La Moldova si sta preparando alle elezioni presidenziali del prossimo venti ottobre, un appuntamento cruciale destinato a incidere sulla futura collocazione geopolitica di questa fragile nazione dell’Europa Orientale. Le consultazioni coincideranno con un referendum sull’adesione all’Unione Europea, voluto dalla presidentessa Maia Sandu e destinato ad accrescere l’attenzione internazionale su Chisinau.
Un recente sondaggio elettorale, realizzato da Intellect Group, ha evidenziato che la Sandu, principale esponente del campo filo-occidentale, è accreditata del 24,5 per cento dei voti al primo turno. L’opposizione filorussa, capeggiata dal Partito Socialista di Igor Dodon, ha invece deciso di appoggiare l’indipendente Alexandr Stoianoglo, ex Procuratore Generale della Moldova poi arrestato per accuse di corruzione.
Stoianoglo dovrebbe ottenere il dodici per cento dei voti mentre Renato Usatii, altro esponente del campo filorusso, dovrebbe superare di poco il sei per cento (ma in una precedente rilevazione superava l’undici per cento). Gli indecisi e gli astenuti superano il venti per cento del campione mentre altri voteranno candidati minori. Il secondo turno, decisivo per il risultato finale, si preannuncia difficilmente pronosticabile perché risulterà decisiva l’affluenza e la capacità dei filorussi e dei filoccidentali di far convogliare i voti sul candidato di punta per sconfiggere l’avversario.
Una vittoria dei partiti vicini a Mosca potrebbe allontanare, forse definitivamente, la Moldova dall’Unione Europea e indebolire l’Ucraina sul fianco occidentale. La posta in gioco è alta e lo dimostra una notizia, riportata da Balkan Insight, su due oligarchi moldavi in fuga dalla giustizia del proprio Paese che hanno investito somme considerevoli per diffondere propaganda anti-occidentale e influenzare l’esito del voto. Gli analisti riferiscono che la Russia e i suoi alleati stanno sfruttando lo spazio online per portare avanti una guerra ibrida destinata a incidere sul futuro di Chisinau.
Lilian Carp, presidente della Commissione Difesa e Sicurezza del Parlamento moldavo, ha dichiarato a Balkan Insight che «in Moldova la guerra ibrida è in pieno svolgimento, non da un mese o due e non solo durante la campagna elettorale» ma «è in pieno svolgimento sin dall’inizio della guerra in Ucraina, crescendo d’intensità con l’avvicinarsi delle elezioni».
I due oligarchi, Ilan Shor e Veaceslav Platon, avrebbero investito ben centotrentaseimila euro negli ultimi tre mesi per raggiungere i loro scopi. A riferirlo sono gli esperti di WatchDog.MD, un think-tank basato in Moldova che promuove la democrazia, il buon governo e il rispetto dello Stato di diritto.
Tra i post di Facebook sotto accusa ci sono quelli che indicano che il governo sta esagerando la portata dei rischi militari che corre il Paese per trarne vantaggio politico, quelli che sminuiscono le minacce alla sicurezza nazionale e altri che spiegano come il referendum sull’adesione all’Unione Europea non abbia senso perché non inciderà sulle trattative con Bruxelles.
Il rapporto di WatchDog.MD indica inoltre che la Russia si sta preparando a destabilizzare la Moldova durante la campagna elettorale per le presidenziali e il referendum mentre le autorità sono prive di strumenti efficaci per contrastare questo fenomeno. L’unica soluzione, secondo gli esperti, è quella di informare la popolazione su come vengono diffusi questi messaggi e segnalare le fake news dopo che sono state rese pubbliche.
L’esperienza degli ultimi anni insegna che, in Europa come altrove, la diffusione di fake news tramite internet può influenzare una parte consistente dell’opinione pubblica e incidere sui risultati elettorali oppure sulla popolarità dei governi al potere. Il radicarsi del populismo, del sentimento anti-establishment e dello scetticismo nei confronti dei media tradizionali spinge una parte della popolazione a cercare fonti di informazioni alternative e a non credere a quelle ufficiali. I risultati, però, possono essere preoccupanti e il caso della Moldova lo dimostra.
La Russia di Vladimir Putin è interessata ad attirare Chisinau nella propria sfera d’influenza per mettere fine all’espansione di Bruxelles in Europa Orientale e riguadagnare posizioni sul fianco sinistro di Kiev. L’amministrazione Sandu ha idee opposte sul futuro del Paese ma la sua popolarità non può non essere influenzata dalle criticità della Moldova, la seconda nazione più povera d’Europa, con un tasso di disoccupazione al sette per cento e la presenza di una sostanziale ineguaglianza salariale tra le diverse componenti della popolazione.
Tra le principali entrate di Chisinau ci sono i proventi derivanti dalle attività agricole e le rimesse inviate dall’estero dai moltissimi cittadini moldavi costretti a emigrare alla ricerca di un futuro migliore. Sono spesso proprio loro a sostenere le famiglie composte da anziani e bambini rimaste nel Paese natale e dipendenti da queste fonti di reddito. La crescita del Prodotto Interno Lordo stimata al 2,6 per cento nel 2024 non può bastare per alleviare la Moldova dalle condizioni di arretratezza in cui si ritrova e, sullo sfondo, aleggia la questione irrisolta della Transnistria.
Questa piccola regione, situata nella fascia orientale del Paese, è di fatto indipendente dai primi anni Novanta ed è sempre stata guidata da esecutivi molto vicini a Mosca. La Transnistria ha proclamato la propria indipendenza, non riconosciuta dalla comunità internazionale, dopo una breve guerra combattuta contro le forze armate di Chisinau e non è mai stata riconquistata perché sul suo territorio continuano ad essere stanziate truppe russe e perché Mosca non permetterebbe la caduta del suo alleato.
La Transnistria, esattamente come le regioni occupate dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud in Georgia, è una costante fonte di destabilizzazione per la Moldova e un problema apparentemente irrisolvibile a meno che l’esecutivo nazionale non si riavvicini definitivamente a Mosca.
Il Cremlino può sfruttare la vicinanza di una parte dell’opinione pubblica moldava per riguadagnare posizioni nei territori dell’ex impero sovietico mentre Bruxelles deve sperare nei sentimenti europeisti di una parte della popolazione moldava e aiutare l’esecutivo nazionale a fronteggiare le minacce a cui è sottoposto.