Quando si parla di pompe di calore, è facile che la discussione si accenda. C’è chi si concentrerà sul fatto che questi apparecchi sono più efficienti delle caldaie e permettono di ridurre le emissioni degli edifici, essendo alimentati a elettricità anziché a gas; e c’è chi, invece, darà risalto ai prezzi maggiori e alle difficoltà di installazione, per via dello spazio esterno necessario e degli interventi aggiuntivi di isolamento richiesti in alcune case.
Il discorso pubblico sui costi e i benefici delle pompe di calore, anziché basarsi su elementi razionali, è stato spesso intossicato dall’ideologia politica, che da un lato tende a minimizzare il tema dei sussidi all’acquisto e dall’altro ha fatto di questi macchinari uno dei campi di battaglia del cosiddetto greenlash, la reazione alle politiche climatiche, avvertite come opprimenti.
In Germania, in particolare, le proteste hanno portato il governo a modificare la legge sulla sostituzione degli impianti di riscaldamento a gas, eliminando le misure più ambiziose dal punto di vista ambientale per venire incontro alle preoccupazioni sull’impatto economico. Perfino la Commissione europea ha fatto un passo indietro, posticipando la pubblicazione dell’Heat pump action plan, il piano che dovrebbe supportare la crescita del settore.
La questione dello stimolo al mercato delle pompe di calore è seria, però: l’inazione rischia infatti di far accumulare ritardo all’Europa nella manifattura di un’altra tecnologia utile alla transizione ecologica di cui la Cina – come con i veicoli elettrici, le batterie e i pannelli fotovoltaici – è la principale produttrice al mondo.
Ma anche volendo accantonare gli aspetti industriali per concentrarsi solo su quelli climatici, ci sono altrettanti validi motivi per intervenire: come indica Eurostat, il riscaldamento e il raffrescamento assorbono quasi la metà di tutta l’energia consumata nell’Unione, che per oltre il settanta per cento proviene da fonti fossili; nel comparto residenziale il riscaldamento vale intorno all’ottanta per cento dei consumi energetici finali. Nel complesso, gli edifici valgono il quaranta per cento dei consumi comunitari di energia e sono responsabili del trentasei per cento delle emissioni di gas serra. Circa il settantacinque per cento del patrimonio immobiliare europeo ha una bassa efficienza energetica, che si ripercuote sulle bollette.
Le pompe di calore permettono sia di rendere più sostenibili gli edifici, sia di migliorarne la classe energetica perché sono più efficienti delle caldaie: per ogni unità di elettricità consumata possono produrre quattro unità di energia termica, rispetto al rapporto 1:1 degli impianti a gas.
Ci sono tuttavia degli ostacoli alla loro diffusione. Il primo e principale è il prezzo, più alto – anche di due o tre volte – di quello delle caldaie, che in assenza di sussidi rischia di diffondere la percezione che ciò che è amico del clima, non lo è del portafoglio. A scoraggiare l’acquisto di una pompa di calore contribuiscono poi il fatto che il prezzo dell’elettricità è generalmente superiore a quello del gas – ma la maggiore efficienza garantisce comunque un risparmio nel tempo – e soprattutto la necessità, in alcuni casi, di effettuare dei lavori di ristrutturazione.
Le pompe sono progettate per funzionare a temperature più basse delle caldaie e per periodi di tempo più lunghi. Per poter esprimere appieno la loro efficienza, dunque, hanno bisogno che le abitazioni siano ben isolate, in modo che il calore non si disperda: significa che i proprietari di case carenti sotto il profilo energetico – e ce ne sono tante in Europa – dovranno fare qualche aggiustamento strutturale; negli edifici vecchi potrebbero sorgere complicazioni con le connessioni elettriche e la posa dei tubi.
Infine, c’è il problema dello spazio. Le pompe di calore sono più grandi delle caldaie e hanno bisogno di uno spazio esterno – di solito circa 3,5 metri quadri – dove installare l’unità che estrae il calore dall’aria e lo trasferisce dentro l’abitazione. L’Agenzia internazionale dell’energia, in un rapporto dedicato, scrive che «le case più piccole, in particolare negli edifici multifamiliari, potrebbero non avere lo spazio esterno necessario per installare una pompa di calore […] e potrebbero avere problemi a fissare l’unità di compressione esterna alla facciata dell’edificio» a causa di regole condominiali o vincoli urbanistici.
Lo spazio è certamente un ostacolo, ma non insormontabile. L’innovazione ha trovato il modo di aggirarlo e a New York – una città densamente popolata e nota per gli appartamenti – è stato avviato un programma per l’installazione di piccole pompe di calore direttamente sul davanzale delle finestre: una parte dell’unità sporge all’esterno dell’abitazione, l’altra all’interno. L’iniziativa mira non soltanto alla decarbonizzazione degli edifici, ma anche al risparmio energetico e al miglioramento della qualità della vita degli abitanti della metropoli.
Le pompe di calore “alla finestra”, dalle dimensioni di un piccolo condizionatore d’aria, rappresentano un’opzione anche per gli affittuari, che difficilmente si sobbarcano le spese di installazione di una pompa standard – tra tubi, cavi e fori nel muro – in una casa non di loro proprietà. La tecnologia testata a New York, invece, si monta e smonta con relativa facilità; e se l’inquilino si trasferisce, può portarla con sé.
Attualmente in Europa le pompe di calore installate sono quasi ventiquattro milioni, ma l’anno scorso le vendite sono diminuite del 6,5 per cento – il primo calo in dieci anni – e se resteranno su questi livelli l’Unione potrebbe non riuscire a raggiungere gli obiettivi per il 2030. Il crollo più forte (-44 per cento) c’è stato in Italia, dovuto al ridimensionamento del Superbonus da parte del governo di Giorgia Meloni, mentre i paesi più virtuosi (in termini di pompe installate ogni mille famiglie) si confermano quelli nordici: Norvegia, Finlandia e Svezia.
Nel 2023 la Germania è stata la salvezza del mercato europeo (+58,5 per cento), ma le previsioni sulle vendite per il 2024 non sono altrettanto positive. Se vorrà tener fede ai suoi target climatici e industriali, dunque, la prossima Commissione europea avrà il compito di rivitalizzare il settore delle pompe di calore con un piano d’azione e di rivedere il sistema di prezzo dell’energia per ridurre il divario tra elettricità e gas.