È arrivata a inizio dicembre la convalida della Commissione europea che ha permesso alla Francia di diventare il primo Paese del continente a vietare i voli nazionali, ma solo quando le destinazioni sono raggiungibili in meno di due ore e mezza di treno. Una disposizione inserita nella legge del 2021 detta “Clima e resilienza”, a sua volta risultato del lavoro della “Convention citoyenne pour le climat”: un’assemblea di centocinquanta cittadini scelti per formulare dei progetti di legge sulle questioni relative alla lotta alla crisi climatica. Il ministro dei Trasporti francese, Clément Beaune, ha accolto con entusiasmo questa decisione che costituisce, secondo lui, «un passo avanti importante nella politica di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra». Ricercatori e associazioni ecologiste, invece, non sono così ottimisti.
L’eccezione che diventa la regola
Si tratta certo di un primato d’impatto, ma che rischia di risultare fine a se stesso, se si pensa che, sugli otto collegamenti inizialmente previsti, i voli effettivamente soppressi ad oggi sono tre: quelli che collegano l’aeroporto di Parigi Orly a Bordeaux, Nantes e Lione (in realtà già fermi dal 2021).
Per il resto, le eccezioni sembrano prendere il sopravvento sulla regola. Secondo il testo entrato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, le autorità francesi escludono dalla misura i collegamenti tra l’aeroporto di Parigi Charles de Gaulle e le città di Bordeaux e Nantes, poiché la durata del viaggio in treno dalle due città fino alla stazione dell’aeroporto di Parigi (uno dei pochi collegati con l’alta velocità) sarebbe superiore a due ore e trenta. Solo un «miglioramento strutturale dei servizi ferroviari», permetterebbe, in futuro, l’applicazione del divieto a questi tragitti, spiega il testo.
Ma vengono esclusi anche i collegamenti tra lo stesso aeroporto e le città di Rennes e Lione, oltre che a quello tra Lione e Marsiglia. In questi ultimi casi, anche se i tragitti in treno durerebbero meno di due ore e trenta, lo «stato attuale dell’offerta ferroviaria» non permette di accedere abbastanza presto la mattina agli aeroporti di Parigi e Lione, né di partire dagli stessi abbastanza tardi la sera.
Il divieto attuale avrà una durata di tre anni, al termine dei quali l’insieme delle misure sarà sottoposto ad una valutazione della Commissione. A quel punto, la soppressione di nuovi voli potrà essere presa in considerazione, ma questa dipenderà, da «un futuro miglioramento dei servizi ferroviari, con frequenze sufficienti e orari soddisfacenti, in particolare per le esigenze relative alle corrispondenze».
Lo stesso testo aggiunge tuttavia che «un collegamento precedentemente abolito potrà essere di nuovo reintrodotto nel caso in cui la qualità del servizio ferroviario cambi e non riempia più le condizioni di un servizio soddisfacente». Le condizioni sono dunque già monumentali. E sarebbero state ancora più limitanti se la Commissione non avesse bocciato un’ulteriore deroga prevista per i voli che trasportano una maggioranza di passeggeri con corrispondenza.
Impatto irrisorio
La misura voluta dai cittadini francesi sembra dunque, almeno per il momento, in parte snaturata o comunque ristretta nella sua ambizione. La “Convention citoyenne” aveva infatti proposto di vietare i tragitti aerei per i quali esiste un’alternativa in treno di meno di quattro ore. Durata poi modificata, al ribasso, dall’Assemblea Nazionale. Una modifica non da poco secondo Aurélien Bigo, ricercatore sulla transizione energetica dei trasporti presso l’Istituto Louis Bachelier.
«In quel caso avremmo avuto una misura più significativa», afferma, «ma che avrebbe avuto ovviamente un impatto maggiore sul settore aereo. Si vede che il governo ha preferito non intaccare il traffico aereo piuttosto che adottare una misura ambiziosa da un punto di vista climatico» Le reazioni delle compagnie aeree non hanno infatti tardato ad arrivare. Il direttore generale dell’Associazione internazionale del traffico aereo, Willie Walsh, ha per esempio definito la misura «completamente assurda» e di impatto marginale.
Su questo, concordano anche le associazioni ecologiste: «Il principio della misura è davvero interessante e bisognerebbe svilupparla in futuro. È buono che ci sia un precedente, ma la portata attuale è talmente debole che in qualche modo è un po’ simbolica, quasi un mezzo di comunicazione. Per quanto riguarda l’impatto concreto sulle emissioni, questo sarà quasi nullo», conferma il ricercatore.
Secondo il testo presentato dal governo francese, l’abolizione dei tre voli aerei comporterebbe una «diminuzione totale delle emissioni di CO2 dovute al trasporto aereo di 55.000 tonnellate». Secondo uno studio del 2020 di “Réseau Action Climat”, con la soppressione di cinque linee aeree al posto di tre si arriverebbe alla riduzione dell’11,2 per cento delle emissioni di CO2 sui voli nazionali e solamente dello 0,8 per cento delle emissioni su tutti i voli in partenza dalla Francia.
Secondo un altro loro studio del 2021, invece, portando la durata del tragitto in treno da due ore e trenta minuti a quattro ore si moltiplicherebbe per tre il beneficio climatico, con una riduzione delle emissioni dei voli nazionali del 33,2 per cento. «Se si considera l’insieme delle emissioni dell’aviazione francese, che ammontavano a circa ventiquattro milioni di tonnellate prima del Covid, vediamo che l’impatto è scarso. E non è neanche a breve termine, visto che bisognerà aspettare tre anni prima che altri voli siano cancellati», commenta Bigo.
«In generale la visione francese sul trasporto aereo è una visione di crescita, quando invece bisognerebbe ridurne le emissioni che sono in aumento negli ultimi anni. Bisogna moderare il traffico aereo e questo è oggi un grande tabù delle politiche pubbliche. Anche quando c’è una misura che va in quella direzione, alla fine viene calibrata in modo tale da non avere un impatto sul traffico e quindi sul clima», prosegue il ricercatore, che propone anche altre misure per mitigare gli effetti del traffico aereo. Tra queste c’è il divieto di estensione degli aeroporti, una proposta già ripresa dal governo ma ancora una volta considerata di scarso impatto e svuotata del suo significato. Da menzionare anche l’introduzione di una tassa sul cherosene, la regolazione dei jet privati e il divieto della pubblicità per il trasporto aereo.
Offerta ferroviaria
É chiaro che l’estensione – e quindi l’impatto – di questa misura dipendono anche, nei prossimi anni, dall’evoluzione dell’offerta ferroviaria francese. Con la seconda rete ferroviaria più lunga d’Europa dopo la Germania (dati 2018) – e con più di dodicimila chilometri di linee ad alta velocità (dati 2019) – l’esagono non parte troppo svantaggiato. Anche se i prezzi dei treni sono spesso visti come proibitivi e il sistema considerato troppo orientato intorno a Parigi. Ad esempio, non si può fare un Bordeaux-Lione in treno senza passare dalla capitale (anche se una linea diretta tra le due città è prevista da mesi).
I problemi non mancano perché, come spiega Bigo, «già oggi la rete può essere fortemente saturata in alcuni momenti, per esempio nelle linee ad alta velocità al momento delle partenze nei weekend o per le vacanze. Mentre in altri momenti, o su altre linee, si potrebbero introdurre nuovi treni e accogliere nuovi viaggiatori». Per il ricercatore, però, non si può partire dal presupposto che i passeggeri che prima utilizzavano l’aereo ora sceglieranno automaticamente il treno come alternativa: «Quando c’è uno choc dell’offerta, si produce una ristrutturazione più globale degli spostamenti ed è probabile che una parte dei passeggeri non faccia più quei tragitti o continui a farli con altri mezzi di trasporto». Come la macchina.
Sempre secondo lo studio di “Réseau Action Climat”, comunque, il sistema ferroviario francese sarebbe ad oggi capace di contenere l’insieme dei viaggiatori aerei che passerebbero ad un’alternativa ferroviaria di meno di quattro ore. Con qualche modifica sulla capienza di alcune linee ad alta velocità e in generale dei treni nelle ore di punta.
In ogni caso, se si aspirasse a migliorare la qualità del servizio ferroviario per, potenzialmente, ridurre ancora i voli nazionali, il primo passo sarebbe aumentare i finanziamenti al treno. Cosa che sembra per il momento esclusa, visto che il mese scorso il governo ha rifiutato un emendamento dell’opposizione che prevedeva tre miliardi di euro supplementari per il settore ferroviario.
«Oggi abbiamo delle carenze strutturali di finanziamento sulla rete ferroviaria. Sono anni che speriamo di ottenere finanziamenti più importanti per rendere il sistema all’altezza dell’urgenza climatica e della transizione energetica. Ma con i finanziamenti attuali, non sono sicuro che la qualità del servizio potrà migliorare nei prossimi anni», commenta Bigo.
Finanziamenti e qualità di servizio sono le condizioni sine qua non per far sì che una misura del genere possa realmente fare la differenza. L’Austria, decima nel mondo per qualità di servizio, ha soppresso nel 2020 i voli di Austria Airlines tra Vienna e Salisburgo, e li ha sostituiti moltiplicando per dieci il numero di treni quotidiani tra le due città.
In Germania, grazie al servizio Lufthansa Express Rail, i viaggiatori possono raggiungere l’aeroporto di Francoforte in treno piuttosto che in aereo. Da qualche mese, invece, un partenariato tra il servizio di treni ad alta velocità Thalys e la compagnia aerea KLM permette ai passeggeri di viaggiare da Bruxelles ad Amsterdam in treno con un solo biglietto.
Una soluzione da incentivare secondo Aurélien Bigo, per cui queste politiche andrebbero fatte anche «a livello dell’Unione europea, oppure a livello cooperativo tra i diversi Paesi. Fare più treni non farà abbassare le emissioni, può farlo solo se permette di ridurre il traffico aereo. Bisogna andare in entrambe le direzioni», conclude.