Siamo di fronte a una escalation tra Israele e Iran, oppure, con l’ultimo massiccio bombardamento dell’aviazione di Gerusalemme di sabato scorso si apre una lunga pausa tra i due paesi? Insomma, è in corso ormai una guerra guerreggiata a episodi ravvicinati, a media intensità, che un domani potrà coinvolgere i siti nucleari e il network iraniano del petrolio, oppure continuerà la strategia iraniana di attaccare la «entità sionista» essenzialmente attraverso Hezbollah, Hamas e gli Houti? La risposta non è netta, ma molti indizi portano a pensare che è inevitabile l’escalation bellica, sia pure a strappi, con intervalli più o meno lunghi.
Questo, lo si deduce dalle molteplici dichiarazioni di Bibi Netanyahu – in questo aspetto agisce d’accordo con tutti i leader israeliani – che indica con forza nel regime degli ayatollah un nemico mortale strategico non solo di Israele, ma di tutte le democrazie. Dunque, la strategia di Israele di medio lungo periodo è quella di imporre un “Nuovo Medio Oriente”, nel quale il regime iraniano collassi. Ma la tendenza verso la escalation si deduce anche dalle dichiarazioni rilasciate dai dirigenti del regime iraniano dopo il raid notturno di cento aerei israeliani che hanno duramente colpito una ventina di obiettivi militari iraniani.
Dichiarazioni, va detto, non omogenee, che indicano la forte dialettica interna al regime. Durissimo è stato il Comandante dei pasdaran, il generale Hossein Salami: «Israele non è riuscito a raggiungere i suoi orribili obiettivi, ha commesso un errore di calcolo e le conseguenze per lui saranno amare e inimmaginabili». In piena sintonia il vicecomandante dei pasdaran, Mohammadreza Naghdi: «Il regime sionista dovrà affrontare dei colpi ancora più devastanti nei prossimi giorni. I sionisti ne saranno sorpresi» Sullo stesso tono aggressivo, indice di una volontà di risposta immediata, il portavoce del ministero degli Esteri Esmail Baghaei: «L’Iran userà tutti i mezzi per una risposta decisa. Siamo determinati e seri nella volontà di rispondere al momento opportuno».
Più sfumato invece il neoeletto presidente della Repubblica Masoud Pezeshkian, che ha detto: «Teheran non sta cercando la guerra ma darà una risposta appropriata. I nemici dell’Iran devono sapere che la nazione guerriera si erge senza paura in difesa del suolo iraniano e risponde a qualsiasi atto di follia con prudenza e intelligenza». Decisamente attendista l’Ayatollah Khamenei, Guida della Rivoluzione, nelle cui mani risiede il potere politico e militare effettivo: «Il male del regime sionista nel suo attacco di sabato scorso non deve essere né ingigantito, né diminuito. Questo errore di calcolo dei sionisti deve essere ridimensionato, finché essi non comprendano il potere e la determinazione dell’Iran».
Le sfumature nei vari atteggiamenti non derivano soltantobdalla solita dinamica tra oltranzisti (il partito dei pasdaran) e moderati. Al centro c’è un problema oggettivo. Con la sua ondata d’attacco, l’aviazione israeliana ha accecato e reso inutilizzabile gran parte del sistema antiaereo iraniano, oltre ad aver distrutto fabbriche di missili e il deposito principale per il loro combustibile. Di fatto, l’Iran oggi si trova esposto se non disarmato di fronte a un’ulteriore ondata israeliana, provocata o no da un nuovo attacco missilistico iraniano. Da qui, la moderazione verbale, e una probabile scelta degli ayatollah per i tempi lunghi che permettano di ricostruire le difese antiaeree iraniane distrutte.
Soprattutto, quello che conta per gli iraniani oggi è infatti non farsi invischiare in una logica di colpo contro colpo con Israele in tempi ravvicinati con per una ragione di fondo. La pazienza strategica dispiegata a lungo dall’Ayatollah Khamenei non derivava e non deriva infatti da moderazione, ma dall’obiettivo di fondo del regime: dotarsi di una bomba atomica. Ayatollah e pasdaran sanno benissimo che l’enorme divario militare tra Iran e Israele derivante dalla mancanza di una aviazione iraniana moderna e adeguata, può essere superato solo in un modo: costruendo una bomba atomica iraniana da poter installare su un missile intercontinentale puntato su Tel Aviv.
Non c’è però certezza che, ottenuta la bomba atomica, ayatollah e pasdaran si limiteranno a usarla in termini di deterrenza. Fortissima, infatti, è la componente rivoluzionaria iraniana, quella delle origini, dei compagni di Khomeini, intenzionata a risolvere la partita lanciando la bomba atomica su Israele, e conseguendo in quel modo, con una nuova Hiroshima, il prepotente obiettivo strategico della rivoluzione islamica: «Eliminare Israele dalla faccia della Terra». Per questo, un’escalation militare da parte di Israele pare inevitabile.