Armarsi un po’ Il Pd deve decidere se aiutare l’Ucraina o isolarsi dalla sinistra riformista europea

Giovedì all’Europarlamento si voterà la mozione per permettere a Kyjiv di usare in territorio russo le armi fornite dagli Stati Ue. Il gruppo dem a Strasburgo è diviso e i riformisti rischiano di farsi dettare la linea dai massimalisti. Ancora una volta

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«Eliminare le restrizioni sull’uso dei sistemi d’arma occidentali consegnati all’Ucraina contro obiettivi militari sul territorio russo»: è il punto-chiave della bozza della mozione che circola in queste ore del gruppo Socialisti&Democratici al Parlamento europeo. Il testo deve essere approvato dalla riunione del gruppo che si terrà mercoledì sera in vista del voto che ci sarà giovedì a Strasburgo. È un testo molto positivo per il sostegno a Kyjiv, e d’altra parte i Socialisti e Democratici europei sono su questa posizione da sempre: è il Partito democratico che invece sulla questione dell’uso delle armi per colpire le basi in territorio russo non è d’accordo, come ha confermato pochi giorni fa Elly Schlein dicendo di condividere su questo la posizione del governo italiano. 

Posizione ribadita in modo involuto ieri da Giorgia Meloni dopo l’incontro con Keir Starmer: «Queste sono decisioni che prendono i singoli paesi anche secondo la propria legislazione e la propria costituzione, in Italia questa autorizzazione oggi non è in discussione. Questo non va letto come un indietreggiare sull’Ucraina». Sicuramente invece Starmer, forse il più strenuo sostenitore della necessità di allentare le restrizioni dell’uso delle armi per colpire le basi russe da cui partono gli attacchi contro l’Ucraina, vede il no meloniano esattamente come un «indietreggiare» nel sostegno a Zelensky e, diciamo noi, un accostamento di Roma a Budapest. 

Ora sarà interessante vedere cosa diranno i dem italiani sul documento dei socialisti europei. Un testo molto forte nel sostegno alla Resistenza ucraina in cui sei «esorta l’Ue e i suoi Stati membri ad aumentare l’efficacia e la sostenibilità del loro sostegno all’Ucraina, in particolare rafforzando e accelerando sostanzialmente il sostegno militare e impegnandosi a fornire un sostegno finanziario a lungo termine per aiutare l’Ucraina a proteggere il suo popolo e a mantenere i servizi essenziali per i suoi cittadini, consentire la ripresa economica e sociale e portare avanti le riforme necessarie nel cammino verso l’adesione all’Ue». 

Sulle armi il gruppo Pd europeo è diviso, dato che ne fanno parte molti riformisti che già in queste ore dicono di condividere la posizione di S&D. In un articolo su Repubblica di qualche giorno fa Pina Picierno ha espresso la sua posizione in dissenso da quella del suo partito: «Iniziare con i distinguo per accarezzare l’idea di una resa soft, per lasciare agli altri Paesi europei l’onere del sostegno e dell’assistenza all’Ucraina è una resa politica e intellettuale inaccettabile». 

La vicepresidente del Parlamento europeo a luglio quando di discuteva sostanzialmente lo stesso tema si astennero (con Elisabetta Gualmini) su un emendamento contrario alle armi contro il territorio russo presentato da Left mentre gli altri eurodeputati dem votarono a favore: fu un contentino ai contrari alle armi dato che era scontato che l’emendamento non sarebbe mai passato. Poi tutti (tranne Cecilia Strada e Marco Tarquinio) votarono la risoluzione finale che contemplava l’uso delle armi contro le basi russe. Vedremo se anche stavolta ci saranno i soliti contorcimenti e se il Pd vorrà isolarsi nel mondo del socialismo europeo. Perché è l’ennesima verifica per capire se i riformisti riusciranno a dare la linea o se viceversa si andrà in ordine sparso. Verso un’altra brutta figura.

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