Lo scorso 11 settembre, in occasione della ripresa dei lavori a Bruxelles, Ursula von der Leyen avrebbe dovuto presentare la squadra dei ventisette nuovi commissari alle deputate e ai deputati del Parlamento europeo. La presidente della Commissione era stata invece costretta a rinviare a data da destinarsi la presentazione a causa di alcuni problemi sulle nomine. A bloccare la situazione era stato il mancato nulla osta da parte del Parlamento della Slovenia alla candidata commissaria Marta Kos.
Ma ieri è arrivato, pare, il semaforo verde da parte del parlamento sloveno: Kos sarà alla guida del portafoglio sull’allargamento. Ursula von der Leyen ha spiegato che Kos dovrà gestire anche le politiche riguardanti i Paesi del vicinato orientale, fornire assistenza all’Ucraina e sostenere le nazioni candidate all’ingresso nell’Unione europea. La presidente della Commissione ha però aggiunto che la procedura parlamentare per la conferma della nomina non è ancora terminata in Slovenia. E Kos ancora non si è presentata davanti alla commissione parlamentare competente per gli Affari Ue per formalizzare la candidatura. Von der Leyen ha anche annunciato che la nuova Commissione sarà composta da undici donne, pari al quaranta per cento della squadra.
Fino alla prima settimana di settembre, il primo ministro sloveno Robert Golob aveva proposto l’ex presidente della Corte dei conti slovena, Tomaž Vesel, come commissario. Una figura autorevole che già da mesi aveva ottenuto il sostegno del partito di Governo, i liberali di Gibanje Svoboda, ed era risultato accettabile anche per le opposizioni. Ma le pressioni di Bruxelles per una maggiore rappresentanza femminile all’interno del Collegio dei Commissari hanno spinto Golob a ritirare la candidatura di Vesel e a proporre quella di Kos. L’inquilina di palazzo Berlaymont infatti aveva chiesto ai ventisette Governi di presentare una doppia candidatura per tentare di assottigliare il divario di genere all’interno del Collegio e invece si è ritrovata una lista di commissari nella quale circa i due terzi dei candidati presentati sono uomini. Per questo la presidente della Commissione ha chiesto ad alcuni Paesi, tra cui la Slovenia, di rivedere le proprie nomine.
Nonostante l’approvazione finale, la nomina di Kos non è stata esente da critiche. Tra i principali oppositori c’è stato il partito Slovenska Demokratska Stranka (Sds), guidato dall’ex primo ministro Janez Janša, che fa parte dello stesso Partito Popolare Europeo di von der Leyen. Sds ha criticato la mancanza di esperienza internazionale di Kos e ha sollevato dubbi su presunte connessioni con l’Udba, la polizia segreta dell’ex Jugoslavia, la polizia segreta dell’ex Jugoslavia, che si è dissolta nel 1991 con l’indipendenza della Slovenia. Kos in realtà vanta una qualche esperienza a livello internazionale: è stata ambasciatrice in Svizzera e Germania prima di rientrare a Lubiana per intraprendere la carriera politica nel partito liberale, lo stesso del premier Golob, con cui ultimamente c’era stata qualche divergenza che l’avevano portata a fare un passo indietro. Riguardo le accuse di una presunta vicinanza con l’Udba, al momento, non esistono riscontri concreti.
Chi ha subito le maggiori conseguenze politiche del ritardo nella presentazione della lista dei Commissaria è il primo ministro Robert Golob, leader liberale nato a San Pietro, al confine con Gorizia (un territorio che peraltro nel 2025 sarà protagonista con Nova Gorica-Gorizia capitale europea della cultura). Golob avrebbe dovuto raccogliere l’eredità di Janez Drnovšek, il leader della Democrazia Liberale che ha traghettato il Paese verso la Nato e l’Ue (proprio nel 2024 si celebrano i vent’anni dall’ingresso della Slovenia nell’Unione europea) ma per il momento non è riuscito a dimostrare la stessa abilità politica.
La sua leadership si è molto indebolita negli ultimi mesi e la bagarre legata alla scelta del commissario non sta contribuendo ad invertire la tendenza. Il suo partito, Gibanje Svoboda (Movimento Libertà), che in Europa fa parte della famiglia di Renew Europe, dopo aver vinto le elezioni politiche nel 2022 ottenendo quasi il trentacinque per cento dei consensi, alle europee si è fermato al venti per cento riuscendo ad eleggere solo due eurodeputati e la figuraccia internazionale rischia di avere ulteriori ripercussioni politiche.
Ad aver beneficiato di questa situazione sono invece Sds e il suo leader Janša, grande sostenitore di Donald Trump e sempre più vicino alle posizioni della destra populista, che dopo aver vinto le elezioni europee si è attestato stabilmente sopra il trenta per cento nei sondaggi.
Non esattamente un partito che sembra interessato a fare sconti a von der Leyen, che in questi giorni ha dovuto incassare anche le dimissioni di Thierry Breton, Commissario francese uscente e nominato da Macron per un secondo mandato (già sostituito da Stéphane Séjourné).