Nuovi paradigmi Il dibattito attorno al divieto dei voli brevi in Italia

La misura “alla francese” farebbe sparire dodici tratte aeree italiane. Una novità realizzabile grazie al potenziamento di un trasporto pubblico ancora lontano dalle eccellenze continentali

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Il dibattito sulla possibilità di vietare i voli brevi in Italia è in corso, ma pieno di insidie e disinformazione. L’obiettivo, rincorso anche dalla Spagna, sarebbe quello di seguire il modello – sotto certi aspetti poco ambizioso – della Francia, ma a renderlo complesso ci sono alcuni fattori territoriali e infrastrutturali. 

A ribadirlo è un’analisi condotta dal Centro Itsm dell’Università di Bergamo, che ha evidenziato come – in Italia – le rotte sostituibili con il treno siano limitate. Si tratta, nello specifico, di dodici percorsi, un numero che può sembrare esiguo soprattutto se non si tiene conto della quantità di rotte interne nel nostro Paese (ottantatré). Il report è stato redatto dall’Itsm per Assaeroporti, associazione che riunisce società di gestione aeroportuale, perciò necessita di un’interpretazione più approfondita.

La riduzione delle tratte cosiddette brevi è una delle politiche che offrono una soluzione sostenibile dei trasporti, promuovendo uno shift modale dei passeggeri aerei di medio-corto raggio a favore del mezzo ferroviario, giustificato da un minore impatto ambientale del treno sulle stesse distanze. Nel documento si sostiene, però, che le riflessioni sul tema siano talvolta basate su analisi parziali, con una tendenza a sottovalutare e ignorare alcuni elementi. 

L’Itsm considera come «sostituibili» tutte quelle rotte il cui tempo di viaggio con mezzi alternativi (il treno, in questo caso) risulti non superiore al venti per cento rispetto all’aereo. Questa percentuale sembra essere una soglia come un’altra, poiché non risulta esserci alcun metro di valutazione che ne obblighi l’utilizzo. Di fatto, una tratta aerea della durata di un’ora può potenzialmente essere sostituibile anche se le ore di treno superano la percentuale utilizzata.

In virtù della definizione di «sostituibili» attribuita dall’Itsm, sono state individuate le seguenti tratte: Roma Fiumicino-Milano Linate; Roma Fiumicino-Milano Malpensa; Milano Malpensa-Napoli; Roma Fiumicino-Genova; Bergamo-Napoli; Roma Fiumicino-Napoli; Milano Linate-Napoli; Bologna-Roma Fiumicino; Roma Fiumicino-Firenze; Roma Fiumicino-Pisa; Bergamo-Pescara; Bergamo-Roma Fiumicino.

Non si scende sotto Napoli. Perché? Manca l’alta velocità. Alcuni esempi non menzionati possono essere i voli da Bari a Roma, della durata di un’ora e dieci minuti circa, sostituibili con un viaggio in treno della durata di circa quattro ore. Il cavillo che spiega la mancanza tratte simili risiede nella sostituibilità della tratta con un treno ad alta velocità e al famoso venti per cento della durata in aereo. 

Il volo aereo Bari-Roma è di fatto considerato «a medio raggio», ma le ore di treno alternative sono ritenute troppo alte. Sicuramente influiscono anche le esigenze dei passeggeri, ormai disabituati a qualche ora in più di viaggio se c’è un’alternativa ritenuta più comoda e talvolta anche più economica. Di questo passo si rischia di seguire l’esempio negativo della Francia, poiché inizialmente era stato proposto di vietare i viaggi aerei per i quali esiste un’alternativa in treno di meno di quattro ore (che poi sono diventate due e mezza per opera dell’Assemblea nazionale).

La realizzazione del divieto delle tratte brevi, secondo l’Itsm, è ardua anche a causa dell’irrisoria quantità di anidride carbonica associata alle dodici tratte individuate, che – a livello di nazionale – nel 2019 sono state responsabili dell’1,45 per cento delle emissioni di CO2 del trasporto aereo. 

Il numero che ci sarebbe più utile sarebbe quello calcolato sul totale delle emissioni delle rotte interne italiane. Espresso in questi termini, infatti, il dato potrebbe sembrare basso, ma non tiene conto del fatto che, sebbene il contributo di queste tratte sia ridotto a livello internazionale, la loro sostituzione potrebbe comunque rappresentare un passo significativo verso la riduzione complessiva delle emissioni. Enfatizzare un valore percentuale così basso tende a sminuire l’impatto che potrebbero avere politiche mirate.

Gli esperti hanno poi supposto che la riduzione delle tratte potrebbe spingere a optare per l’auto piuttosto che per il treno, giustificando così l’insensatezza della soppressione delle tratte. Il problema andrebbe piuttosto ricercato nella mancanza di valide alternative nelle tratte ferroviarie, che in Italia necessiterebbero di un ammodernamento. Anche se l’Italia ha una rete ferroviaria ad alta velocità ben sviluppata su alcune tratte, molte aree – soprattutto quelle meno popolate o geograficamente isolate – non sono ben servite da collegamenti ferroviari veloci. Ciò rende difficile sostituire i voli brevi con il treno in modo efficace e competitivo in termini di tempi di viaggio.

Nel testo si sostiene che su alcune tratte, a causa della bassa domanda di trasporto, non sarebbe economicamente o ambientalmente sostenibile costruire infrastrutture ferroviarie ad alta velocità come alternativa ai voli. È vero, alcuni voli brevi collegano destinazioni con un basso volume di traffico e, in questi casi, la costruzione di una nuova infrastruttura ferroviaria ad alta velocità potrebbe non essere economicamente giustificata, poiché la domanda non compenserebbe i costi. 

È vero anche che il documento mette molta enfasi sui costi ambientali ed economici della costruzione di nuove infrastrutture ferroviarie, arrivando a stimare circa venticinque milioni di euro per chilometro e suggerendo che questi costi possano essere fino a dieci volte superiori nelle aree difficili dal punto di vista geografico. Tuttavia, l’analisi non bilancia adeguatamente questi costi con i benefici ambientali a lungo termine, né considera le tecnologie avanzate che possono ridurre i costi di costruzione o l’uso di infrastrutture ferroviarie esistenti che potrebbero essere modernizzate piuttosto che costruite ex novo. 

Ciò non toglie il fatto che, come sottolinea lo studio, i volumi potenziali di passeggeri, unitamente a considerazioni sulle distanze da percorrere renderebbero più fattibili una le soluzioni tecnologiche innovative per la mobilità aerea regionale, in grado di sfruttare forme propulsive a basso impatto ambientale, come l’elettrico o l’idrogeno. Il testo ammette l’utilità della sostituzione dei voli a breve e medio raggio con altri mezzi di trasporto, ma solo quando ci sono già linee ferroviarie esistenti e il treno può competere con l’aereo in termini di tempi di viaggio ragionevoli.

Per rendere la sostituzione dei voli brevi più facile, sarebbe necessaria una rete di trasporto intermodale efficiente, che integri treni, autobus e altri mezzi pubblici. In molte aree d’Italia, però, questa integrazione è ancora insufficiente. In conclusione, alcuni dati e argomentazioni sembrano tendere a enfatizzare le difficoltà e i costi legati allo sviluppo ferroviario, proteggendo il ruolo del trasporto aereo. 

Ciò non rende il documento completamente inattendibile, ma è importante interpretare i dati nel modo più obiettivo possibile. Un’analisi più equilibrata potrebbe includere anche i benefici a lungo termine dell’investimento ferroviario, le soluzioni tecnologiche per abbattere i costi infrastrutturali e la potenziale riduzione delle emissioni su scala più ampia.

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