Gli azzeccabarbugli del taglioneLa nuova legge sulla sicurezza e l’impostura garantista di Forza Italia

Il partito di Tajani ha anticipato per tutta l’estate una svolta liberale e poi è capitolato, cedendo a un provvedimento retequattrista e manettaro

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Nel teatrino dell’assurdo della politica italiana, la riscossa dei diritti annunciata da Forza Italia ha coinciso con la più completa capitolazione degli azzurri proprio sui temi per cui Tajani pareva aver lanciato il cuore oltre l’ostacolo della rendita securitaria: la galera, con l’approvazione muta di un decreto carceri senza verità e senza dignità, scritto sotto dettatura del generalissimo dei penitenziari italiani, il sottosegretario Andrea Delmastro Delle Vedove e lo ius scholae, con l’immediata rottamazione della proposta raccontata in lungo e in largo per tutta l’estate – cittadinanza dopo dieci anni di studio, con l’assolvimento dell’obbligo scolastico – appena si è trattato di votarla e non solo di chiacchierarne per rinfrescare il blasone liberale.

Il percorso si è perfettamente compiuto questa settimana, con la disciplinatissima approvazione, articolo per articolo, da parte di Forza Italia di una legge sulla sicurezza retequattrista, che sembra distillata, per non dire percolata, dalle trasmissioni che negli ultimi anni hanno miscelato le più ignobili ideologie d’ordine e il più untuoso garantismo galantomista, per raccontare un’Italia a misura delle passioni tristi del pubblico, in cui la brava gente è sia vittima della giustizia che dei delinquenti e in cui quindi, ben più delle carriere dei magistrati, bisogna razzisticamente separare il diritto penale del nemico da quello dell’amico, quello per i cattivi da quello per i buoni, che è esattamente come dire quello per i neri da quello per i bianchi e non solo per metafora.

Il pallottoliere di nuovi reati, aggravanti e aumenti di pena segna – li ha contati Ermes Antonucci su Il Foglio – il numero favoloso di ventiquattro e i destinatari degli strali di questo legislatore sussidiario di Mario Giordano e Paolo Del Debbio sono per lo più, ovviamente, i borseggiatori, gli squatters, gli zingari e soprattutto le zingare (anzi, direbbe Matteo Salvini, le “zingaracce”), gli abusivi, i No Tav e gli Ultima Generazione e ovviamente i detenuti, per i quali si è ritagliato il reato di rivolta passiva. Quando si dice: la fantasia al potere.

A parte quest’ultimo, i nuovi reati introdotti dal provvedimento non sono però affatto nuovi, nel senso che riguardano condotte già illecite, per le quali la lamentata assenza di contrasto dipende da ragioni che non hanno nulla a che fare con una presunta negligenza o corrività buonista. In questo catalogo di scemenze e oscenità, che è l’ennesima legge sulla sicurezza, non domina tanto il tradizionale presupposto panpenalistico, per cui un diritto è tale solo se la sua garanzia è affidata a una fattispecie incriminatrice e lo è solo secondo la misura della pena stabilita per la corrispondente condotta illecita. Domina soprattutto una logica volgarmente pubblicitaria, a un tempo imbrogliona e sparagnina, che punta al massimo risultato di consenso con il minimo del costo organizzativo e della responsabilità politica rispetto ai risultati attesi.

Il problema delle occupazioni abusive degli immobili, ad esempio, non trova alcuna soluzione nell’innalzamento del massimo edittale della pena a sette anni; la troverebbe, più concretamente, se si riuscisse a restituire il possesso dell’immobile occupato al legittimo proprietario o assegnatario nel giro di poco tempo, del tutto a prescindere dal tempo che, sulla carta, l’occupante abusivo sarebbe costretto a trascorrere in galera. Mentre però questa seconda strada impone una responsabilità di risultato – di cui il Governo potrebbe essere chiamato a rispondere – molto meglio imbrogliare la gente millantando la miracolosa forza deterrente di una pena esemplare.

Allo stesso modo: che senso ha prevedere, come si è fatto, una ridicola aggravante ferroviaria, stabilita per i reati compiuti nelle stazioni e sui convogli? Solo quello di non rispondere dei problemi di vigilanza, promuovendo l’idea che la domanda di giustizia e di sicurezza si esaurisca nella pretesa di un risarcimento espiatorio e nel sacrificio del reprobo. Idea che ovviamente autorizza le fughe nella giustizia fai-da-te e nella trasformazione della legittima difesa da scriminante, cioè causa di giustificazione, a vero e proprio esercizio di giustizia.

E in tutto questo, che ha fatto il ministro Carlo Nordio? Quello che fa di solito: niente. E Forza Italia? Ha rinnovato per l’ennesima volta l’impostura garantista degli azzeccagarbugli del taglione.

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