Non c’è pace nemmeno da morto. Celebri il centenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti e appare d’un tratto il francobollo celebrativo di Italo Foschi, ras fascista romano seguace di Farinacci, il più duro nel sostenere la tesi della violenza permanente. È a Italo Foschi che Mussolini si rivolge all’indomani del discorso di Matteotti alla Camera il 30 maggio 1924, il discorso che ne decreta la fine, per regolare i conti con l’opposizione. I fascisti romani circonderanno il parlamento, bastoneranno e offenderanno i parlamentari mentre escono da Montecitorio perché l’esempio di Matteotti non venga seguito.
Ed è Foschi, proprio lui, che inneggia ad Amerigo Dumini, lo propone al Duce come modello di fascista esemplare perché non ha parlato, non ha rivelato a nessuno le responsabilità del regime nel rapimento e nell’assassinio di Giacomo. Insomma, un ras a tutto tondo, fedele fino alla noia, mai un tentennamento, mai un pensiero che non sia in linea con il pensiero del Capo.
Come si fa, in particolare quest’anno, a dedicargli un francobollo che grida vendetta, un francobollo che cancella una storia di minacce e di morte, un quadrato di carta a perenne memoria che non tiene conto di una biografia lunga una ventennio, su su fino a Salò, alla repubblica prigioniera delle false illusioni del Duce e dei corpi nazisti che devastano e uccidono vecchi, donne, bambini.
E allora un francobollo anche a chi ha avuto questa magnifica idea. Valorizzare il carnefice, sostituire il bene col male, al diavolo evviva, chapeau, che il male è più attrattivo del bene. È proprio vero: la storia non è maestra di nulla. E dicono che non è un tempo malato.