Per arrivare a Ulefoss bisogna percorrere la superstrada E134 da Oslo per circa un paio d’ore e, al termine di alcuni tornanti, si arriva alla sede amministrativa del comune di Nome, che raggruppa i piccoli centri che circondano l’omonimo lago e costeggiano il suo gemello più grande, il Norsjø.
Un posto immerso nella natura, relativamente anonimo, con la vita tranquilla che caratterizza i tipici villaggi della Norvegia rurale. Eppure, proprio nei boschi immediatamente a est di Ulefoss, si può decidere una fetta importante della geopolitica mondiale, ossia la partita legata ai minerali rari.
Tutto nasce dai detriti calcarei di un vulcano attivo oltre mezzo miliardo di anni fa. Nelle scorse settimane, è stata annunciata da parte della Rare Earths of Norway la scoperta di un giacimento, ritenuto fra i più ricchi al mondo, all’interno del Complesso di Fen, mentre la stessa valutazione era già stata fatta quasi un anno fa dalla Ree Minerals.
Analizzando i dati messi a disposizione da Rare Earths of Norway, emerge come questa scoperta possa rifornire ampiamente le importazioni europee di numerosi elementi utilizzati, ad esempio, nella produzione di lenti, laser, fibre ottiche e batterie, oltre a grandi quantità di Piombo, Uranio, Torio e Calcio. Questi elementi oggi sono prevalentemente importati dalla Cina, che secondo le ricerche catalizzerebbe il settanta per cento del commercio mondiale. Nell’ottica della transizione energetica, è decisiva la presenza di praseodimio e neodimio, utilizzati nella produzione di motori elettrici e turbine eoliche.
L’impatto globale di queste scoperte verrà alla luce solo nel corso degli anni, anche perché le prime stime indicano che, qualora dovesse avviarsi l’attività estrattiva, questa dovrebbe avvenire attorno al 2030. Nel comune di Nome, tuttavia, il dibattito su questa letterale miniera che non è d’oro, ma è comunque caratterizzata da minerali decisamente preziosi, è già partito e probabilmente la vita quotidiana dei suoi seimilacinquecento abitanti verrà almeno parzialmente scombussolata.
Ne ha parlato con Linkiesta Kirsti Arvesen Nesheim, responsabile del Coordinamento per il Complesso di Fen e per la Pianificazione urbana presso la municipalità di Nome. «Queste scoperte possono potenzialmente condurre a una attività estrattiva nel nostro comune», spiega Arvesen Nesheim, «chiaramente per quello che ci riguarda è un fenomeno molto importante. Da quello che abbiamo potuto verificare dalle aziende che si sono occupate delle stime, si tratta della principale fonte di approvvigionamento europea di terre rare. Abbiamo sospettato a lungo che questa ipotesi fosse corretta, ma adesso è stata confermata».
Cambierà radicalmente anche la vita quotidiana della municipalità: «Se inizieranno le attività estrattive, ci saranno grandi cambiamenti e molte cose dovranno essere pianificate, perchè dovrà essere tecnologicamente possibile lo sfruttamento del terreno, ma questo dovrà essere provato sostenibile dal punto di vista economico, sociale ed ambientale».
La decisione definitiva sull’apertura delle estrazioni, quindi, deve ancora arrivare: «Spetta al nostro comune e questo è un elemento che contraddistingue la Norvegia da molte altre realtà, qui sono le autorità più prossime al cittadino a prendere questa decisione e quindi questa spetterà all’amministrazione e dovrà essere approvata dal consiglio eletto dai cittadini. Poi sarà il compito dell’Agenzia per la gestione dei minerali ad assegnare le concessioni».
Secondo un’indagine locale, la stragrande maggioranza della popolazione locale è favorevole all’avvio delle estrazioni, nonostante la preoccupazione di alcuni cittadini che hanno ottenuto anche il palcoscenico della tv nazionale. «Sicuramente questo crea sia entusiasmo che preoccupazione», conclude la responsabile del coordinamento, «però posso dire che prendiamo la natura e l’ambiente sul serio e indagheremo su quali conseguenze potranno esserci, anche in rapporto alla nostra società, e abbiamo messo in chiaro che gli sviluppi dovranno portare benefici a tutta la comunità».
Gli step successivi sono già delineati dalle aziende che si sono occupate delle prime trivellazioni che hanno rivelato la portata del giacimento: entro la fine del 2024 verranno ultimati i lavori di perforazione della Rare Earths che culmineranno con la pubblicazione dello studio di fattibilità. Con l’obiettivo del 2030 come l’anno di avvio dell’attività estrattiva, il Fondo regionale per lo sviluppo del Telemark ha istituito un progetto pilota per formare professionalmente il personale locale, in collaborazione con le scuole di Nome.
Lo scorso 13 giugno, invece, è stata la volta della REE Minerals, che ha stipulato un accordo con la municipalità per l’individuazione dell’area in cui avviare i lavori, con la fase di pianificazione destinata a concludersi al più tardi entro il 2027.
Durante l’inverno, le autorità norvegesi avevano autorizzato anche l’estrazione di minerali rari dai fondali marini nella parte settentrionale dell’oceano Atlantico, fra l’arcipelago della Svalbard e l’isola di Jan Mayen, ma questo processo, seppur approvato a livello governativo, è vincolato dalla necessità di individuare le tecnologie necessarie per l’estrazione in profondità, compatibilmente con la sostenibilità ambientale. Il progetto di estrazione dai fondali marini ha attirato le critiche anche da parte della commissione europea per il possibile impatto negativo sull’ambiente.