Natale anni Ottanta Cucina cosiddetta facile e menu per ogni occasione

Abbiamo sfogliato un ricettario di una quarantina di anni fa per ricordarci di quando cucinare tacchinelle, orate e creme per il panettone era quanto di più semplice si potesse preparare a Natale

@Maria Vittoria Caporale

A ognuno il suo passatempo. C’è a chi tocca il curiosare nella libreria di casa di nonna Lucia, la regina della cucina, quella che quando si pensa a lei, la si vede ai fornelli e si sente il profumo di prelibatezze che si sogneranno per sempre e che, con tutta probabilità, non si sarà mai in grado di preparare come lei. Negli ultimi anni, con i suoi novant’anni e una memoria un po’ offuscata, ai fornelli non ci sta più e ha anche smesso di essere gelosa del suo piccolo patrimonio bibliografico dal quale i nipoti trafugano libri ormai da anni. Tra questi, tra l’altro, hanno trovato spazio titoli del calibro di “Come interpretare i sogni e vincere al Lotto”. Uno dei pochi che divaga rispetto al tema prediletto: la cucina.

Recentemente lo sguardo è caduto su “Menu per ogni occasione”, Editoriale del Drago, 1988, cinquemila lire, parte della collana “La cucina facile” – e già l’utilizzo dell’aggettivo “facile” spiazza se si pensa che tra i menu del volume in questione c’è anche il cenone del diploma – che include altri ventinove titoli.

Sei capitoli per venti occasioni, con menu per ciascuna, e foto di tavole imbandite con servizi e argenteria ad hoc che scatenano subito un’incredibile nostalgia di epoche mai vissute e la consapevolezza di essersi persi molte cose a nascere negli anni Novanta.

Tra le occasioni poteva mancare il Natale? Ovviamente no.

È il primo dei menu – precede addirittura quello della cena della vigilia, che temporalmente viene prima – ma, a sua volta, è preceduto da un’attenta introduzione. Si tratta di regole dichiarate fondamentali, «anche se esiste sempre una certa elasticità nell’attuarle».

Ad esempio, «in un menu sono – fatto molto importante – da evitare le ripetizioni». Non sognatevi quindi di preparare farfalle con piselli e prosciutto se viene proposto il prosciutto nell’antipasto, no anche a due carni dello stesso tipo, così come le verdure – anche se preparate in modi differenti – e nessuna ripetizione della stessa modalità di cottura o della stessa salsa. La replica è concessa solo al tartufo.

Il libro mostra come si può creare a casa propria un’atmosfera piacevole partendo dalla tavola «seguendo la traccia del servizio alla russa», quello che prevede una portata dopo l’altra, in successione, presentate in tavola così come escono dalla cucina e poi porzionate per ogni commensale direttamente al tavolo.

La realizzazione dei menu presentati «prima d’essere un esercizio di fantasia è l’applicazione di norme di buon gusto, moderazione, equilibrio, senza perdere di vista la dietetica e l’alternarsi dei sapori».

Sono menu che muovono da un motivo ispiratore, da temi da sviluppare, «seguendo la circostanza che dà luogo all’invito e tenendo conto del volgere delle stagioni». Si raccomanda di non dimenticare «un comandamento del tempo attuale che è quello di inviare completamente gli sprechi».

Fine dicembre a tavola
Cosa proponeva un libro di ricette di fine anni Ottanta per le feste di dicembre?

La rievocazione dell’infanzia con le sue «golosaggini sorgive», pagane tentazioni per un piatto diverso, l’abbondanza della mise en place «che ci ripaghi di qualche fastidio quotidiano e risollevi schietti entusiasmi».

Suggerisce liste rispettose della tradizione e al tempo stesso «innovatrici, con quel po’ di austerità che i tempi richiedono».

Ci si aspetterebbe il classico tomo di ricette, invece per otto portate del menu di Natale sono due pagine di ricette e due di foto del banchetto. Tutte le dosi sono per quattro persone e per alcune ricette la difficoltà indicata è letteralmente “nessuna”.

@Maria Vittoria Caporale

Antipasto
Ci si dà subito un tono con gli antipasti e si inizia in quarta con i crostini di caviale dei poveri.

Nessun fanatismo sul pane: qui si utilizza il pan carré spalmato con quello che, dopo alcune ricerche, si scopre possa essere una rivisitazione – o innovazione, come anticipato – della sardella calabrese, conosciuta anche come “caviale dei poveri” o “rosamarina”. È una prelibatezza tipica delle province di Crotone e Cosenza, che in comune con questa preparazione ha solo le acciughe, tritate e mischiate con la pasta di olive.

Immancabili e a tratti, ancora oggi, riapparizione nostalgica degli Ottanta: i vol-au-vent agli scampi, prima di una voce facoltativa tra gli antipasti, il paté di fegato.

Minestra
La difficoltà elevata è propria solo di un piatto, la minestra, direttamente da Parma: gli anolini in brodo alla parmigiana, «di cui qui vi diamo una versione “accorciata” ma accettabilissima di questa pasta ripiena»: cottura di cinque ore per il ripieno, da aggiungere a quelle necessarie al confezionamento degli anolini con sfoglia e ripieno e alla cottura in brodo di cappone o manzo.

Piatti di mezzo
Mari e monti per i piatti di mezzo, i secondi piatti.

Tripudio di burro e spumante per preparare l’orata al forno a calore medio, e poi subito a pulire, fiammeggiare e lavare la tacchinella che verrà servita dopo sole tre ore di preparazione – tempo dichiarato a fianco della difficoltà “nessuna”, letterale – con la mostarda di Cremona.

Dessert
Venti minuti per preparare una crema milanese semplice semplice per accompagnare un panettone fresco – quale panettone non viene citato, ci si rifà al gusto del cuoco o della cuoca – ma solo dopo la frutta fresca assortita. Allora, come oggi, il re dei dolci di Natale non può mancare, ed è forse l’unico elemento che rende questo menu universale italiano.

In abbinamento, portata dopo portata, vengono consigliati vini dall’Umbria al Veneto, passando per i Colli Senesi.

@Maria Vittoria Caporale

Un menu per ogni occasione che sembra essere per tutti, nel senso che in qualche modo abbraccia specialità e tradizioni da tutta la Penisola, dove la tradizione non manca, certo, ma dove vengono fatte variazioni sul tema.

Oggi, nel ventunesimo secolo, ci sembra quasi impossibile pensare a un menu casalingo che possa attingere da tradizioni gastronomiche non locali.

In attesa delle previsioni di quest’anno, si possono citare quelle dell’Ufficio Studi della Federazione Italiana Pubblici Esercizi (Fipe) poco prima di Natale 2023: 5,4 milioni gli italiani, che avrebbero scelto di festeggiare il Natale in uno dei novantamila ristoranti del Paese aperti il 25, un dato in crescita del 10,2 per cento rispetto al Natale 2022. Stesso trend per le attività che hanno deciso di rimanere aperte, passate dal 65,2 per cento del 2022 al 66,2 per cento del 2023.

Una piccola parte degli italiani festeggia il Natale al ristorante, quindi, ma la maggior parte dei cittadini pranza intorno al tavolo di casa e oggi lo fa in compagnia delle ricette della tradizione, per le quali risulta quasi inutile consultare un ricettario. Regionalismo totale.

«Ci sarebbe voluto un libro intero solo per le ricette natalizie di ogni regione d’Italia, e forse non sarebbero bastate le pagine», «A Natale noi italiani amiamo ritrovare il gusto dei piatti tipici regionali o locali di famiglia», e ancora: «Ogni angolo del nostro meraviglioso Paese ha le proprie tradizioni legate al cibo da portare in tavola in occasione delle Feste […]. All’interno delle tradizioni ciascuna famiglia ha le proprie ricette che vengono tramandate con orgoglio di generazione in generazione».

Nella libreria di nonna Lucia ci sono anche dei libri degli inizi del ventunesimo secolo che esprimono una consapevolezza attualissima, famigliare.

Nessun menu universale, ma piatti che conosciamo bene, quelli che ci hanno sempre preparato la nonna o la mamma nei giorni di festa. Anche oggi i tempi di preparazione sono lunghi, o meglio, sono quelli giusti per la preparazione di pietanze che oggi non sono più all’ordine del giorno – e, proprio perché straordinarie, ancora più speciali – infatti, la difficoltà non è mai “nessuna”. Nel 1988 la cucina, l’atto di cucinare alcuni piatti era parte integrante di una quotidianità che rendeva certi gesti, come preparare la tacchinella con la mostarda, facili, quasi banali tanto da rendere necessarie cinque righe per spiegare la sua ricetta, non una di più.

Anche l’antispreco è attuale, ma lo è ancora di più la preservazione spazio-temporale delle ricette della tradizione senza viaggiare troppo lontano.

Per viaggi gastronomici e avanguardie abbiamo a disposizione tutti gli altri giorni dell’anno.

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