Ieri, lunedì 29 luglio, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è recato a Majdal Shams, la cittadina drusa sulle alture del Golan colpita sabato pomeriggio da un attacco – responsabile di dodici decessi e decine di feriti – attribuito al gruppo paramilitare libanese Hezbollah (sostenuto dall’Iran).
«La risposta arriverà e sarà dura», recita una dichiarazione del premier rilasciata dal suo ufficio stampa dopo la visita. Israele ha riunito il gabinetto di guerra, mentre l’esercito, nella notte tra sabato e domenica, ha colpito con dei droni sette località libanesi. «Hezbollah pagherà un prezzo per questo, le nostre azioni parleranno. Faremo di tutto per ripristinare la sicurezza e lasciare che la vita continui come dovrebbe», ha detto il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant durante l’incontro con le famiglie delle vittime di Majdal Shams.
L’occidente teme quindi un’escalation militare tra le parti coinvolte. I Paesi europei, compresa l’Italia, stanno chiedendo ai loro cittadini di lasciare il Libano. Secondo il Foreign Office del Regno Unito la tensione potrebbe salire «con poco preavviso», mentre Rena Bitter, diplomatica presso l’ambasciata statunitense a Beirut, ha consigliato agli americani in Libano di «creare un piano d’azione di crisi e di andarsene prima che la situazione peggiori».
Da Lufthansa a Turkish Airlines, passando per Air France, Aegean Airlines, Ethiopian Air e Middle East Airlines, diverse compagnie aeree internazionali hanno cancellato i loro voli per Beirut e sono intenzionate a proseguire in questa direzione. La Royal Jordanian, scrive il Guardian, ha sospeso tutti i viaggi da e per il Libano «almeno» fino alla giornata di oggi, martedì 30 luglio. Lufthansa, in particolare, ha annunciato di aver bloccato cinque tratte da e per la capitale libanese fino al 5 agosto per «massima cautela», e le sue sussidiarie Swiss International Air Lines ed Eurowings sono intenzionate a fare lo stesso.
Secondo due alti funzionari israeliani, citati dall’agenzia Reuters, «Israele non vuole trascinare il Medio Oriente in una guerra totale». Tuttavia, il Paese vuole comunque «danneggiare Hezbollah» e si sta preparando a «giorni di combattimenti» in seguito all’attacco di sabato al campo da calcio a Majdal Shams. «La nostra risposta non porterà a una guerra totale. Non sarebbe nel nostro interesse a questo punto», ha detto a Reuters una fonte diplomatica. Nel frattempo, gli Stati Uniti starebbero guidando un’azione diplomatica per impedire all’esercito di Israele di colpire la capitale libanese e le infrastrutture civili.
Sono giorni concitati anche per Antonio Tajani, ministro degli Esteri del governo Meloni, che ieri ha avuto colloqui telefonici con gli omologhi israeliani e libanesi, Israel Katz e Abdallah Bou Habib: «Al Ministro Katz ho espresso il profondo cordoglio del governo per il vile attacco a Majdal Shams, che ha tragicamente strappato la vita a giovani innocenti. Condanniamo con la più grande fermezza la violenza contro i civili. Al Ministro Bou Habib ho confermato l’impegno del governo italiano a fianco delle istituzioni libanesi, la cui stabilità è chiave per tutta la regione. Siamo impegnati a sostenere le forze armate libanesi, a livello bilaterale e multilaterale, favorendo un programma di aiuto internazionale che possa permetterne un rafforzamento e un miglior equipaggiamento. Interrompere la spirale di violenza è possibile e occorre farlo ora. Bisogna assolutamente evitare una nuova guerra. Proseguire e allargare il conflitto non conviene a nessuno», ha detto il leader di Forza Italia.