Quesiti linguisticiL’«overtourism» spiegato dall’Accademia della Crusca

È diverso dalla «turistificazione», che indica l’insieme delle trasformazioni innescate dall’incremento dei flussi turistici. Ma non è neanche sinonimo di «turismo di massa». Il termine inglese compare per la prima volta nel 2002

(Unsplash)

Tratto dall’Accademia della Crusca

Overtourism, già registrato nella sezione Neologismi 2023 del Vocabolario Treccani, è stato inserito nel Devoto-Oli online e nello Zingarelli 2025 come anglismo entrato in italiano nel 2017 con il significato di ‘sovraffollamento di una località a seguito di un eccessivo afflusso di turisti, che crea disagi ai residenti e ai turisti stessi’ e conta, nelle pagine in italiano di Google, ben 118.000 risultati (ricerche del 4/6/2024). In vari àmbiti, da quello turistico a quello linguistico, ne sono state proposte varie alternative: l’“ibrido” overturismo (formato dal prefisso inglese over- e dalla parola italiana turismo, che però raggiunge solo 1.960 r.), i traducenti sovra(-)turismo (916 r. in tutto tra forma con e senza trattino, diffuso soprattutto negli studi di ambito accademico accanto al prestito integrale) e iperturismo (6.450 r.). Il fatto che nessuna di queste parole sia registrata dai vocabolari contemporanei, insieme ai dati numerici appena indicati, lascia supporre che il termine overtourism sia oramai entrato nel lessico italiano, aiutato senz’altro dalla crescente attenzione prestata al fenomeno che designa. Infatti, eccezion fatta per il periodo pandemico, che ha drasticamente ridotto gli spostamenti nazionali e internazionali, il flusso turistico negli ultimi anni ha registrato un incremento notevole, con un aumento annuale del 5%, secondo una stima dell’UNWTO (Organizzazione Mondiale del Turismo), favorito dai voli low cost, dalla possibilità di pianificare i viaggi tramite applicazioni e social network, dalle agevolazioni negli affitti proposte da piattaforme a basso costo, dalle traversate crocieristiche. L’Italia in particolare è diventata una destinazione ambita dai turisti stranieri e Venezia, emblema dell’overtourism a livello internazionale, costituisce anche l’oggetto di studio in numerosi articoli scientifici e tesi di laurea.

Semantica: i confini dell’overtourism
È bene anzitutto operare una distinzione tra overtourism e turistificazione, termine già trattato nella sezione “Parole Nuove” e in un articolo in cui si era accennato, seppur parzialmente, anche all’anglismo in questione (Miriam Di Carlo, Turistificazione, “Italiano digitale”, XXVIII, 2024/1 [gennaio-marzo], pp. 135-141). Con turistificazione si intende l’insieme delle trasformazioni innescate dall’incremento dei flussi turistici: tali trasformazioni possono essere di carattere sociale, economico, spaziale (quindi urbanistico) e rappresentano la conseguenza della cosiddetta “monocultura turistica”, che attrae tutte le attività economiche di una località, escludendo quelle che non rientrano nel circuito di produzione turistica. Uno degli esempi più tipici è quello della città di Firenze, le cui strade del centro sono state convertite in mangifici, ossia luoghi deputati alla consumazione turistica e veloce di pasti considerati tipici (si legga almeno la scheda breve della parola di Miriam Di Carlo). Con overtourism, invece, si intende (ed è così che potremmo tradurre il termine in italiano) il vero e proprio sovraffollamento turistico, che in inglese è stato anche definito overcrowding ‘sovraffollamento’. È bene altresì sottolineare la differenza con il cosiddetto turismo di massa: questa locuzione (con 637.000 r. nelle pagine in italiano di Google), ormai quasi del tutto lessicalizzata tanto da essere registrata in alcuni dizionari, è nata nella seconda metà del Novecento per indicare un turismo che coinvolgeva (e coinvolge tuttora) un gran numero di persone, dovuto in principio alla maggiore disponibilità economica di cui le classi medio-basse cominciavano a godere negli anni ’60. Come la cultura di massa crea stereotipi sociali e psicologici alla base della sovrapproduzione commerciale, il turismo di massa alimenta gli stereotipi che sono alla base del sovraffollamento turistico. Ad esempio i social network veicolano un’immagine particolarmente accattivante di Venezia, grazie a immagini e foto, percorsi enogastronomici, naturalistici e artistici. Se queste mete diventano una sorta di status symbol da raggiungere, esse rientrano nel circuito del turismo di massa, e quando queste stesse mete cominciano a essere stracolme di turisti, tanto che la domanda non riesce a essere soddisfatta dalla richiesta, si parla di overtourism. Se l’assetto spaziale, economico e sociale di questi luoghi viene modificato per soddisfare la richiesta turistica, si parla di turistificazione del posto.

Origine e diffusione del termine
Alcuni articoli di ambito accademico e varie tesi di laurea che affrontano l’origine del termine overtourism in inglese lo riconducono al 2006 (ma siamo riusciti a retrodatarlo al 2002: in Barney Nelson, God’s Country or Devil’s Playground, Austin, University of Texas Press, 2002, p. 5), sebbene siano tutti concordi nel dire che il fenomeno del sovraffollamento turistico, destinato a una progressiva crescita, fosse già presente da una ventina di anni (si legga almeno la tesi di Valentina Carlon, Venezia, dall’overtourism al no tourism: analisi dell’impatto della pandemia di COVID-19 sulle percezioni del turismo, Tesi di Laurea Magistrale in Psicologia Sociale, del Lavoro e della Comunicazione, Università degli Studi di Padova, a.a. 2021/2022, pp. 11-12). Altri studi affermano che il termine è stato usato per la prima volta nel 2012, in un hashtag sul social Twitter (oggi X; cfr. almeno Barbara Staniscia, Rebecca George, Kristin Lochner, Overtourism e Tourismophobia: quando la crescita del turismo non è più sostenibile (?), “Ambiente Società Territorio”, n. s. XX, 1-2, gennaio / giugno 2020, pp. 3-8). Tutti, però, sono concordi nell’affermare che la parola overtourism è stata diffusa nel 2016 da Rafat Ali, fondatore di Skift, una delle più grandi piattaforme di servizi nel settore turistico. Secondo quanto ha dichiarato poi Ali (il quale si attribuisce addirittura il conio del termine), il suo scopo era creare un costrutto semplice, una parola composita che catturasse facilmente l’attenzione delle persone e che veicolasse un certo grado di paura e allarmismo (The Genesis of Overtourism: Why We Came Up With the Term and What’s Happened Since, skift.com, 14/8/2018).

Il termine ha impiegato poco tempo a entrare nei testi divulgativi afferenti all’àmbito turistico (come quello appena citato), in quelli giornalistici e, in seguito, in quelli scientifici e accademici, tanto che, nel febbraio 2018, è stato registrato dal Collins Dictionary come “nuovo suggerimento”. Il dizionario, che non lemmatizza la voce, avverte: “si sta monitorando questa parola per testare il suo uso effettivo” (il testo originale si può leggere direttamente al link allegato); qualcosa di simile è avvenuto nell’OED, per il quale il termine overtourism è stato dichiarato parola dell’anno nel 2018, ma poi esclusa dalla lemmatizzazione (Greg Dickinson, ‘Overtourism’ shortlisted as Word of the Year following Telegraph Travel campaign, telegraph.co.uk, 15/11/2018). Motivo di quest’attenzione lessicografica è lo studio commissionato dal Parlamento europeo dal titolo Overtourism: impact and possible policy responses (europarl.europa.eu, 10/2018). Attualmente, tra i dizionari inglesi, la parola risulta essere lemmatizzata soltanto dal Cambridge Dictionary.

In italiano l’anglismo dovrebbe essersi affacciato nel 2017: questa datazione (indicata, come si è visto sopra, dai dizionari che la registrano), viene confermata anche dalle nostre ricerche per le quali la prima attestazione risale al luglio 2017 in un articolo della “Repubblica” e poi a ottobre dello stesso anno in uno del “Corriere della Sera”:

Non secondario l’apporto fornito dal turismo congressuale, pari a 35 milioni di presenze, poco meno del 10% dei 393 milioni totali. Rischio “overtourism” Ma più di tutto è ancora la cultura a guidare la classifica del turismo in Italia. (Flavio Bini, Città d’arte, mari, monti e terme. Il turismo vale il 4,2% del Pil, repubblica.it, 17/7/2017)

Il tema dell’overtourism, cioè del turismo eccessivo in alcune località di grande attrazione, è di estrema attualità e intreccia comportamenti […]. (L’overtourism: come migliorare la convivenza con i cittadini, “Corriere della Sera”, 11/10/2017, p. 43)

Considerando il numero dei risultati nelle pagine in italiano di Google e le 382 attestazioni sulla “Repubblica”, si può affermare che il primo incremento d’uso della parola risale al biennio 2019-2020. Nel 2021 e 2022 si assiste a una brusca regressione nel numero delle occorrenze a causa degli effetti che il fermo pandemico ha avuto sui flussi turistici. Dal 2023 fino ai giorni nostri le attestazioni sono triplicate in numero e, nonostante la parola continui a essere osteggiata nell’uso (con la proposta di traducenti che poi tratteremo), è ormai penetrata stabilmente nei testi scientifici e in quelli più divulgativi, sempre di àmbito turistico, urbanistico, geografico, sociologico e simili:

La loro finalità è quella di evitare di compromettere l’integrità ambientale delle aree protette attraverso l’overtourism, lo sviluppo selvaggio o l’inquinamento che a volte il turismo può portare, garantendo al contempo il coinvolgimento e il beneficio socioeconomico delle comunità. (Fabio Corbisiero, Osservare il turismo attraverso l’università. Un’esperienza di pedagogia condivisa, in Sviluppo turistico e governance territoriale nelle aree protette periurbane, a cura di Idem, Rosa Anna La Rocca, Anna Maria Zaccaria, Napoli, Federico II University Press, 2023, pp. 14-23: p. 22)

Dopo l’inevitabile battuta d’arresto dovuta alla pandemia […], il crescente fenomeno dell’overtourism durante l’alta stagione spinge il turismo d’alta gamma verso la destagionalizzazione, con evidenti effetti positivi dal punto di vista economico e dell’occupazione. (Isabella Brega, Come il turismo del lusso cambia (e salverà l’Italia), inviaggio.touringclub.it, 19/12/2023)

 

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