A prima vista, la Turingia, non sembra un Land particolarmente significativo nel contesto tedesco. Situata nella Germania centro-orientale, pare condividere il destino dei Länder ex-Ddr: dalla caduta del muro ha perso circa mezzo milione di abitanti; la disoccupazione è al 6,3 per cento, un po’ sopra la media nazionale; le storiche aziende come Zeiss sono meno centrali nel panorama tedesco di quanto lo fossero nella DDR e senza un conglomerato industriale come in Renania o Baviera; la capitale, Erfurt, è poco conosciuta fuori dalla Germania.
Eppure, nella storia tedesca molte cose sono passate per la Turingia: ad esempio, Jena è stata un importante centro di diffusione della dottrina protestante, e nella locale università, sede d’eccellenza, si sono formati grandi intellettuali come Hegel, Fichte, Leibnitz o Marx; proprio a Jena, nel 1806 Napoleone sconfisse la Prussia sbaragliando l’esercito di Federico il Grande; a Gotha si tenne il congresso che avrebbe portato alla nascita della Spd, uno dei partiti più antichi in Europa; a Weimar ebbe sede la storica repubblica tedesca tra le due guerre, e mosse i suoi primi passi il Bauhaus.
Negli ultimi dieci anni, ha rappresentato una notevole particolarità a livello politico: è stata infatti l’unico Land amministrato da un esponente della Linke, il partito della sinistra radicale tedesca. Bodo Ramelow, cresciuto in una famiglia evangelica e tutt’ora, lui stesso, protestante, si è avvicinato alla politica quando era già un lavoratore, divenendo protagonista del “Rinascimento di Erfurt”, un movimento nato all’interno del Partito del socialismo democratico che intendeva creare più sinergie con i Verdi e i socialdemocratici.
Nel 2014, divenuto Presidente del Land, Ramelow ha realizzato quel progetto: la sua coalizione formata da Linke, Verdi e SPD ha guidato la Turingia con pragmatismo ma senza rinunciare a una chiara impronta di sinistra e progressista, raccogliendo consenso anche tra chi, negli schieramenti nazionali, era distante dal governo locale. Gli anni di Ramelow, però, sono stati anche gli anni della crescita dell’estrema destra nella Germania orientale, e anche nel suo Land il partito di Alternative für Deutschland ha visto aumentare i consensi.
Già nel 2019, alle ultime elezioni, AfD è arrivata seconda con il 23,4 per cento, riuscendo persino a far convergere i suoi voti al Landtag sul candidato liberale, Thomas Kemmerich, che è quindi risultato eletto Presidente per qualche giorno. Le proteste che sono seguite, e le pressioni operate dal suo partito e da Angela Merkel stessa, hanno poi convinto Kemmerich a dimettersi, permettendo così la rielezione di Ramelow.
Al voto di domenica, però, le cose però potrebbero andare diversamente: AfD è al trenta per cento nei sondaggi, e a complicare il quadro c’è anche il venti per cento di Bsw, il partito rosso-bruno creato da Sarah Wagenknecht, fuoriuscita dalla Linke il cui obiettivo dichiarato è togliere voti all’estrema destra, con cui però condivide le posizioni su immigrazione, misure climatiche, diritti civili e politica estera. Le dinamiche nazionali pesano anche in Turingia: la Linke (al quattordici per cento, contro il trentuno per cento del 2019) è da tempo in una crisi di consensi che sul piano locale è arginato solo in parte da figure come Ramelow; Verdi e Spd pagano lo scarso consenso del governo, e sono rispettivamente al tre per cento e al sei per cento (la soglia di sbarramento è al cinque per cento).
Ma, a conferma del teorema che vede la Turingia come Land sempre sui generis, c’è la leadership di AfD: capo locale del partito infatti è Björn Höcke, esponente conosciuto come filonazista e noto per le posizioni su immigrazione, clima e Russia, oltre che fautore di una rilettura della storia tedesca nel senso dell’eliminazione della vergogna provata di fronte al passato nazista. Höcke, che è stato multato più volte per l’uso di slogan hitleriani, è considerato estremista persino in AfD, e la corrente che a lui fa riferimento è stata posta sotto osservazione dal Verfassungsschutz, l’ufficio federale che si occupa di proteggere la costituzione e la democrazia.
Non è chiaro se AfD riuscirebbe a formare un governo: nonostante l’attesa vittoria, con l’estrema destra sembra non voler dialogare nessuno (situazione che la Turingia condivide con gli altri Laender al voto, cioè Brandeburgo e Sassonia). Ma la situazione in Turingia è diversa, e – ancora una volta – particolare rispetto al resto del Paese. Negli anni post-unificazione, tutta la ex-Ddr è stata attraversata da un malcontento per come la riunificazione è stata gestita e per la situazione nell’Est, più poveri e con più emigrazione rispetto all’Ovest. La cosa ha creato un sentimento definito Ostalgie, cioè la nostalgia per la vita nella Germania comunista.
Più che un vero revanchismo politico nel senso di una restaurazione del socialismo reale, la Ostalgie ha rappresentato il sentimento dei tedeschi orientali, delusi per essere stati “lasciati indietro” rispetto a realtà più ricche e dinamiche, relegati a contesti più poveri che spingevano all’emigrazione verso l’ovest e, spesso, vittime di stereotipi a opera degli abitanti dell’Ovest.
Negli ultimi anni, è stata soprattutto l’estrema destra a capitalizzare su questo malcontento, proponendo un misto tra rifiuto della modernità, sentimento anti-europeo e critiche all’immigrazione e alla multiculturalità, tutti fattori presentati come moltiplicatori del disavanzo orientale verso l’Ovest.
Una vittoria di AfD in Turingia, dunque, rappresenterebbe qualcosa in più rispetto al dato, significativo e preoccupante, di una generalizzata vittoria nei Laender orientali: passare da un governo di coalizione delle sinistre all’estrema destra sarebbe un segnale di profondo cambiamento di una parte della Germania, destinato presto a influenzare le dinamiche anche a Berlino. Un colpo di coda della Ostalgie, nella sua versione traviata, oltre che un avanzamento conclamato di AfD in una parte del Paese. Nel suo piccolo, la Turingia ha sempre dato forma ai cambiamenti della Germania: vedremo, in questo caso, in che direzione lo farà.