Lo fa sempre e l’ha fatto ancora. Questa volta durante il dibattito controverso e caotico a Chicago, alla National Association of Black Journalists, dove Donald Trump ha ripetuto il suo show a base di disinformazione su immigrazione e aborto, e, soprattutto si è cimentato nelle surreali teorie razziali su Kamala Harris.
Ha iniziato subito attaccando la moderatrice Rachel Scott, corrispondente senior del Congresso per ABC News, dandole della maleducata per avergli posto una domanda sgradevole quando gli ha chiesto: «Perché gli elettori neri dovrebbero fidarsi di te?».
Di certo Trump sapeva bene di andare in casa del nemico: i giornalisti neri lo attendevano da giorni per incalzarlo sulle sue sparate del passato contro i giornalisti, contro gli afroamericani e, soprattutto, contro la democrazia. Naturale quindi che dalla platea sia stato accolto con un mix di fischi, risate e interruzioni da parte dei partecipanti. A ogni domanda elusa da Trump, sono partite rumorose espressioni di incredulità.
L’ex presidente americano è arrivato con più di un’ora di ritardo al panel, ha subito chiesto agli organizzatori del NABJ di non procedere con il fact checking in diretta durante la discussione, a rimarcare una polemica già in essere con gli organizzatori da prima che il dibattito avesse luogo. Ma una verifica dei fatti in diretta è stata comunque fatta.
I precedenti non mancano: alla convention di Chicago il pubblico ha tentato più volte di ottenere un debunking in tempo reale dei suoi discorsi, anche perché le bufale in quella occasione erano frequenti e sgradevoli, come quando ha falsamente affermato che Kamala Harris non aveva superato l’esame di abilitazione alla professione di avvocato e quando ha difeso le persone condannate per le l’assalto a Capitol Hill.
Del resto Trump ha iniziato subito a rispondere alle domande sfidanti della Scott con il suo tipico vittimismo aggressivo: «È vergognoso che io sia venuto qui con uno spirito positivo. Amo la popolazione nera di questo paese. Ho fatto così tanto per la popolazione nera di questo paese…».
Senza filtri, Trump ha sostenuto di essere stato «il miglior presidente per la popolazione nera dai tempi di Abraham Lincoln», ricevendo un misto di fischi e applausi.
Nel turbinio di mistificazioni, la solita faccia tosta di negare la realtà dei fatti, a partire proprio dalla comunicazione sulla sua presenza al NABJ al panel pomeridiano. Trump ha affermato di essere stato invitato con falsi pretesti tra i quali la presenza di Kamala Harris, pur sapendo benissimo che la candidata democratica aveva dovuto rifiutare il dibattito per questioni personali.
Trump non ha comunque lesinato le sue classiche chicche, come l’affermazione secondo cui gli immigrati clandestini stanno progettando di accettare «lavori da neri», definizione che ha scatenato come era prevedibile ulteriori levate di scudi e accuse di razzismo.
Scott ha poi chiesto a Trump quale fosse la posizione repubblicana a proposito di Harris come sostituto di Joe Biden in materia di diversità, equità e inclusione. Ed è stato quello il momento in cui l’ha sparata più grossa: «Harris ora è diventata una donna nera, anche se si è sempre identificata solo con la sua discendenza indiana. E quindi, è indiana o è nera?».