La serie TV “Suburra”, nel 2017, aveva esordito con il suo primo episodio mostrando il lato più depravato della Chiesa attraverso il personaggio del Monsignor Theodosiou, trasportato nella criminalità organizzata in cambio di festini negli hotel più esclusivi di Roma, in cui droghe pesanti ed escort dominavano la scena. L’odore che pervadeva quelle stanze di albergo, in cui paramenti sacerdotali, eroina, sudore e corruzione si mischiavano e fondevano, è racchiuso in una boccetta di vetro da sessanta millilitri di nome “Anarchist A_”.
La fragranza in questione è nata dalla fantasia di David-Lev Jipa-Slivinschi, naso e creatore del marchio romeno di profumi di (iper)nicchia Toskovat’, e tra le note che lo caratterizzano ci sono carte di credito, soldi sporchi, abiti di prete, acqua santa e whisky. I prodotti di Toskovat’ non si presentano come profumi tradizionali, ma come «estratti di ricordi» la cui priorità non è avere un buon odore, ma «raccontare una storia, accompagnare in un viaggio e suscitare emozioni», racconta Jipa-Slivinschi a Linkiesta Etc. Le sue fragranze non sono state pensate esclusivamente per essere portate dai consumatori e anzi, nel caso di un «profumo» in particolare, “Inexcusable Evil”, l’obiettivo è stato creare un odore così sgradevole da non poter essere indossato sulla propria pelle. Paradossalmente, è diventato il più venduto dell’intera linea.
Tra le note della fragranza più famosa – e sicuramente la più virale sui social media – di Toskovat’ si annoverano sangue, polvere da sparo, cemento, pioggia e incenso. Non è un bene di consumo, è una protesta contro la guerra e la morte. Jipa-Slivinschi ha spiegato, in passato, di aver tentato di rendere l’odore così repellente da spingere le persone a odiare l’idea di averlo addosso, ma i clienti che decidono di utilizzarlo anche tutti i giorni sono sempre più numerosi.
Il naso commenta: «Posso controllare la mia arte solo nella sua fase di creazione, e una volta che la presento al pubblico ha poco senso bacchettarli dicendo che non possono indossarla, perché è arte. Personalmente trovo strano che alcuni vogliano avere l’odore di un soldato bloccato nel fango e ricoperto di cemento, ma non sta a me scegliere. L’unica cosa a cui tengo è che sia chiaro che il mio intento era portare l’attenzione su un concetto orrendo».
Toskovat’ non è l’unico marchio a creare fragranze talmente estreme da sembrare impossibili da indossare: Orto Parisi – da cui è nato “Stercus”, ispirato all’ano e alle feci – e Nasomatto – da cui è nato “Black Afgano”, che si rifà all’hashish di altissima qualità – sono solo due delle case (di cui per entrambe Alessandro Gualtieri è il naso) che hanno deciso di esplorare il lato più radicale e astratto della profumeria, discostandosi da quelle note tradizionali gourmand e fruttate che tutti sono abituati a ricercare quando osservano gli scaffali delle profumerie, più o meno di nicchia che siano.
Eppure, sempre più persone scelgono di avvicinarsi a questo tipo di esperienza olfattiva, mettendo al primo posto la costruzione di una propria identità (o il suo tentativo) che si sviluppa anche attraverso il profumo che si sceglie di indossare in una società in cui ciò che è mainstream diventa paradossalmente fuori moda e kitsch. Su TikTok l’hashtag #perfumetok conta quasi quattrocentomila post, e in ognuno di questi gli utenti condividono consigli sulle fragranze che meglio potrebbero rispecchiare le loro personalità o i loro sogni.
Nemvbus è tra le creator più attive, e spiega come avere lo stesso odore di «una star del cinema espressionista tedesco, la cui arte è uno spiraglio di speranza in un’epoca di cattiveria e distruzione» (il suggerimento è di usare “Mont de Narcisse”, di L’Artisan Parfumer), e quale fragranza faccia pensare a «uno strano rituale nelle catacombe di una chiesa a cui si assiste per caso, e che porta a vedere cose che dovrebbero rimanere nascoste».
Secondo Jipa-Slivinschi, la logica dietro questo ri-orientamento dei gusti dei consumatori si ritrova anche in tutti gli altri settori di mercato: «Una volta che un’industria diventa sovraffollata, inizia un nuovo tipo di approccio postmoderno in cui le persone si ribellano e infrangono le regole, lasciando spazio a una tipologia di arte più sperimentale. E credo che, vista la saturazione del mercato dei profumi, a spiccare possano essere solo prodotti totalmente nuovi e originali». Per attirare una fetta di consumatori, il naso cerca di «ricreare un concetto in cui chiunque possa rivedersi, o con cui abbia qualcosa da condividere. Quelli che creo non sono ricordi di tutti, ma memorie che potrebbero appartenere a chiunque».
In realtà, l’intero concetto di profumi di iper-nicchia si ridimensiona scendendo più a fondo nella parte tecnica della creazione di queste fragranze. Leggere che le note di un prodotto sono «vecchi confessionali», «giocattoli per adulti» o «il lancio di una moneta arrugginita» (tutte presenti nei profumi di Toskovat’) suscita una curiosità smodata nei consumatori, a cui, comprando una fragranza che contiene questi odori, sembra di compiere un gesto di ribellione nei confronti dell’industria tradizionale. Ma il processo per ricreare il sentore di pera si discosta meno di quanto si possa pensare da quello per evocare l’odore dello sterco.
«Mi affascina che mi venga chiesto così spesso come creo la nota di carte di credito, ma che la stessa domanda non mi sia mai posta per quanto riguarda l’ananas. Sono la stessa identica cosa, e si creano entrambe in laboratorio con un pizzico di chimica e una grande conoscenza della storia dei profumi», spiega Jipa-Slivinschi. «È vero che dalle carte di credito non si può ricavare un olio essenziale, ma lo stesso vale per l’ananas».
Gli appassionati di fragranze si avvicinano sempre più prepotentemente a un universo esasperatamente individualista, in cui quello che conta non è avere un profumo che piace, ma un odore mai sentito e che permetta di risaltare rispetto alla massa. L’approccio del creatore di Toskovat’ prosegue in una direzione opposta, come lascia intendere dal suo nome, che deriva dalla parola russa toska. È un termine senza una traduzione diretta, che Vladimir Nabokov aveva definito come una «sensazione di intensa angoscia mentale, spesso senza una causa spiegabile». E secondo Jipa-Slivinschi, «una parola priva di traduzione era l’unica a poter incanalare un progetto il cui obiettivo è catturare l’interezza delle similitudini umane. Il suo scopo principale è cogliere il significato dell’essere uomini».