Modesta proposta L’Europa schieri Mario Draghi per affrontare il ciclone Trump

Mentre Russia e Stati Uniti decideranno da soli i confini dell’Ucraina per arrivare a un armistizio, i socialdemocratici e i liberali dovrebbero convincere Bruxelles a nominare l’ex presidente della Bce come commissario speciale per gestire i rapporti con gli Stati Uniti, così da fronteggiare al meglio la probabile ritorsione commerciale di Washington

LaPresse

Monaco, Stati Uniti d’America. Nel 1938 nella città tedesca furono svenduti i Sudeti ad Adolf Hitler, oggi è a Mar-a-lago, presto a Washington, che sarà svenduta l’Ucraina a Vladimir Putin. «La Crimea ve la potete scordare» è l’epitaffio pronunciato da uno dei gendarmi di Donald Trump, il masso che sta per rotolare davanti al sepolcro di Kyjiv per scrivere con il sangue degli ucraini che ha vinto la legge del più forte, come nell’età della pietra e nella giungla della contemporaneità.

Malgrado gli ultimi sforzi di un Joe Biden che ha avuto il solo torto di essere avanti con l’età, il destino del popolo ucraino pare inevitabilmente scivolare nella maledizione di una sconfitta moralmente inaccettabile e figlia del cinismo di questo tempo. Si sente dire che la soluzione sarebbe fissare per l’eternità l’attuale situazione sul terreno: ovviamente, non è una pace, come ha scritto Carlo Verdelli sul Corriere della Sera, ma solo assenza di combattimenti, che è un’altra cosa perché significa un’umiliazione nazionale e una sottrazione illegittima di territorio. Vedremo, speriamo in qualcosa di più umanamente decente. 

Come volevasi dimostrare, tocca all’America difendere la dignità e la libertà dei popoli, e infatti quando l’America diserta non c’è niente da fare. L’Europa non esiste, da sola certo non può fronteggiare la bestia russa. Quel che è certo è che di fronte alla bestia russa lasciata libera di scorrazzare bisogna armarsi: veda l’Europa come fare, ma si unisca almeno su questo. 

E qui veniamo al punto dolente. Cinque mesi sono passati dalle elezioni europee, ma sembrano cinque anni. Le attese suscitate dalla conferma dell’alleanza socialisti-popolari-democratici si sono presto rivelate illusorie. La nuova Commissione guidata da Ursula von der Leyen non è in campo a causa certo dell’esasperante lentezza dei tempi istituzionali, ma anche perché già denota tutta la sua debolezza politica. 

Non c’è respiro, né autorevolezza né concordia tra le famiglie politiche e tra i ventisette Paesi dell’Ue. Dinanzi al ciclone Trump questa fragilità si vede tutta: infatti saranno la Casa Bianca e il Cremlino a disegnare i confini di un paese al confine orientale dell’Europa: politicamente, è un’umiliazione ulteriore. L’appuntamento di Budapest ha fatto emergere tante chiacchiere, e nessuna idea precisa. 

La crisi tedesca è il detonatore di questa specie di improvviso sfascio europeo. La Francia non sta molto meglio, anche se come al solito l’unico a porre il problema di come non farsi mangiare dal vecchio-nuovo presidente americano è stato Emmanuel Macron. Solo una lucina è brillata sulle rive del Danubio, quella accesa da Mario Draghi (giusto uno come Marco Travaglio può evocare in questo scenario il ritorno in campo di Angela Merkel, ma lo fa appunto per dispetto a Draghi, come i bambini). 

Draghi sarebbe stato perfetto come presidente della Commissione europea o del Consiglio europeo, ma le grandi famiglie politiche e i governi nazionali non vollero, ed eccoci qua. Sta di fatto che anche Ursula von der Leyen aspetta da Mario le indicazioni sul come fronteggiare la sicura guerra commerciale che Trump muoverà all’Europa e nel suo mega-rapporto, che presto dovrebbe diventare un libro (e sarebbe bene che una volta tanto i progetti europei divenissero materia relativamente di massa) c’è già molto. 

Ma si tratterebbe di fare qualcosa di molto più forte: nominare Draghi come commissario speciale per i rapporti con gli Stati Uniti. Chi meglio dell’ex presidente del Consiglio e numero uno della Banca centrale europea può parlare con gli americani, che conosce bene, forte però di un mandato speciale che gli arrivi dalla Commissione guidata da Ursula von der Leyen, che finora lo ha usato solo come uno specchietto per le allodole nella sua campagna elettorale? 

Ecco una battaglia seria che i socialisti europei, che su questo troverebbero una naturale intesa con i liberali, dovrebbero fare. Sarebbe un modo per suonare la sveglia a un’Europa che si è addormentata sulle colline di Budapest sognando le palme di Mar-a-lago.

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