Abbiamo parlato più di una volta di destination hotels, ovvero quei luoghi che a prescindere dalle dimensioni e dalla collocazione geografica, cercano di essere delle vere e proprie dimensioni parallele di ospitalità, buona cucina e relax. Questo concetto è andato mutando negli anni perché, come un po’ tutti i settori, sono cambiate le esigenze del turista, sono cambiate le modalità di trasporto, le possibilità di fare più o meno esperienze in un luogo e, necessariamente, è avvenuto un cambiamento anche per quel che riguarda le strutture.
Investire sulla proposta enogastronomica è diventato imprescindibile? Assolutamente sì. Se ne sono resi conto gli addetti ai lavori? E se così è stato, lo hanno fatto in un tempo conveniente? Su questo tema ci sarebbe ben più di un articolo da scrivere e ben più di un parere da annotare. Sicuramente, non è (stato) un processo veloce, indubbiamente mancano ancora molti passaggi e soprattutto, nella maggior parte dei casi, manca una visione. Sembra inspiegabile che in certe realtà, con un know how più che saldo e una direzione ben definita, vengano a mancare contenuti veri, diluiti nel tempo e coerenti con la realtà esistente.
Per un gruppo come Belmond, ad esempio, che senza eguali è un punto di riferimento – se non “il” punto di riferimento – per un modello personalizzato di ospitalità, costante e riproducibile no matter what, siamo ancora in una fase di transizione. Con tante idee, tanta progettualità, degli ottimi budget, ma un’identità gastronomica che non riesce – e non può – essere costante, ma che è indubbio stia cercando di ritrovarsi e definirsi. Abbiamo già parlato di quanto la scelta di un DAV, a Portofino, sia stata una delle decisioni migliori del gruppo in materia.
La formula italianissima, piaciona, mediterranea, riconoscibile e non senza qualche richiamo alla Liguria, è vincente sopra ogni altra. Senza rischiare di avere una proposta eccessivamente ambiziosa, selettiva ed economicamente poco sostenibile, per lo Splendido Mare la scelta è stata strategica da un punto di vista di gusto oltre che imprenditoriale. Con la riapertura dell’hotel Splendido, affacciato sulla baia, arriva una novità anche per lo chef Luca Orini, oggi al suo terzo anno nella struttura. La proposta del grill infatti si baserà come sempre sulla stagionalità e la prossimità della maggior parte degli ingredienti utilizzati, ma con la novità di una cucina a fuoco vivo per quanto riguarda la cena. Una serie di appuntamenti sono previsti nel corso dell’estate per riuscire a intrattenere gli ospiti con i soggiorni più lunghi e, come sempre, attirare pubblico nuovo.
Protagonista della prima serata dell’11 luglio, l’amato Jacopo Ticchi, di Trattoria da Lucio a Rimini. Nel giro di soli cinque anni, quest’insegna della Riviera è riuscita a trasportare pubblico e settore verso un approccio sempre più verticale, onnicomprensivo, e analitico della cucina di mare. L’esperienza completa la si può fare solo in sede, a casa di Jacopo, ma per avere una preview non potrebbe esserci terrazza migliore che quella dello Splendido.
Diversa invece è la situazione per lo storico Cipriani Hotel di Venezia. Dopo il veloce sorgere e tramontare per Riccardo Canella nel fine dining Oro, è la volta di una mano femminile. La nuova stagione 2024 è stata affidata a Vania Ghedini, per diversi anni volto di Sesamo, il ristorante by Alajmo all’interno del Royal Mansour di Marrakech. La Ghedini sarà affiancata niente meno che da Massimo Bottura, in qualità di direttore creativo. Seppur è vero che nessuna sfida per Bottura è impossibile, è altrettanto constatato che l’offerta enogastronomica del Belmond Cipriani è complessa e la clientela, un terno al lotto.
Che cosa ne deduciamo? La volontà di arrivare a una soluzione di successo e sine qua non, per un ristorante gioiello, all’interno di una delle destinazioni più richieste del gruppo. Trovare l’equilibrio corretto e la persona che, con entusiasmo, passione e forma mentis, sia in grado di mettere in fila tanti tasselli di uno stesso puzzle è la sfida più grande. Non a caso l’esperienza, la guida e il peso di un Bottura saranno sicuramente di aiuto e speriamo, determinanti, per un cambiamento.
Anche in Sardegna, nel lussuoso e nuovo 7Pines Resort, la proposta food a bordo piscina è passata quest’anno, per la prima volta, al leggendario Franco Pepe. Dopo un inizio in sordina, con una proposta di quelle agili e «ideali per una pausa pranzo leggera», l’executive chef Pasquale d’Ambrosio ha creato un menu in collaborazione con uno dei migliori maestri internazionali della pizza. Un incontro inaspettato, ma delizioso, tra Casertano e Sardegna, che farà felici molti degli ospiti nazionali e internazionali.
Grandi cambiamenti anche per un’altra realtà veneziana, dove una delle proprietà VRetreats, il Ca’ Di Dio Hotel, si è conquistata la presenza di un porto sicuro come quello di Luigi Lionetti. Dopo diciotto anni trascorsi a casa, a Capri, lo chef ha lasciato il ristorante Le Monzù dello scenico Punta Tragara per una nuova, e totalmente inaspettata, destinazione. Giovane, entusiasta, con un sorriso pronto per tutti, Lionetti sta progressivamente prendendo confidenza con la Laguna e le sue dinamiche. Speriamo di andarlo presto a trovare per potervelo raccontare con più dettagli.
Periodo intenso anche per Viviana Varese, la chef salentina che ha da poco abbandonato la sua location storica di Piazza XXV Aprile a Milano, all’interno di Eataly, per spostarsi come executive presso Passalacqua Lake di Como. L’hotel, premiato come migliore hotel al mondo per la classifica 50Best Hotels (ma con solo una Chiave Michelin), ha scelto di puntare su di una proposta nuovamente italiana, golosa e generosa come solo la cucina di Viviana riesce ad essere. Un menu con piatti eleganti e puliti, senza il rischio di diventare ruffiani e pensati per un pubblico che in prevalenza è oggi straniero.
La volontà è quella di aprire sempre di più le porte delle strutture, farsi conoscere ai locali, agli italiani, agli amanti del bello e del dettaglio a prescindere dal loro essere di zona o meno, esperti o meno, giovani o meno. Sempre lei, in Sicilia, ha abbracciato il progetto del Resort Country House di Villadorata, struttura rurale di fine Ottocento, con anche azienda agricola e ventitré ettari di uliveti, mandorleti e agrumeti. Siamo nella Val di Noto, immersi nelle colline, e con un territorio carico di prodotti, storie, persone da raccontare e gustare.
Non c’è geografica che tenga, non ci sono confini da rispettare per cautela. La ristorazione negli hotel è tutto un altro affare, un altro lavoro, un altro commitment.