Blowing in the windL’enigmatico ruolo del vento nella diffusione dei virus

Un team di accademici ha “catturato” diversi tipi di funghi e batteri durante dieci voli sopra il Giappone, a tremila metri d’altezza. Una scoperta che ha riacceso il dibattito attorno a un tema sottovalutato (e, forse, connesso agli allevamenti intensivi)

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The answer, my friend, is blowing in the wind. Ma anche i patogeni non scherzano. A quanto pare. Questo lunedì un gruppo di ricercatori ha pubblicato uno studio che ha scoperto la presenza di batteri e funghi ad altitudini fino a oltre tremila metri sopra il livello del mare. Il team, guidato da Xavier Rodó, ecologo computazionale presso l’Istituto di Barcellona per la salute globale, ha catturato centinaia di tipi diversi di batteri e funghi durante dieci voli sopra il Giappone.

La vera notizia è che alcuni di questi esseri viventi potrebbero essere in grado di causare malattie nelle persone. Come spiegato da Rodó al New York Times, «circa un terzo dei batteri e un numero leggermente più alto di funghi trovati nell’atmosfera potrebbero provocare malattie negli esseri umani». Per ora si tratta comunque di ipotesi. I batteri e i funghi in questione sono stati prelevati dai ricercatori e ora è in cantiere un tentativo di metterli in contatto con cellule umane, per la precisione polmonari, per capire se effettivamente la tesi è provata. Chiaramente, nel frattempo, i ricercatori hanno preso tutte le precauzioni per evitare di essere contaminati. 

Insomma, dimmi che vento c’è e ti dirò che malattia arriva. E non è la prima volta che questi due fenomeni vengono messi in correlazione. A ipotizzare una tesi simile era già stato proprio lo stesso Rodó. Nel 2011 l’ecologo aveva teorizzato una connessione tra i venti su larga scala dall’Asia centrale e la diffusione della malattia di Kawasaki. 

Quest’ultima è una delle più misteriose al mondo: riconosciuta durante gli anni Sessanta dal pediatra giapponese Tomisaku Kawasaki, è la principale causa di cardiopatia acquisita nei bambini. E può arrivare a essere mortale. È particolarmente interessante per i ricercatori perché ancora a oggi la sua causa è sconosciuta. La teoria di Rodó è che sia causata da un patogeno presente nell’Asia Centrale. La diffusione di casi di malattia di Kawasaki in Giappone, California e Hawaii infatti accadrebbe in concomitanza con la presenza di venti provenienti da questa zona. 

Ma perché il patogeno dietro questa malattia dovrebbe partire proprio dall’Asia Centrale? Rodó ha ipotizzato che la Cina nord-orientale possa essere una fonte di agenti patogeni a causa dell’allevamento su larga scala di colture e bestiame. Questa attività può produrre grandi quantità di polvere. Ed è possibile che alcuni microbi del suolo, o anche dei fertilizzanti o delle acque reflue, siano in grado di causare malattie.

Se l’ipotesi dell’ecologo venisse confermata, il patogeno responsabile della malattia di Kawasaki sarebbe il primo a poter far ammalare le persone pur venendo trasportato per cause naturali per centinaia di chilometri. A sostenere una tesi simile a quella di Rodó è anche un articolo realizzato da un team internazionale nel 2005 che ha notato una stagionalità, probabilmente determinata da fattori ambientali, nella diffusione della malattia di Kawasaki.

Il ruolo del vento nel diffondere malattie è stato sempre più analizzato dai ricercatori negli ultimi anni. Nel 2018 uno studio pubblicato su Lancet ha messo sotto la lente di ingrandimento il rapporto tra malaria e spostamenti d’aria. Analizzando per tre anni il comportamento delle zanzare portatrici della malattia, gli autori dell’articolo scientifico hanno scoperto che l’intensità del vento e la sua direzione influenzava la trasmissione del virus portando le zanzare a individuare più o meno facilmente i villaggi.

Nel caso di questo studio parliamo comunque dello spostamento di un vettore, le zanzare, già conosciuto. Nel caso degli studi di Rodó siamo invece in presenza di possibili patogeni sconosciuti che si formano nel vento e viaggiano attraverso il suo spostamento. Chiaramente ci sono ancora tanti dubbi da affrontare. Non si sa ad esempio se effettivamente i patogeni nell’aria siano in grado di causare malattie: di solito infatti questo avviene quando sono molto concentrati, ma ad altitudini elevate risultano molto più sparpagliati. 

David Schmale, aerobiologo al Virginia Tech, ha comunque ricordato al New York Times che alle volte può bastare «solo un agente» per scatenare la malattia. Inoltre, Schmale ha detto di essere «impressionato» dal numero di batteri e funghi catturati dal team di Rodó. Uno studio che probabilmente fornirà nuovi elementi su cosa ci sia davvero nei nostri cieli. The answer is still blowing in the wind. 

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