Memorie di liberazione C’è una sinistra che aiuta l’Ucraina, e una che si è dimenticata come si fa

Biden e Starmer non mollano Kyjiv al suo destino, ripercorrendo quello che fecero gli angloamericani in difesa dei popoli europei attaccati dai nazifascisti. Più defilate Francia e Germania, ma soprattutto Italia, dove anche il Pd potrebbe votare contro l’uso delle armi ucraine contro le basi militari russe

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Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, non a caso due Paesi guidati da riformisti come Joe Biden e Keir Starmer, non mollano l’Ucraina al suo destino. Esattamente come fecero Franklin Delano Roosevelt e Winston Churchill (che non era un progressista ma era un grande uomo) quando distrussero il mostro hitleriano, Biden e Starmer, assieme ai ministri degli Esteri Anthony Blinken e David Lammy si apprestano ad autorizzare l’Ucraina, dopo le ricorrenti richieste da parte del presidente Volodymyr Zelensky, a usare i missili a lungo raggio Atacms e Storm Shadow contro obiettivi militari in Russia.

È un fatto pratico e simbolico di altissimo significato. Significa consentire al Paese attaccato uno strumento decisivo per la propria legittima autodifesa. È dunque pura propaganda, quella del Cremlino, che evoca «un attacco della Nato»: Kyjiv si difende.

Dunque oggi come ottant’anni fa la Resistenza è sostenuta da quelli che nella Seconda guerra mondiale erano gli “angloamericani” in difesa dei popoli europei attaccati dai nazifascisti. Disse Roosevelt nel celebre discorso dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbour: «Non importa quanto tempo ci dovremo prendere per superare questa invasione premeditata, il popolo americano, con la forza della ragione, vincerà con un vittoria schiacciante». “Vittoria”: parola usata due giorni fa da Blinken e ripetuta ieri da Zelensky, evidentemente rinfrancato dal sostegno angloamericano ancora più importante in quanto in questa delicatissima fase mancano all’appello Francia e Germania – i cui leader democratici sono entrambi bloccati dalla destra e dalla sinistra estreme: Emmanuel Macron non riesce a venire a capo di una situazione politica che egli stesso ha contribuito a creare e Olaf Scholz pare un pugile suonato dopo la batosta elettorale in Turingia e Sassonia per mano di nazisti e neocomunisti più neri che rossi.

Tutto questo dimostra che le destre, immobilizzando l’azione dei governi progressisti, giocano a favore di Vladimir Putin. Il quale, va da sé, può contare sui Paesi guidati da governi reazionari o di destra come quelli di Budapest e Roma.

Per fortuna in un modo o nell’altro anche l’Unione europea e la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, reggono sulla linea del pieno sostegno al governo di Zelensky, grazie al fatto che la maggioranza europea uscita dalle elezioni è tuttora formata dalle famiglie democratiche, socialista, popolare, liberale e verde: se a giugno avessero prevalso Marine Le Pen e Giorgia Meloni, per Kyjiv sarebbe già finita con una resa non si sa quanto onorevole.

E questo dovrebbe essere un argomento che il Partito democratico dovrebbe soppesare bene a proposito del voto su Raffaele Fitto, l’uomo indicato dal governo Meloni per un posto nella Commissione europea. Almeno in teoria. Perché, come confermano le voci delle ultime ore, il partito di Elly Schlein si appresta nuovamente, giovedì prossimo a Strasburgo, a non votare a favore dell’uso delle armi ucraine finalizzato a colpire le basi russe. Il che equivale a dire che il Partito democratico su questa questione cruciale ha una posizione simile a quella di Antonio Tajani e lontana da quella dei socialisti europei e dai democratici americani. Ma non pare che la cosa disturbi più di tanto il cosiddetto campo largo impegnato a bere birra alle Feste di partito.

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