Ad alcuni autorevoli interlocutori, Giorgia Meloni ha detto che Ursula von der Leyen sapeva benissimo che la presidente del Consiglio italiana le avrebbe votato contro: era tutto concordato. Mah. I fatti dicono il contrario.
In realtà Bruxelles vede Roma allontanarsi giorno dopo giorno – e vedremo se in qualche modo ne farà le spese il buon Raffaele Fitto, designato ieri per una carica nella Commissione europea. L’Italia, compagna di strada dell’Ungheria, non vuole morire per Kursk e nemmeno per Kharkiv, i cui palazzi civili ieri sono stati colpiti da missili russi.
Lo hanno capito tutti. Von der Leyen ieri ha attaccato il governo di Budapest parlando a quello di Meloni: «Coloro che sostengono l’interruzione del sostegno all’Ucraina non sostengono la pace: sostengono l’acquiescenza e la sottomissione dell’Ucraina». Un ceffone in faccia al governo italiano i cui leader più o meno nelle stesse ore confermavano il no alla controffensiva ucraina in Russia grazie all’uso offensivo delle armi.
C’è stato un pasticcio di notte, ma in realtà tra Meloni, Salvini e Tajani non c’è una sostanziale divergenza su questo punto. Certo, la Lega vorrebbe che il tendenziale disimpegno a fianco di Kyjiv venisse messo nero su bianco, magari fino a prefigurare il no a ulteriori invii di armamenti, mentre la premier e il pallido ministro degli Esteri preferiscono “troncare, sopire” in attesa che la vicenda si risolva in qualche modo da sé (cioè con una “pace” che in realtà sarebbe una resa).
C’è in tutto questo una sorprendente specularità con le posizioni delle opposizioni: nemmeno il Pd vuole morire per Kursk ma, esattamente come Meloni e Tajani, ribadisce un impegno nella causa ucraina però senza esagerare, attendendo gli sviluppi della situazione, mentre il M5s, proprio come l’ex alleato leghista.
Matteo Salvini è netto: basta con gli aiuti. In questo penoso gioco delle parti perdono credibità tutti, e la cosa è più grave per il governo, ovviamente, che dovrebbe rispettare le indicazioni dell’Europa e del G7 che presiede.
Il Pd ha affidato alla capogruppo Chiara Braga una sbrigativa nota in cui si chiede quale sia la linea del governo, una nota che sarebbe stata più forte se avesse chiarito qual è quella del Pd.
Ma nel gioco delle parti si dice e non dice, si afferma e si nega, si fa e si disfa. La cosa importante è non morire per Kursk o Kharkiv, hai visto mai che l’Italia possa fare una figura dignitosa e emanciparsi dalla vergognosa pagina dell’8 settembre.