Sogni di territorioIl Brite di Cortina compie vent’anni

È l’occasione per ripercorrere le tappe di questo progetto familiare ancora prima che imprenditoriale, che parte dalla valorizzazione delle caratteristiche del luogo e arriva a conquistare due stelle Michelin, una rossa e una verde, che premiano l’impegno legato alla sostenibilità a Cortina, un imperativo categorico per Ludovica e Riccardo, i due autori della rivoluzione gustosa e verde

Ci sono ottanta mucche, ma anche asini, capre, galline, e t-shirt ricamate. Ci sono fiori che decorano il soffitto, e burro appoggiato su pietre dolomitiche. Ci sono un orto curato con gli insetti e un ufficio marketing che dialoga con un social media manager. C’è la storia che dialoga con il contemporaneo, e il presente che ha deciso di far evolvere il passato.

Ci sono due anime gemelle, qui, che hanno colto l’opportunità di esprimere il loro potenziale e di metterlo al servizio del progetto, che vale a prescindere, che conta più di tutto, e che guida ogni scelta.

Arrivare al Brite da Cortina vuol dire abbandonare, tornante dopo tornante, una cittadina alpina brulicante di turisti e di hotel, di case e di negozi, di anni ’80 e di vacanze di Natale di memoria cinematografia, oggi anche di cantieri olimpici, e di arrivare a prati verdi dove pascolano libere le mucche, dove le capre cercano l’ombra, le galline scorrazzano libere e i gattini presidiano le stalle dei maiali, e fuori i larici ombreggiano il pascolo all’ombra delle Dolomiti. È tutto come in una favola, è tutto al posto giusto, sembra disegnato, e infatti per certi versi lo è. Perchè in questo fienile del 1930 con l’arrivo del padre di Riccardo Gaspari, l’attuale proprietario, questo ecosistema nel quale gli animali costruivano un mondo completo e autosostenibile era già di fatto la regola. Ma tutto acquisisce un senso con l’arrivo di Riccardo e di Ludovica Rubbini, che da giovane vacanziera si è innamorata del luogo e da giovane donna ha deciso di abbandonare la sua Bologna per costruire un futuro fatto di panorami, di respiro libero e di prospettiva. 

È qui che insieme a Riccardo ha capito che la trasformazione del latte, ma anche delle carni, poteva avvenire anche per sostenere un sistema di ristorazione avanzato, che partisse dalle solide basi costruite dal suocero e diventasse un ecosistema moderno per far avvicinare le persone alla montagna, ai suoi ritmi, alle sue dinamiche e ai suoi bisogni. Portare qui persone e sensibilizzarle al tema del rispetto, costruire una narrazione adeguata, non inventare ma mettere a valore quello che per loro era evidente e quotidiano: un luogo da preservare e da custodire, e da lasciare migliore di come era stato trovato. Avrebbero potuto farlo con una malga, avrebbero potuto accontentarsi di trasformare il latte e rivendere il formaggio, e invece hanno deciso di dedicarsi anima e corpo alla costruzione di un sogno, loro e della comunità.

Ed è grazie a questo sogno che arriva prima il Brite, dove assaporare una cucina di tradizione ma con tanta attenzione al dettaglio, ai sapori, agli ingredienti e al servizio. E poi il San Brite, poche curve più giù, dove Riccardo perfeziona la sua cucina che arriva immediata ed elegante, e conquista prima la stella Michelin e poi la stella verde, testimone del loro impegno verso la durabilità del loro lavoro.

Che parte dalla stalla, arriva al caseificio, passa per il laboratorio di pasta fresca e si interseca saldamente con l’orto a fianco al ristorante, che diventa negli ultimi anni il fulcro del pensiero su cui Riccardo si concentra, con l’aiuto di Ludovico, giovane e promettente filosofo prestato alla cura del vegetale, che ha un approccio olistico e metodico all’orto, e lo cura con costanza e determinazione, per dare alla cucina tutto quello che necessita, ruotando le colture e cogliendo solo quello che serve, e solo quando serve, e lavorando a stretto contatto con lo chef per fare una pianificazione efficace della produzione. Certo, nulla può essere lasciato al caso, tutto è ben programmato, e la carta del ristorante diventa a mano libera per lo chef, che ha un menu che gli permette di cambiare a seconda del variare delle stagioni e delle maturazioni.

Zero sprechi, nessuna improvvisazione: i cicli della natura che vengono integrati nella strategia aziendale, così che tutto sia parte dell’ecosistema perfetto immaginato all’origine e perfezionato dalle nuove generazioni. 

Il risultato nel piatto è stupefacente, perché pur restituendo sapori conosciuti lascia il palato emozionato, fa balenare idee, accende sensazioni nuove. E guardando questo ragazzone energico, dallo sguardo sognante e dal pensiero libero, che parla di pascoli e di formaggi, di colleghi e di visioni, che nasconde la fatica dietro a un velo di malinconia bella, non ci si può che entusiasmare per quel che dal suo pensiero e dalle sue mani arriva fino al nostro tavolo in sala. 

Ed è proprio qui che scatta la seconda magia, quella che – guardandola da fuori – emoziona e commuove, per la competenza e allo stesso tempo il trasporto che Ludovica mette in ogni suo gesto di accoglienza. Vederla lavorare qui è la prova del valore del talento: la naturale vocazione allo stare in sala, il tono, la voce, il sorriso, la determinazione sono così palesi che tutto diventa fluido e “normale”, quando invece è costruzione lenta e costante, ed espressione perfetta di un lavoro che non fa sconti. Qui si sta bene, e non è affatto un caso. 

Intorno a tutto, la voglia di condividere quello che qui avviene ogni giorno con il mondo: l’universo Brite viaggia veloce sui social network, costruisce eventi di grande spessore e impatto, produce contenuti che hanno l’unico obiettivo di far conoscere meglio il sistema da preservare a cui Ludovica e Riccardo si ispirano quotidianamente. «Se un manager controllasse i conti, forse ci direbbe di tenere solo il ristorante stellato…» dice a un certo punto Ludovica guardando l’orizzonte. Poi guarda Riccardo, sorridono insieme e all’unisono esclamano: «Ma non sarebbe mai la stessa cosa». Nemmeno per noi che questo universo sfioriamo solo per qualche giorno, innamorandoci di ogni prato e di ogni fiore, di ogni morso di pane caldo cosparso di burro e di ogni piatto che ci ha raccontato un sogno diventato boccone prezioso e narrazione di un territorio. 

Agriturismo El Brite de Larieto
località Alverà (260,61 km)
Cortina d’Ampezzo

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