no, siete voi che avete salvato l’Europa», risponde Zelensky. Il vecchio soldato continua a ripetergli «sei il nostro eroe» e lui replica «no, voi siete i nostri eroi». Giustamente orgogliosi, gli ucraini hanno commentato su twitter: «Ci inginocchiamo davanti agli eroi, non agli invasori».
A giudicare dal comportamento di buona parte della stampa e della politica italiana in questi giorni, verrebbe da dire beati loro, perché noi ultimamente tendiamo a fare piuttosto il contrario. Titolo del Fatto quotidiano di oggi: «La Nato fa il D-Day anti-russi». Il riferimento, s‘intende, è al solenne discorso tenuto per l’occasione da Joe Biden, che ha collegato esplicitamente l’intervento americano nella Seconda guerra mondiale all’impegno di oggi nella difesa dell’Ucraina. Un collegamento tanto più legittimo e necessario, nella misura in cui la principale giustificazione dell’invasione russa consiste nella ridicola teoria della de-nazificazione. Qualcuno però si è chiesto come sarebbe andata a finire se invece di sbarcare in Normandia gli americani si fossero limitati a inviare armi. Figuriamoci poi se quelle armi gli alleati non avessero potuto utilizzarle in territorio tedesco. Ma si capisce che erano altri tempi. Altri politici, altri generali, altri giornalisti.