Piccoli passiLa Moldova ha detto sì all’Ue, ma si sentono i danni della disinformazione russa

Il Referendum per la adesione a Bruxelles è passata con una maggioranza risicata: un segnale di allarme per un Paese che ha visto giganteschi miglioramenti, ma che resta profondamente diviso e vulnerabile a influenze esterne e corruzione interna

LaPresse

Moldova, un paese spaccato. La presidente uscente Maia Sandu ha vinto le elezioni con oltre il quarantadue per cento dei voti e il futuro sfidante al ballottaggio del socialista Alexandr Stoianoglo al ventisei per cento. Il vantaggio di Sandu, candidata filoeuropea, era evidente sin dai primi exit poll, ma per decretare la vittoria del sì al referendum costituzionale per l’adesione all’Ue ci sono voluti i conteggi della diaspora moldava, in fila per ore ai seggi, soprattutto in Italia, Russia, Romania e Francia (a Bucarest le urne sono rimaste aperte due ore in più). Quanto basta per superare, seppure di poco, il cinquanta per cento valido per includere in costituzione i paragrafi che confermano l’identità europea della Moldova e la volontà di aderire al blocco comunitario. Un risultato risicato, in un paese che non ama i referendum, ma che Maia Sandu, nella prima mesta dichiarazione della notte elettorale, attribuisce agli attacchi aggressivi, senza precedenti, che la Moldova ha ricevuto negli ultimi mesi: «Abbiamo prove evidenti che questi gruppi criminali miravano a comprare trecentomila voti»

Dopo la chiara vittoria del sì, la presidente in carica ha stemperato lo sconforto nella conferenza stampa di lunedì, incoraggiando i moldavi a recarsi al voto al secondo turno per «proteggere la democrazia» e chiedendo di affrontare Stoianoglo in un dibattito, invito contraccambiato dall’avversario. «Vogliono spaventarci ma li guarderemo dritti negli occhi», ha aggiunto, promettendo di migliorare la giustizia per fare in modo che i responsabili di corruzione e ingerenza siano perseguiti. 

Ha votato la metà più uno dei moldavi, soprattutto nella fascia tra i trentasei e i quarantacinque anni e tra i cinquantasei e i sessantacinque (diciannove per cento ciascuna). I grandi assenti sono stati i giovani, accorsi in massa all’estero, ma poco partecipi in patria. E questo nonostante le interviste dei giorni prima del voto, in cui molti di loro ritenevano che l’Europa voglia dire «più libertà, una vita migliore, stipendi più alti». E ancora: «Non c’è un’altra via» e «Il voto all’Europa è un voto per la civiltà». A questo entusiasmo fa da contraltare l’attività di altri giovani, circa trentamila, formati dal Cremlino in centri di addestramento in Russia, Serbia, Bosnia, allo scopo di creare disordini durante le elezioni. 

È stata un’elezione di debutti. Per la prima volta è stato testato il voto per corrispondenza in sei paesi della diaspora, i più favorevoli a Maia Sandu, polemizzano alcuni candidati dell’opposizione. Per la prima volta, la Transnistria ha espresso un voto proeuropeo e una certa volontà di cambiamento, con il quaranta per cento per il sì al referendum, dato superiore a quello del distretto natale di Maia Sandu, affermano fonti governative. Questo nonostante i trenta seggi fossero stati allestiti, per motivi di sicurezza, solo lungo la linea di “confine”, a sinistra del fiume Nistro, obbligando molti elettori a lunghi spostamenti. 

Per la prima volta in trenta anni di indipendenza, infine, le schede di voto erano disponibili nelle lingue delle minoranze: ucraino, la comunità più folta, gagauzo, bulgaro, romaní, russo. Un accorgimento apprezzato dalla missione di osservazione dell’Odihr, l’ufficio dell’Osce per le istituzioni democratiche e i diritti umani che ha monitorato la campagna e la giornata elettorale. Secondo Lucie Potůčková, coordinatrice della missione di breve periodo, il contesto geopolitico e di sicurezza «non ha consentito una competizione alla pari», ma la Moldova ha svolto un lavoro enorme per combattere la propaganda russa. La partecipazione delle donne è stata superiore al solito, ma l’Osce raccomanda di aumentare l’educazione ai media e l’accesso al voto di anziani e disabili, «adeguato in queste elezioni solo nel sessanta per cento dei seggi osservati»

Sotto tiro la comunità Lgbt criticata in toni offensivi da alcuni candidati e presa come motivazione per votare no al referendum, rileva Johan Büser, parlamentare svedese. Una falsità tra le tante diffuse dalla propaganda riguardava infatti il supposto obbligo, una volta entrata la Moldova nell’Ue, ad assumere “quote Lgbt” nella pubblica amministrazione. 

Urszula Gacek, capo dell’intera missione, punta il dito sui casi in cui gli elettori non si sono visti consegnare le due schede per poter scegliere cosa votare (nove per cento), le videocamere sulle urne mal posizionate e «l’uso improprio di risorse pubbliche da parte della presidente come candidata e del partito di governo come partecipante al referendum». Ma anche sulla mancata riforma del regolamento di campagna che avrebbe garantito a chi ha partecipato a entrambi gli scrutini «il doppio delle spese di campagna e il doppio del tempo su radio e tv». Infine, sullo scarso spazio dedicato al referendum nei media, aspetto lamentato da molti cittadini.

Nonostante questo, secondo l’Odihr conclude che le elezioni si sono svolte in modo trasparente e corretto. Anche se resta molto da fare, il nuovo Codice elettorale moldavo del 2022 ha attuato le raccomandazioni Osce e della Commissione di Venezia, pur con molti emendamenti approvati poco prima delle elezioni. Parere diverso ha Nicolae Panfil, direttore di Promo-Lex, associazione della società civile che, già a metà giornata, avrebbe constatato «seicentosessanta scorrettezze ai seggi», tra cui manifesti elettorali a distanze non consentite, presenza di persone non giustificate ai seggi e foto alle schede elettorali. 

Il referendum per l’Ue è passato, ma resta l’amaro in bocca per un risultato che, al netto delle ingerenze esterne, poteva essere più decisamente a favore del sì. L’informazione sull’Europa e sul quesito referendario è stata a dir poco carente. Poco hanno potuto gli interventi di sostegno, non abbastanza, degli intellettuali in Moldova e all’estero. Alcuni di loro sono pessimisti, come Gheorghe Erizanu, editore di Cartier, il principale editore moldavo. 

«La Russia ha investito per la propaganda elettorale cento milioni di euro. Le scorse elezioni in Moldova sono costate un milione e mezzo. Non abbiamo la forza per opporci», dichiara a Linkiesta. I cambiamenti, a suo parere, devono cominciare dalla prima infanzia, a scuola. E ancora: «Molti degli ucraini in Moldova sono russificati, come i gagauzi e i bulgari». Tuttavia, l’editore spera che la diffusione della letteratura moldava, che oggi comincia a diffondersi all’estero grazie ai finanziamenti istituzionali del Ministero della Cultura e dell’Istituto Romeno, possa contribuire all’appropriazione dell’identità europea da parte dei cittadini. Lodevole l’appello al voto che Lorina Bălteanu, imprenditrice residente a Parigi e scrittrice premiata, ha diffuso in un video su Facebook: «Lasciate da parte gli orgogli e le invidie, andate a votare. Abbiamo l’occasione di passare alla storia. È talmente importante che non ce ne rendiamo conto». Probabilmente così è stato. 

 

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