Forse per distrarre gli osservatori internazionali che aspettano la buccia di banana sulle questioni cardine della sua presidenza, Donald Trump ne spara ormai una al giorno. Così nel weekend ha chiesto che il Canale di Panama sia restituito agli Stati Uniti se Panama non farà fruttare di più il collegamento tra i due oceani. Secondo il prossimo presidente infatti il paese centroamericano fa pagare una miseria per l’utilizzo del passaggio: «Le tariffe applicate sono ridicole, e gli Stati Uniti hanno sempre dimostrato grande generosità nei confronti di questa gestione», ha scritto sul suo profilo di Truth Social, «questa truffa nei confronti del nostro Paese deve cessare subito».
Tra le righe Trump ha poi avvertito che il canale non finirà nelle mani sbagliate, che, per molti sarebbero quelle cinesi, sempre più interessate al passaggio. Trump ha parlato chiaramente di “risorsa nazionale vitale” per gli Stati Uniti, definendo il collegamento “cruciale” per il commercio e la sicurezza nazionale.
«Ogni metro quadrato del Canale di Panama fa parte di Panama e tale sovranità non è negoziabile», ha risposto ieri José Raúl Mulino, presidente dello stato centroamericano che ospita il passaggio con una dichiarazione video su X.
Ma le sparate del tycoon sono ogni giorno più fantasiose, tanto che sui social i maniaci dei meme hanno iniziato a sfotterlo circondato da carrarmatini del Risiko. Solo pochi giorni fa il presidente eletto aveva buttato lì la surreale ipotesi che i canadesi desiderassero far diventare il Canada il 51° stato americano, stanchi di un Trudeau che secondo lui non conta nulla nello scacchiere mondiale.
Su Panama tuttavia, dati i riferimenti all’espansionismo commerciale cinese, c’è chi sostiene che, a dispetto dei toni, la presidenza Trump porterà cambiamenti nella diplomazia statunitense fin dai primi mesi del 2025, in particolare per quanto riguarda Pechino e i temi caldi europei. Venerdì scorso, il Financial Times ha riferito che il team di Trump si è portato avanti avvisando diversi funzionari europei che il nuovo corso prevederà la richiesta agli europei di un aumento delle spese militari per contribuire fattivamente alla NATO.
Per essere precisi e consapevoli della vera storia del Canale di Panama, tuttavia, va sottolineata l’inconsistenza assoluta della minaccia populista di Trump. Sono passati 25 anni dalla completa cessione del collegamento dagli Stati Uniti alle autorità di Panama, in seguito a un periodo di amministrazione congiunta.
È addirittura del 1977 il negoziato con il quale Jimmy Carter ha firmato i trattati Torrijos-Carter che diedero a Panama il controllo e stabilirono la neutralità del canale, attualmente gestito dalla Panama Canal Authority. L’opera, che taglia il continente americano per 82 chilometri ha compiuto 110 anni nel 2024 e a sfruttarne maggiormente i vantaggi rimangono sempre gli Stati Uniti: sono loro a far transitare da lì i tre quarti delle merci. La Cina è sì il secondo utilizzatore, ed è corteggiata dal presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, che progetta una nuova via d’acqua alternativa lunga 445 chilometri. Ma, di fatto, la vera minaccia per il Canale, oggi, è la siccità, responsabile di un calo del 29 per cento nei transiti navali nell’ultimo anno.