Labour WeeklyIl patto di stabilità nei contratti di lavoro

L’impegno a non recedere può essere reciproco o unilaterale e gravare soltanto sul dipendente. In quest’ultimo caso, il datore di lavoro deve prevedere un corrispettivo specifico per remunerare l’impegno del lavoratore a rimanere in azienda

(Unsplash)

Quando si instaura un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con un dipendente particolarmente importante, è possibile prevedere delle clausole specifiche con l’obiettivo di incentivare il lavoratore a rimanere in azienda. Ad esempio, è possibile inserire nel contratto di assunzione il cosiddetto patto di stabilità riguardante l’impegno a non recedere dal rapporto per un determinato periodo di tempo.

L’impegno a non recedere può essere reciproco o unilaterale e gravare soltanto sul dipendente. In quest’ultimo caso, il datore di lavoro deve prevedere un corrispettivo specifico per remunerare l’impegno del lavoratore a rimanere in azienda per il periodo convenuto nel contratto di assunzione. Alcune sentenze hanno ritenuto che il compenso per il patto di stabilità possa essere rappresentato anche da un corrispettivo non monetario, come la partecipazione del dipendente a dei corsi di formazione in grado di aumentare la professionalità e le competenze dei partecipanti.

In caso di violazione del patto di stabilità da parte del lavoratore, l’azienda avrà diritto a ottenere il risarcimento dei danni subiti. In questo contesto è utile inserire all’interno del contratto una penale che quantifica in anticipo i danni subiti dall’impresa in caso di dimissioni volontarie senza giusta causa del dipendente. Di converso, in caso di violazione aziendale, il dipendente avrà solitamente diritto a ricevere un importo pari alle retribuzioni spettanti fino alla fine del periodo in cui vige l’impegno a non recedere dal rapporto di lavoro.

In ogni caso, ci sono due ipotesi in cui è possibile recedere prima della scadenza del termine previsto nel patto di stabilità. In primo luogo, è sempre possibile terminare il rapporto per giusta causa ovvero quando si verifica una circostanza di una gravità tale da non consentire la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto. Inoltre, il contratto di lavoro può essere terminato per impossibilità sopravvenuta, ossia quando non è più possibile utilizzare la prestazione lavorativa del dipendente.

Adottare delle politiche di retention efficaci è alla base del successo di molte attività economiche. Nonostante l’emersione di nuove misure volte a migliorare l’equilibrio tra vita privata e lavoro, come il welfare aziendale o lo smart working, il caro vecchio patto di stabilità può giocare ancora un ruolo importante. Perché il futuro è già arrivato ma il passato non se ne è ancora andato.

*La newsletter “Labour Weekly. Una pillola di lavoro una volta alla settimana” è prodotta dallo studio legale Laward e curata dall’avvocato Alessio Amorelli. Linkiesta ne pubblica i contenuti ogni. Qui per iscriversi

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