Déjà vuL’accordo di Pechino è l’ennesima opportunità persa per la creazione di uno Stato palestinese

Con la scellerata scelta di legittimare Hamas e forzare la comunità internazionale a dialogare con il gruppo terroristico, Abu Mazen e la dirigenza di Al Fatah e Olp hanno deciso di rompere ogni possibilità di pacificazione con Israele e con i Paesi arabi moderati

LaPresse

Con l’accordo di Pechino tra Al Fatah, Hamas e altre dodici organizzazioni si conferma in pieno il vecchio detto: «I palestinesi non perdono mai l’occasione per perdere un’occasione». Questa volta hanno fatto un passo in più: hanno reso di fatto impraticabile la nascita di uno Stato palestinese perché vi hanno pienamente legittimato i macellai di Hamas come forza di governo. Il patto definisce infatti le condizioni per formare un «governo di riconciliazione nazionale» che gestisca la Palestina al termine della guerra di Gaza ed è stato siglato al massimo livello perché il capo delegazione di Hamas è stato Ismail Haniyeh, l’ex capo del governo di Gaza, detronizzato nel 2017 da Yaha Sinwar.

Con questa mossa, Abu Mazen e tutto il gruppo dirigente della Olp e di al Fatah hanno deciso non solo di rompere con Israele ogni possibilità di dialogo ma soprattutto di forzare la comunità internazionale e i paesi arabi, in testa l’Arabia Saudita, ad accettare in pieno un’organizzazione terrorista, responsabile dell’orribile pogrom del 7 ottobre, quale normale interlocutore e protagonista di un governo. Hanno deciso di legittimare in pieno Hamas che detiene in condizioni orribili – e lo rivendica – centinaia di ostaggi civili, compresi neonati e anziani, in spregio a qualsiasi legge internazionale, a ogni norma umanitaria e a qualsiasi morale.

Peraltro, rilegittimare in pieno Hamas quale normale forza di governo, forse, può sembrare percorribile a molte anime belle dei governi occidentali, ma sicuramente non è considerata una opzione praticabile dai governi di Ryad, come del Cairo, di Amman, di Rabat e Abu Dhabi che a ragione considerano i Fratelli Musulmani, dei quali Hamas è espressione, il principale e più pericoloso nemico interno. Dunque, è un’opzione rifiutata proprio da quei paesi arabi che dovrebbero intervenire materialmente, sul territorio palestinese per garantire una lenta transizione pacifica verso uno Stato palestinese.

Naturalmente, questa “riconciliazione nazionale” palestinese che premia Hamas comporta la decisione di una rottura radicale di Abu Mazen, della Olp e di al Fatah non soltanto con l’attuale governo israeliano, ma anche con qualsiasi governo di Gerusalemme nel futuro, anche il più spostato a sinistra. 

Per capire l’aria che si respira in Israele basti pensare infatti che il principale partito di opposizione, quello di Benny Gantz, ha appena votato nella Knesset una risoluzione che sancisce «una opposizione di principio israeliana a uno Stato palestinese che incoraggerebbe Hamas e i suoi sostenitori a considerare questo una vittoria, grazie al massacro del 7 ottobre e sarebbe un preludio alla presa del potere jihadista in tutto il Medio Oriente». Su centoventi parlamentari israeliani, solo nove hanno votato contro.

Non solo, l’accordo di Pechino è stato siglato dalla dirigenza estera di Hamas e non ha minimamente coinvolto il vero e unico leader, Yaha Sinwar, che, appunto, nel 2017 sconfisse l’allora leadership di Gaza e la costrinse all’esilio dorato. Dunque, un accordo monco e tutto di facciata.

Questo accordo è l’ennesima prova della creatività e pervasività della diplomazia di Pechino, che aveva già favorito una difficile normalizzazione tra Iran e Arabia Saudita, che cozza oggi con gli intensi sforzi della diplomazia americana che continuerebbero sicuramente anche se malauguratamente vincesse Donald Trump – per definire un futuro governo della Cisgiordania e di Gaza con una rottura col passato. 

Antony Blinken nei suoi intensi colloqui con Mohammed Bin Salman e Fattah al Sisi, lavora infatti alla definizione di una leadership palestinese totalmente nuova, legittimata non dalla disastrosa sua storia passata, ma dalla capacità di sapere gestire la ricostruzione e il disarmo materiale e morale dei palestinesi.

Abu Mazen, la Olp e al Fatah, invece e al contrario, lavorano esclusivamente per mantenere i loro privilegi di casta e il loro pluridecennale sistema di potere ultra-corrotto e inefficace, pronti quindi a qualsiasi compromesso con Hamas. E l’unico a rimetterci, come succede da un secolo in qua segnato da disastrose leadership palestinesi, è il popolo della Cisgiordania e di Gaza.

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