«L’esperienza di Rio è stata magica, a Tokyo ho partecipato a distanza preparando tutto il programma, ma causa Covid non sono andato, questa di Parigi me la voglio proprio godere. È da un anno e mezzo che ci lavoro. Parigi è una città che fa parte della mia storia personale. Sono felice: Casa Italia sarà unica». Parola di Davide Oldani, che è arrivato nella capitale francese martedì scorso, per essere lo chef di Casa Italia.
Non una Casa Italia qualunque, non solo perché al Bois de Boulogne, parco iconico, ma soprattutto perché nelle sale in stile napoleonico di Le Pré Catelan nel 1894 Pierre de Coubertin brindò alla nascita dei giochi olimpici moderni. Libertà, uguaglianza e fratellanza erano i princìpi cui si ispirò il barone de «l’importante è partecipare», partendo da quei princìpi Casa Italia si chiamerà “Ensemble”. Ensemble rappresenterà l’arte, l’architettura, il design e naturalmente l’accoglienza.
Casa Italia, per tanti anni semplicemente un luogo dedicato all’ospitalità, dal 2016, quando bisognava promuovere la candidatura di Roma, che poi è tramontata, è diventata un centro di promozione del sistema Paese Italia. Su questo filone si continua e l’accoglienza, che ci sta a cuore, è diventata ancora più importate, perché Casa Italia sarà ospite nei locali dove c’è il tre stelle Le Pré Catelan di Frédéric Anton, che chiuderà durante le Olimpiadi ma collaborerà con Davide Oldani: «Con Frédéric, allievo del grandissimo Joël Robuchon, ci conosciamo da tempo perché facciamo parte entrambi dell’associazione Le Grandes Tables du Monde, ma non avevamo mai collaborato così a contatto».
Naturalmente la cucina sarà italiana, ma un paio di piatti nel ristorante gourmet saranno opera del padrone di casa. Ci saranno due ristoranti, uno aperto a tutti gli ospiti accreditati, con duecento coperti, e uno (nelle sale del tre stelle, con trenta coperti) riservato a ospiti d’onore e cene a invito: una sala del sapore napoleonico, come tutta la struttura, ma con l’eleganza che contraddistingue un tre stelle francese.
Qui è stato il presidente Mattarella venerdì 26 luglio a pranzo per l’inaugurazione. Un menu cinque stelle, raccontato da Oldani stesso: «Zafferano e riso, Vitello all’olio Milano-Cortina con salsa tricolore, Frolla al Limone, Brigidini cioccolato e gianduia e caffè espresso».
Dicevamo cucina italiana, che viaggerà da Nord a Sud senza tralasciare alcuna regione, così come la scelta dei vini. La vicinanza con l’Italia, rispetto a Rio e Tokyo, semplifica di molto l’approvvigionamento dei prodotti, molti se li sono portati direttamente. Tutto è fatto in casa, a cominciare dal pane: «Faremo i pani tipici di ogni regione, a cominciare dal ferrarese, per continuare con il pugliese e il siciliano» racconta Oldani con una punta di orgoglio. Il menu cambierà almeno tre volte nell’arco dei diciassette giorni, come racconta lo chef: «Dalle trofie alle orecchiette, agli gnocchi, ai ravioli, le paste avranno naturalmente un ruolo in primo piano proprio nella loro caratterizzazione regionale, ma non mancherà la classica pasta trafilata al bronzo. Ci sarà la torta al limone di Capri, il gelato naturalmente, ma credo che la collaborazione con Anton mi darà sicuramente qualcosa. Cerco sempre di imparare, perché non si smette mai di imparare».
Ma come è nata la collaborazione tra lo chef lombardo bistellato e il Coni? «È tutta colpa di Expo: ho conosciuto Malagò nel 2015, a una tavola rotonda sullo sport, ricordo che c’era Albertini. È stata come una scintilla, Giovanni mi ha detto di andare a trovarlo a Roma. E così ho fatto. Abbiamo programmato subito l’organizzazione dei Rio, che ha avuto i suoi bei problemi. Ma che esperienza!».
La passione di Oldani per lo sport è nota, se non si fosse rotto una gamba forse avrebbe fatto il calciatore: era bravino, giocava già in serie C. Ma noi abbiamo conquistato uno chef di rilievo. E poi la nazionale di calcio alle Olimpiadi manca dal 2004, ad Atene, dove vinse un bronzo, ma da vent’anni non si qualifica. Insomma come calciatore ai giochi non ci sarebbe andato, come chef sì!
Lo stress in cucina ci sarà comunque: «Non è facile essere tranquilli, soprattutto lavorando con gli stranieri», ma quando dal Coni arriverà un biglietto non si farà pregare due volte, se il lavoro lo consentirà. «A Rio sono andato al Maracanã a vedere la cerimonia di apertura, mi vengono ancora i brividi a pensarci. Ho conosciuto Gianmarco Tamberi, che allora aveva la gamba ingessata, ho visto Gregorio Paltrinieri, che poi è venuto a mangiare al D’O, ho incontrato Federica Pellegrini. Mi piace stare in mezzo agli atleti. Qui non so cosa riuscirò a vedere, Bois de Boulogne è vicino al Roland-Garros, peccato che Sinner abbia dato forfait».