Il successo del Mossad che ha fatto esplodere in tutto il Libano prima migliaia di cercapersone di Hezbollah e ieri i loro walkie-talkie, formidabile dal punto di vista psicologico, ma anche operativo (centinaia di miliziani fuori combattimento), pare possa rimandare una spregiudicata manovra politica interna a Israele. Bibi Netanyahu, infatti, come ennesima prova della sua isteria del potere e di ignoranza di qualsiasi senso dello Stato e dell’onore, sta tentando di portare a termine un colpo di mano governativo.
Il suo progetto, si vedrà se avrà successo, è quello di destituire il popolare ministro della Difesa, il generale Yoav Gallant, per sostituirlo con il transfugo del Likud Gideon Saar. Manovra che mira a eliminare il suo più popolare oppositore dentro il governo e soprattutto a vanificare le ripetute sentenze della Corte Suprema che ingiungono ai giovani Haredim, gli ebrei ortodossi, di sottoporsi agli obblighi del servizio militare, dal quale per decenni sono stati esonerati.
Saar, che non ha competenza militare a differenza di Gallant, sarebbe infatti disposto a procrastinare e a diluire nel nulla questo obbligo per i giovani Haredim, salvando così il governo. I partiti religiosi, infatti, minacciano di mettere in minoranza Netanyahu se le sentenze della Corte Suprema saranno applicate.
Tutto questo, nel pieno di una guerra contro Hamas ed Hezbollah nella quale sono morti più di trecento soldati israeliani. Ma a Netanyahu nulla importa dell’etica, della parificazione dei diritti e dei doveri dei cittadini. È aggrappato al potere con cinismo assoluto e con ogni mezzo intende difenderlo commettendo per l’ennesima volta il crimine politico più grave in un periodo di guerra: spaccare e dividere Israele. E per di più, con queste manovre di basso governo, dà chiaro segno di non avere alcun interesse a salvare la vita degli ostaggi. Saar infatti, come i ministri della destra parafascista, è contrarissimo, all’opposto di Gallant, alla tregua con Hamas in cambio della loro liberazione.
È l’ennesima prova dell’enorme divario, in Israele, di senso morale e dello Stato tra il governo e le Forze Armate a tutto discapito dei ministri, a iniziare da Netanyahu. Un divario che si è potuto notare anche con le dimissioni nei giorni scorsi del generale Yossi Sariel, il Comandante dell’Unità 8200, con l’autoaccusa per non avere saputo prevedere il pogrom di Hamas del 7 ottobre 2023. Dimissioni accompagnate da poche, nette, parole: «Abbiamo fallito tutti, come sistema militare e politico». La 8200 è la mitica unità di spionaggio informatico israeliana, nota e invidiata in tutto il mondo perché è in grado di intercettare le comunicazioni e individuare i target in qualunque condizione operativa sia in Israele che in tutto il Medio Oriente.
Dunque, è stata la prima responsabile, sul piano tecnico operativo, assieme allo Shin Beth del mancato allarme preventivo sui preparativi di Hamas di quel massacro. Pure, secondo quanto ha pubblicato il Times of Israel, il 19 settembre 2023, pochi giorni prima, la Unità 8200 aveva emesso un «documento che descriveva una serie di esercitazioni sviluppate dalle forze di élite di Hamas, tra cui esercitazioni per raid su città e postazioni militari israeliane e addestramento su come tenere in ostaggio soldati e civili all’interno di Gaza e in quali circostanze avrebbero potuto essere uccisi». Documento però troppo generico e impreciso che non è stato recepito dai vertici militari e politici, tanto che poi alcune soldatesse dell’Unità 8200, distaccate al confine con Gaza, il 7 ottobre sono state trucidate e altre prese in ostaggio. Anche i messaggi di allarme rosso che queste soldatesse hanno lanciato la mattina del 7 ottobre sono stati mal interpretati.
Subito dopo il 7 ottobre, ha dato le dimissioni anche il generale più alto in grado, il Comandante delle Forze Armate Herzi Halevi, capo di Stato Maggiore, e si è dimesso anche il generale Ahron Haliva, comandante dei Servizi di Informazione dell’Esercito che ha assunto con onestà l’onere della colpa: «Non abbiamo portato a termine la nostra missione, mi assumo la responsabilità del fallimento». Dunque, senso dell’onore e responsabilità etica piena nei confronti dei propri errori da parte dei vertici militari israeliani.
Opposto il comportamento di Netanyahu e dei suoi ministri, in particolare di Itamar Ben Gvir, ministro della Sicurezza Nazionale, quindi, assieme al premier, primo ed evidente responsabile politico del disastro del 7 ottobre. Costoro, infatti, non solo non hanno mai espresso autocritica, non solo non pensano minimamente alle dimissioni ma sono disposti a tutto per restare al potere e impediscono anche che sia varata una Commissione di inchiesta sui fatti del 7 ottobre.
A un anno di distanza dal pogrom, con gli ostaggi ancora prigionieri, è indispensabile per la democrazia israeliana che una Commissione indipendente sia dal governo sia dalle Forze Armate, inizi a fare chiarezza sulle ragioni della disastrosa mancanza di difesa di Israele a fronte dei miliziani di Hamas. Ma strenua e totale è l’opposizione di Netanyahu e dei suoi ministri, pronti a tutto, anche a portare Israele alla rovina, pur di restare attaccati al potere.