Unfinished businessL’andamento dell’economia influenzerà le probabilità di vittoria di Kamala Harris

Nonostante un leggero vantaggio su Trump nei sondaggi, la candidata democratica deve fare i conti con un elettorato preoccupato dall’inflazione. I valori economici degli Stati Uniti sono buoni, ma gli elettori hanno la memoria corta

AP/Lapresse

Dopo aver abituato il mondo intero a tassi di crescita impareggiabili, l’economia statunitense ora sembra rallentare. Il mercato del lavoro infatti va peggio delle aspettative: il tasso di disoccupazione è tornato a crescere lentamente, arrivando al 4,3 per cento a luglio, un livello che non veniva raggiunto dal 2021. Allo stesso tempo anche i dati sull’occupazione sono deludenti. A luglio sono stati creati centoquattordicimila nuovi posti di lavoro, una delle cifre più basse degli ultimi anni, se consideriamo che nel luglio 2023 i nuovi posti di lavoro erano centottantaquattromila. A questo si aggiunge la graduale crescita dei tassi di interesse della Federal Reserve, la banca centrale statunitense, per contenere l’aumento dei prezzi. Contro ogni previsione, il Pil risulta invece essere in espansione, con una crescita stimata oltre il due per cento, e i guadagni medi dei lavoratori sono più alti del 9,4 per cento rispetto a quando gli americani hanno votato nel 2016. 

Nonostante lo scenario della recessione temuta da molti appaia improbabile, secondo l’Economist questi dati non sono comunque una buona notizia per Kamala Harris. Se gli elettori dovessero incolparla di una performance economica deludente nei prossimi novanta giorni, probabilmente si giocherebbe la corsa alla Casa Bianca. In generale, gli elettori hanno dato una valutazione non troppo positiva alla gestione economica dell’attuale governo democratico. I prezzi sono quasi il venti per cento più alti rispetto a quando Joe Biden è entrato in carica e, seppur in calo, l’inflazione continua a rappresentare uno dei maggiori problemi per i consumatori. 

Gli studi ci dicono che gli elettori danno un peso maggiore agli eventi economici recenti. Questo significa che l’andamento dell’economia nel periodo precedente alle elezioni è quello che influisce di più sul risultato. Capiamo quindi che la situazione che  Harris sta ereditando da Biden non è particolarmente favorevole. 

Tuttavia, un sondaggio condotto dal Financial Times insieme alla Ross School of business dell’Università del Michigan mostra che il quarantadue per cento degli elettori si fida più di Kamala Harris in materia economica rispetto al quarantuno per cento che invece ha fiducia in Trump. Harris, infatti, sembra cavarsela meglio del suo presidente in termini di apprezzamento anche rispetto al lavoro svolto in veste di vicepresidente. Questo, però, non significa che i democratici possano stare tranquilli e, anzi, secondo le statistiche il sessanta per cento degli intervistati ritiene che Harris «dovrebbe rompere completamente con le politiche del presidente uscente o apportare dei cambiamenti significativi». Harris deve infatti fare i conti con un diffuso malcontento in un elettorato che potrebbe ancora scegliere di puntare su Trump che, nel frattempo, continua a criticare pesantemente il governo Biden per la gestione dell’inflazione.

Erik Gordon, professore all’Università del Michigan, commentando i risultati del sondaggio ha detto: «Il sondaggio è una buona notizia per i democratici preoccupati, ma le loro ansie non sono finite perché gli elettori si vedono ancora meglio con Trump come presidente, e la maggior parte di essi pensa prima ai propri interessi e poi alle grandi questioni di politica».

Kamala Harris sembra essere cosciente di questi timori e ce la sta mettendo tutta a convincere gli americani più dubbiosi che l’economia è in gran forma, come dimostra il messaggio lanciato durante il comizio a Philadelphia che ha dato il via alla campagna elettorale negli swing states. Per la prima volta insieme al candidato alla vicepresidenza Tim Walz, Harris ha sottolineato che l’economia americana è la più forte del mondo e che il Paese rimane un luogo in cui chi lavora sodo può progredire. «Lottiamo per un futuro in cui costruiamo un’economia diffusa, dove ogni americano ha l’opportunità di possedere una casa, avviare un’impresa e costruire ricchezza», ha detto Harris. Ma puntare la campagna elettorale sull’economia non è necessariamente la carta vincente neanche dove l’elettorato è diviso tra due candidati.

Per fare un esempio, nella città di Bethlehem, nella contea di Northampton, l’economia è andata forte indipendentemente dal fatto che alla Casa Bianca ci fossero i Repubblicani o i Democratici. «Il tasso di disoccupazione nell’area di Be– scrive l’Economist – è sceso durante la maggior parte della presidenza di Obama e di Trump, ed è sceso ancora di più sotto Biden con la fine della pandemia. E i redditi sono aumentati, crescendo circa del venti per cento nell’ultimo anno». Michael Woodland, proprietario di un franchising di insegne pubblicitarie nella contea, ha detto inoltre che secondo lui i fattori che influiscono maggiormente sulle elezioni sono personali e culturali, piuttosto che economici.

In campagna elettorale, la visione dell’economia di Kamala Harris è in gran parte allineata a quella di Biden, ma già il lavoro svolto alla vicepresidenza evidenzia un distacco in termini di priorità. La candidata democratica è infatti sempre stata una fervente sostenitrice delle politiche rivolte a famiglie e donne lavoratrici con bambini e nel 2021 si era battuta per l’inserimento nell’agenda economica di un programma di assistenza all’infanzia a prezzi accessibili, senza però portare a casa l’approvazione del Congresso. A questo si aggiunge l’altra questione chiave, ovvero il sostegno a piccole imprese, specialmente quelle di proprietà di donne o minoranze. Sembra quindi che Harris abbia qualche conto in sospeso, o unfinished business, come direbbero gli americani. Puntare su queste priorità rappresenterebbe una svolta nella campagna elettorale rispetto al programma del presidente uscente. 

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