Petrolio a caro prezzoLa rincorsa alle materie prime in cui l’Europa è già in ritardo

Nel loro ultimo libro “Le mappe del tesoro” (Hoepli Editore), Paolo Gila e Maurizio Mazziero disegnano un atlante geopolitico che racconta i processi di produzione ed estrazione delle risorse naturali più contese a livello globale

Estrazione del litio
Associated Press/LaPresse

Che siano tempi di pace o tempi di guerra, i prossimi anni vedranno la crescita del ruolo economico e politico di alcuni nuovi Paesi sulla scena internazionale. Il processo è già in corso e la Cina è uno tra i più importanti motori di un cambiamento epocale, che coinvolgerà nazioni, imprese, società. Dopo l’ingresso avvenuto nel 2001 nel Wto (World Trade Organization, l’organizzazione mondiale del commercio), Pechino ha allargato la sua sfera d’influenza sui mercati e a livello delle istituzioni mondiali, lasciando intravedere una visione alternativa al modello di globalizzazione che gli Stati Uniti e l’Occidente stanno promuovendo a livello commerciale, tecnologico e finanziario.

Il Dragone, insieme alla Russia, è il principale artefice di una concezione multipolare del mondo, rafforzata attraverso i Brics, che dai cinque Stati iniziali (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) dal primo gennaio 2024 si sono allargati a dieci, con la presenza di altri cinque Paesi molto importanti, come Arabia Saudita, Iran, Egitto, Etiopia, Emirati Arabi Uniti.

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In questo contesto, possono e devono essere inquadrate le tensioni geopolitiche internazionali, che in alcune zone di faglia sono recentemente sfociate in conflitti aperti, come in Ucraina e in Medio Oriente. Dopo l’attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre 2023, è scoppiato un conflitto armato che, oltre alla sicurezza e alla pace, pone in discussione molti punti, tra cui lo sfruttamento dei ricchi giacimenti di gas naturale in zona marittima al largo della striscia di Gaza in acque territoriali palestinesi, a testimonianza che lo scontro potrebbe avere anche obiettivi economici.

L’Ordine mondiale attuale, che è stato disegnato settant’anni fa, dopo la vittoria degli Alleati sul Nazismo, si sta modificando, anche perché il baricentro dell’economia e della ricchezza si sta spostando verso Oriente, dove si concentra la quota più consistente delle attività produttive, manifatturiere e tecnologiche. E l’Europa?

Nel pieno dell’estate 2023, i colpi di stato in alcuni Paesi africani e le tensioni che ne sono derivate hanno contribuito a produrre conseguenze di vasta portata sull’economia europea. Il golpe in Niger, per esempio, ha imposto una riflessione sulla disponibilità di uranio. Per alimentare le sue cinquantasei centrali nucleari, la Francia ha – ma, forse è meglio precisare, aveva – nelle miniere nigerine la fonte principale di questa materia prima, il cui prezzo è quasi decuplicato a seguito del repentino cambio di governo.

Il territorio del Niger è anche un importante area di scambio del petrolio nigeriano, diretto verso il nord Africa e verso le industrie europee, sempre più desiderose di nuove alleanze dopo la perdita della sponda russa a seguito delle restrizioni per la guerra in Ucraina. Questo esempio è sintomatico di come la trasformazione politica di un Paese possa generare nuove questioni, le cui conseguenze si potranno valutare solo nel corso dei prossimi anni.

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L’Europa non possiede rame, gomma naturale, petrolio, gas, titanio, uranio, Terre rare, e ha scarse risorse di tungsteno, fosforo, alluminio, manganese, cobalto. Tutte materie prime che in Europa giungono, per la maggior parte, da altre regioni del pianeta. I Brics, che raccolgono i Paesi emergenti e in via di sviluppo, rappresentano anche gli interessi dei Paesi più poveri, che invece possiedono materie prime, ma che vedono nell’Occidente una mano predatrice.

In quest’ottica dev’essere compresa anche la dichiarazione provocatoria lanciata nell’aprile del 2023 dal presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, che vorrebbe la de-dollarizzazione dei mercati. Un obiettivo al momento utopico, ma che raccoglie un mite e diffuso consenso tra coloro che si considerano al di fuori dei giochi mondiali e che invece vorrebbero contare di più, magari con una nuova moneta condivisa proprio dai Paesi che aderiscono ai BRICS o che a loro agganciano le proprie economie.

In questo contesto si comprende anche l’annuncio che il presidente russo Vladimir Putin ha fatto nel mese di gennaio 2024, quando ha proposto la nascita di una Borsa granaria a Mosca, per trattare i prezzi e i volumi delle compravendite di cereali con pagamenti nelle valute dei Brics, per rafforzarne la coesione e per creare un circuito alternativo all’uso del dollaro.

Dietro le quinte di queste trasformazioni si muove silenziosamente la Cina, che ha la maggior produzione e il controllo delle Terre rare, con cui anche l’Europa è chiamata a confrontarsi per la transizione ecologica ed energetica. La Cina consuma il quaranta per cento del gas e del petrolio mondiale, il settanta per cento del carbone, l’ottanta per cento del platino e dell’alluminio, oltre al cinquanta per cento del rame e al settanta per cento del palladio. Sono numeri imponenti, che si sovrappongono alla quantità e alle percentuali delle analoghe scorte accumulate nei magazzini delle industrie cinesi per mantenere il primato di fabbrica del mondo.

In questo contesto, gli scontri in Ucraina e in Medio Oriente inaspriscono il clima degli accordi e influenzano gli animi degli operatori in diverse nazioni, soprattutto quelle che vorrebbero ridimensionare il ruolo e la potenza degli Stati Uniti e dell’Occidente.

Per forzare la mano e raggiungere i loro scopi, i Brics – e tutti coloro che si considerano non allineati con le scelte atlantiche – potrebbero prima o poi promuovere iniziative pericolose, come ridurre sensibilmente, o bloccare, la fornitura di materie prime, al fine di costringere i Paesi più sviluppati a una serie di negoziati per alzare i prezzi, oppure per indurli a lunghi contenziosi e infiacchire la concorrenza occidentale. In caso di forti tensioni e impedimenti, si potrebbero generare conflitti aperti tra le parti in gioco, come paventano alcuni analisti e come stiamo già osservando in diverse zone calde del mondo.

Sullo sfondo e lungo l’asse della storia, c’è anche un altro fattore che è in grado di influenzare strategicamente i rapporti internazionali: quello demografico. Da qui al 2050 alcune aree del pianeta conosceranno crescite esplosive di popolazione. Già oggi l’India ha superato la Cina per numero di abitanti. Insieme le due nazioni contano poco meno di tre miliardi di individui, che devono essere sfamati, vestiti, riscaldati…

Anche per queste ragioni le materie prime sono tornate a essere di fondamentale importanza, perché sono la vera fonte di ricchezza futura, ma queste ultime potrebbero anche diventare sempre più scarse. Innanzitutto, dove si trovano? Lo sguardo è rivolto alla terra, e con essa alle mappe geografiche delle risorse naturali, a ciò che costituisce la base di ogni produzione agricola, tessile, energetica, industriale. Da qui l’interesse per scoprire e studiare dove si celano questi tesori, per comprendere come meglio agire e continuare a fruirne nei prossimi anni.

Tratto da “Le mappe del tesoro” (Hoepli Editore) di Paolo Gila e Maurizio Mazziero, pp.208, 22,90€

 

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