In seguito alla presentazione della Commissione europea da parte di Ursula von der Leyen al suo secondo mandato suggeriamo di rileggere le norme del Trattato adottato a Lisbona nel 2007 ed entrato in vigore nel 2009, e il Regolamento del Parlamento europeo aggiornato all’inizio di questa legislatura. I membri della Commissione europea sono scelti sulla base della loro «competenza generale», del loro «impegno europeo» e della garanzia della loro «indipendenza»: il che vuol dire che essi «non sollecitano e accettano istruzioni da alcun governo nazionale».
Il ruolo del Presidente della Commissione europea si è andato rafforzando con le successive modifiche ai Trattati perché egli o ella può «chiedere le dimissioni di un membro della Commissione», ne «definisce gli orientamenti», «decide l’organizzazione interna» per assicurare la «coerenza», l’efficacia», la «collegialità» e «nomina i Vicepresidenti» – al di fuori dell’Alto Rappresentante della politica estera – senza che ne sia precisato il numero e il ruolo.
Il Consiglio dell’Unione «adotta la lista delle personalità che intende proporre come membri della Commissione europea di comune accordo con il Presidente della Commissione […] sulla base dei suggerimenti fatti dagli Stati membri»: il che vuol dire che la lista è una decisione collettiva adottata per consenso dal Consiglio e che i «suggerimenti» degli Stati vengono inviati in vista dell’adozione di una lista che potrebbe essere teoricamente diversa da questi suggerimenti.
Il Parlamento europeo ha introdotto nel Regolamento del 1995 una procedura di esame dei candidati («audizioni», orali e scritte), che avviene sulla base dei criteri che abbiamo indicato al punto uno, precisando nell’articolo centoventinove del nuovo Regolamento.
Un «candidato commissario» viene accettato dal Parlamento europeo se la commissione o l’organo che lo esamina si esprime a suo favore con una maggioranza dei due terzi. All’esame delle commissioni di merito si aggiunge poi quello della commissione giuridica che si esprime su questioni di carattere etico e su eventuali conflitti di interesse.
Tale accettazione avviene a scrutinio segreto e dunque non è possibile conoscere il voto dei singoli parlamentari: dal 2004 otto candidati non hanno passato l’esame parlamentare che, pur non essendo giuridicamente vincolante, obbliga politicamente il presidente della Commissione europea a sollecitare dal Consiglio, e dunque dallo Stato membro, la scelta di un altro candidato per evitare un voto di sfiducia sull’intero collegio che avviene in seduta plenaria attraverso un voto esplicito alla maggioranza dei voti espressi.
Il ruolo rafforzato del Presidente della Commissione è confermato dal fatto che la sua elezione davanti al Parlamento europeo avviene alla maggioranza dei membri, al contrario dell’intero collegio approvato alla maggioranza dei voti espressi prima della formale nomina definitiva dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata.
Le lettere di missione e dunque le competenze devono essere attribuite per assicurare l’efficacia, la coerenza e la collegialità dell’azione della Commissione e non per obbedire ai «suggerimenti» degli Stati membri che dovrebbero limitarsi a proporre delle candidature (se possibile nel rispetto dell’equilibrio di genere) e non a indicare l’attribuzione delle competenze che spetterebbe invece esclusivamente al Presidente della Commissione.
Nel nuovo Regolamento il Parlamento europeo ha infine ritenuto che l’esame delle candidature debba svolgersi tenendo anche conto del contenuto dei «portafogli», come conseguenza dei criteri fissati dal Trattato all’articolo 17.3 TUE.