Il microcosmo del distributore di benzina mi ha sempre ispirato molta curiosità: con margini di guadagno ogni anno più striminziti, non sarebbe il caso di inventarsi qualcosa? Ci hanno provato, per la verità, a cominciare dall’autolavaggio, officina, gommista e poi anche bar, drugstore, la ricarica di tessere telefoniche, i giornali e via dicendo. E poi tutto l’universo delle promozioni: oggi non esistono più (spero) i famigerati bollini, ma le tessere o le raccolte punti online funzionano per fidelizzare la clientela? Qualcuno mi risponda, c’è qualcuno tra voi che ne trae beneficio?
Personalmente sono molto più intrigato dalla relazione umana: il mio benzinaio, ogni volta che mi vede, mi espone la sua personale classifica di gradimento dei video che ho pubblicato durante la settimana. Poi vorrebbe anche commentarli con me, ma lo ammetto, faccio benzina sempre un po’ nervosamente. Non credo di mostrare il meglio di me alla stazione di servizio. Sarà che mi piacerebbe prenderne in gestione una per dimostrare che anche quel non luogo può essere trasformato in un canale. Sì, in un medium: ci si è avvicinato Rosario Fiorello con la sua rassegna stampa (almeno inizialmente) in diretta dal bar di un distributore.
Si può fare ancora di più, non so, immaginate uno storytelling per il tempo di un pieno di benzina, sedute di meditazione durante il lavaggio, spazi per incontri d’affari, pagamento di bollette (restando a bordo, però), sportello di assistenza fiscale e chi più ne ha più ne metta… E invece no. Le stazioni di servizio sono luoghi generalmente abbandonati all’incuria: sono l’unico che si intrippa per i cartelli esposti nell’area di servizio? Sapete che ho una fissazione per i cartelli, ma dal benzinaio sembrano tutti improvvisati, mai con lo stesso carattere, talvolta sbiaditi, illeggibili. Ora non vorrei offendere il mio follower benzinaio (o benzinaia) e certo non vagheggio americanate tipo il sexy car wash, ma un po’ di marketing, sotto la pensilina, mi metterebbe di buon umore. […] Non so se ci avete pensato, ma già il fatto di definirsi «stazione di servizio» è un tentativo di comunicare che lì venga offerto un valore, oltre al rifornimento di una commodity per definizione, il carburante.
Gli automobilisti sanno che la benzina e il gasolio sono equivalenti, quale che sia il brand della stazione. E quanto poco sia il contributo del brand è stato reso palpabile proprio dall’apparizione delle stazioni unbranded, le pompe bianche citate sopra, che devono vincere la ritrosia degli automobilisti a mettere nel serbatoio liquidi che non siano garantiti da una marca nota. Come ha scritto Pierluigi Del Viscovo, grande esperto di marketing con un focus sul mondo delle auto, resta la domanda se ci siano leve da muovere e come. Dovremmo forse prendere atto del fatto che offrire nuovi servizi all’automobilista non è facile: il titolare della pompa non è un gestore di bar/ristorazione o di negozio; una stazione ha degli spazi pensati per fermate brevi e veloci, più che per la sosta. Siamo quindi destinati a sprecare questo canale, questa occasione di interazione con il consumatore?
(…) Come ormai sappiamo bene, prevenire è meglio che curare, quindi quando la nostra auto ha bisogno di assistenza, meglio agire con calma. In pratica, salvo trovarci in una situazione di emergenza, prendetevi il vostro tempo per scegliere l’artigiano a cui affidarvi e, soprattutto, non dimenticatevi mai di farvi fare un preventivo scritto. Ricordiamo che è nostro sacrosanto diritto essere informati in maniera chiara e comprensibile sul tipo di intervento, sul prezzo della riparazione e anche su eventuali supplementi dovuti in corso d’opera per modifiche non contemplate nel preventivo originario. Mi rendo conto che con il meccanico o il carrozziere abbiamo spesso un rapporto di conoscenza e quindi non è facile essere formali, ma vi assicuro che senza «pezze di appoggio» è poi davvero difficile offrire tutela al cliente deluso.
A quel punto anche la relazione umana andrà a farsi benedire, quindi meglio essere previdenti e mettere per iscritto i nostri desiderata (può bastare anche solo uno scambio di email). Patti chiari, amicizia lunga! Se ci pensate, non c’è nulla di male, alla consegna del mezzo, nel richiedere un documento che attesti la data di restituzione del veicolo. Se dall’altra parte trovate qualcuno che vi giudica troppo cavillosi per questo e tronca la conversazione con una bella pacca sulla spalla, qualcosa mi dice che non è un buon inizio! Anzi, il mio consiglio, quando lasciate il veicolo, è quello di dedicare un po’ di attenzione a verificare lo stato della vettura e magari annotare il chilometraggio.