Per molti è il primo rituale del mattino, per altri un immancabile fine pasto; presente nelle colazioni di tutto il mondo (to stay o to go), ma soprattutto simbolo di un’accoglienza domestica e di una convivialità estemporanea tutta italiana, in cui l’espresso è un pretesto per incontrarsi e trascorrere del tempo insieme. Il caffè è da tempo al centro di una rivoluzione che lo ha finalmente liberato dai vincoli della moka e della tazzina, per trasformarlo in una specialità declinabile in varie ricette (si vedano le ricerche su origini, varietà, estrazioni e le sperimentazioni in fatto di specialty coffee) e in un ingrediente sempre più apprezzato anche in miscelazione e nelle preparazioni salate della cucina contemporanea.
Oggi sono sempre più numerosi gli chef e i barman che utilizzano il caffè come ingrediente per le loro creazioni in cucina o dietro il bancone, esaltandone le peculiarità e sfruttandone le caratteristiche gustative, spesso con risultati inaspettati. Alla base di tutto questo c’è un fondamentale cambio di prospettiva, che porta a vedere il caffè non più come la materia prima di una bevanda, bensì come una spezia che può sprigionare fino a ottocento sfumature di sapori diversi (amaro, dolce, acido, burroso) e arricchire le preparazioni con sentori esotici e con una gamma di consistenze (granuloso, liquido, cremoso).
Sperimentalismi e avanguardie dalla tazzina al piatto, esempi celebri del passato (prossimo)
Che si tratti di creare qualcosa di nuovo per l’International Coffee Day (1 ottobre) o di celebrare il lancio di nuove miscele da parte di celebri brand di caffè, sono molti gli chef che si sono cimentati nell’introduzione di questo ingrediente nella propria cucina.
Igor Macchia, dal 2006 alla guida della cucina del Ristorante La Credenza (San Maurizio Canavese, Torino), già dieci anni fa ha avuto il coraggio di osare con un menu verticale in cui il caffè (della qualità etiope Kafa) fosse protagonista: dal risotto mantecato ai formaggi piemontesi, carpaccio di vitello e polvere di caffè all’agnello marinato nel caffè, salsa al mais e germogli aromatici, fino alla crema di mais, polvere di caffè, capperi ed olive e al tiramisù realizzato con il sifone.
Fabio Ciervo, fino a pochi mesi fa executive chef di La Terrazza (Hotel Eden Roma), ha fatto dell’aspetto salutistico un tema fondante della sua cucina e quindi ha realizzato ricette a base di caffè (della particolare varietà Liberica) ispirandosi non solo al suo gusto, ma anche ai suoi effetti benefici sull’organismo. In particolare ha usato la fibra del caffè macinata e infusa per estrarne l’aroma e l’ha usata per accompagnare la sua crema al curry, crema di ricci e cappuccino al curry.
Denny Imbroisi, dopo essersi fatto le ossa da Alain Ducasse, ha trovato la sua strada nella cucina italiana, diventando uno dei migliori rappresentanti della tradizione della pasta fresca Oltralpe, al ristorante IDA di Parigi. Tra le sue specialità ci sono la guancia di vitello brasata al caffè con kumquat e germogli di shiso e i tagliolini al caffè con spuma di mandarino, un piatto che non valorizza solo l’uso del caffè in cucina ma anche il recupero etico degli scarti. La pasta fresca è infatti realizzata con i fondi dell’espresso, disidratati, rimacinati e poi re-idratati e uniti a farina di semola e uova, per dare all’impasto una spinta amara smorzata dall’agrume. Il piatto (ispirato alla moretta fanese, uno speciale caffè corretto nato alla fine del 1800 e realizzato proprio con l’aggiunta di scorze di limone o di arancia) è stato presentato al debutto di Identità di caffè (2016), insieme ad altre ricette sperimentali come il kombucha di Moreno Cedroni, che grazie alla fermentazione innescata da una colonia di lieviti e batteri ha trasformato il caffè in un condimento per un biscotto secco usato come base per un tiramisù salato. Lo stesso chef ha proposto il caffè sotto forma di cremoso, in una versione apparentemente classica… se non fosse per l’abbinamento con il carciofo centrifugato abbinato al gelato alle arachidi.
Nel 2017, quando era executive chef del Grand Hotel Royal di Viareggio e del Golf Club Courmayeur et Grandes Jorasses, Paolo Griffa utilizzava i chicchi interi per aromatizzare i fondi di carne, per dare un contrasto croccante e una persistenza aromatica ad alcuni piatti, per arricchire fermentati o conservati (come le arance rosse sotto sale con caffè e cardamomo, lasciate a macerare per almeno un anno prima di essere ridotte in pasta e usate per aromatizzare pan brioche e altri lievitati). L’anno scorso invece, al suo Caffè Nazionale di Aosta, ha trasformato un italianissimo spaghettone al pomodoro e basilico aggiungendovi il caffè in polvere.
Persino la chef slovena Ana Roš, che non ama il caffè in tazzina, lo utilizza nei suoi piatti! Titolare del ristorante tristellato Hiša Franko (a Kobarid, meglio nota come Caporetto, in Slovenia), della panetteria Pekarna Ana e patron del ristorante Jaz a Lubiana, premiata nel 2017 come World’s Best Female Chef Award in occasione della quindicesima edizione dei World’s 50 Best Restaurants, pur non amando di per sé questo ingrediente, lo inserisce nei suoi piatti anche sotto forma di olio (come nel caso dei ravioli di cavolfiore, riduzione di scampi e fegato di vitello), come a voler ammettere che ormai la cucina non può prescindere da questo ingrediente e deve farci i conti, per lo più con risultati sorprendenti.
Caffè à la carte. Verso un nuovo pairing?
Nel 2018, in occasione del lancio delle cinque nuove miscele della gamma Master Origin di Nespresso, Andrea Berton ha creato un intero menu a base caffè, diventando uno dei primi chef a promuovere una cultura del caffè inteso come ingrediente da selezionare per la cucina, ma anche da scegliere à la carte come avviene per i vini, le birre e perfino gli oli. Una bevanda da sorbire secondo un preciso galateo, in bicchieri trasparenti in modo che venga percepito come bevanda a tutto tondo.
Lo stesso obiettivo è portato avanti oggi dalla chef Solaika Marrocco, che da Primo Ristorante (una stella Michelin a Lecce) ha adottato un approccio che promuove i caffè a parte integrante dell’esperienza di degustazione a tavola, con la possibilità di scegliere tra venti miscele da abbinare con coerenza ai cibi scelti all’interno dei percorsi culinari.
Marcello Trentini (detto “Il Mago”), chef del ristorante una stella Michelin Magorabin e di Casa Mago Bistrot a Torino, nonché coffee sommelier Nespresso nel 2016, negli anni ha sperimentato l’uso di diverse cultivar di caffè, non solo utilizzandole per arricchire di sfumature aromatiche alcuni sui piatti iconici, ma anche servendole sottoforma di cocktail a tutto pasto come alternativa al vino. Per esempio, in occasione del lancio dei nuovi Master Origin Nespresso nel 2018, ha voluto il caffè Nicaragua all’interno di un drink da abbinare alla Finanziera contemporanea con gamberi, cavolfiore e mandorle: un cocktail in cui gli aromi di questo caffè particolare, che ricordano il caramello, il miele di tiglio, il pane grigliato e il cioccolato gianduia vengono uniti in miscelazione con l’olio extravergine di olive di Nocellara del Belice cento per cento, e serviti con un twist di arancia e un rametto di timo per guarnizione.
Novità in bottiglia: fermentazioni, distillazioni & Co
Sul versante del ready to drink non si possono non citare le coffee beer: birre artigianali nate negli Stati Uniti dall’intento di creare una bevanda energizzante ma non troppo alcolica e divenute di tendenza anche in Europa, grazie alla capacità del caffè (aggiunto alla birra poco prima della fermentazione, sotto forma di infuso estratto a freddo, dopo aver lasciato i chicchi in ammollo per circa due giorni) di abbinarsi perfettamente al profilo aromatico di molte birre scure caratterizzate da malti torrefatti (come le stout) e di ampliare la varietà di sensazioni olfattive e gustative rintracciabili nel bicchiere, talvolta trasformando completamente la birra, rendendola ora più fresca e piacevole da sorseggiare, ora più dolce e corposa.
Invece, sul fronte della distillazione e della liquoristica il caffè è storicamente rappresentato da Borghetti di F.lli Branca Distillerie. Ideato nel 1860 dal barista anconetano Ugo Borghetti e originariamente chiamato lu svejari (la sveglia, in dialetto marchigiano), è stato il simbolo del calcio italiano degli anni Ottanta e Novanta, nonché il protagonista di celebri cocktail come l’Espresso Martini, il Black Russian e il King George con panna montata. Sempre fedele a sé stesso, solo in occasione dell’ultima giornata mondiale del caffè questo simbolo del buon bere tricolore ha cambiato veste, grazie a una nuova etichetta dal design ancora più grande, in cui restano tuttavia il contrasto cromatico rosso-nero-oro, l’iconica stella – simbolo dell’azienda, nonché tributo all’emblema della Repubblica Italiana – e il ritratto femminile che celebra la donna come una dea, simbolo di forza ed eleganza.
Ma la novità più interessante dell’anno è rappresentata dal lancio di Legre – Essence of Geisha, il primo distillato ottenuto dalla pianta del pregiato caffè Panama Geisha (10.000 dollari al chilogrammo, 50 dollari a tazzina) firmato Spirit of Longboard (ve lo abbiamo raccontato qui).
Anche nel panettone!
Il caffè ha conquistato anche il dolce natalizio per eccellenza, accolto come ingrediente anche da marchi storici come Giovanni Cova & C., che custodisce la ricetta tradizionale del Panétun de Milan dal 1930, ma da tempo ha ormai ampliato il suo assortimento, accostando alla linea dei classici ricettazioni più audaci, tra le quali quest’anno c’è anche il Panettone coffee cream, con crema caffè e gocce di cioccolato al caffè.
Variazioni al caffè anche nella proposta di Sal De Riso, uno dei più creativi e influenti lievitisti del Paese (primo classificato ad “Artisti del Panettone” nel 2019), presidente dell’Accademia Maestri Pasticceri Italiani e socio fondatore dell’Accademia del Lievito Madre e del Panettone Italiano. Il suo laboratorio artigianale in Costiera Amalfitana si trasforma ogni anno in una “fabbrica del panettone” dove si sfornano eccellenze che gli sono valsi negli anni ben sedici dei sessanta premi ottenuti a livello nazionale e internazionale. Quest’anno tra le proposte c’è il panettone Caffè Napoletano, farcito con crema al caffè profumato alle spezie e gocce di cioccolato.
New entry alla caffeina anche in casa Scutellà, emblema dell’eccellenza nella pasticceria calabra dal 1930, che propone un panettone basato sui contrasti, con un profumo intenso di moka appena fatta e la dolcezza del caramello mou.
In Sicilia, infine, Angelo Inglima vanta tra le specialità da cinquant’anni ispirate alle ricette della nonna Maria anche il panettone artigianale al caffè, in cui il classico impasto a lievitazione naturale viene arricchito con del caffè espresso, con del caramello e della crema al whisky, mentre la copertura è realizzata con glassa al cioccolato.
Insomma, il caffè non è più solo un momento di accoglienza e socialità che si svolge quotidianamente (e talvolta frettolosamente) al bar, bensì un vero e proprio ingrediente (complesso e cerebrale) da utilizzare in pietanze, drink, lievitati che celebrano il gesto primordiale della tostatura (che amplifica gli aromi rendendoli più persistenti e intensi), quello rituale dell’infusione (che estrae l’essenza permettendo di esaltare al meglio le note caratteristiche dei chicchi), quello culturale del blending di varietà (che rende il tutto più sfaccettato e interessante).
Il risultato è una metamorfosi della bevanda familiare e aggregativa per eccellenza, che tuttavia non perde il suo ruolo sociale ma lo declina in altre forme, creando nuove occasioni per stare insieme e affascinando anche chi il caffè in purezza non lo beve.